Luigina Maran. Contitolare di un’azienda artigiana, costituita 40 anni fa, volontaria della Croce Rossa, si occupa anche di un’associazione di genitori di scuole cattoliche. Oltre a scrivere le piace anche dipingere, fotografare e viaggiare. Partecipa al Concorso 50Più per la terza volta; nel 2022 ha vinto la Farfalla d’oro per la poesia. Vive a Cittadella (Pd).
Si svegliò, scosto le coperte, socchiuse gli occhi, solleticati dalla luce che filtrava dalle fessure dalle persiane ancor chiuse. Era stata una notte di temporale, i tuoni rotolavano assordanti dal Grappa, la pioggia scrosciante, persino la grandine, che nottataccia.
Si stiracchiò con gli occhi ancora chiusi, poi piano si alzò e lasciò il letto e a piedi scalzi, tirò su la persiana e aprì la finestra: il sole lo investì con il suo calore, con la sua luce abbagliante, un po’ alla volta aprì gli occhi ancora socchiusi e restò senza fiato: il panorama che aveva davanti a sé era bellissimo, i profili netti delle montagne rigenerate dalla pioggia si stagliavano oltre il fiume che scorreva azzurro verso il mare, mentre un crociere lancia il suo grido nell’aria e vola via lontano, nell’infinito.
Entrò in bagno e si lavò il viso, , non si sarebbe fatto la barba, gli piaceva così, lunga di qualche giorno, indossò un jeans, una polo e un paio di sneakers, non serviva altro, si guardò allo specchio che gli restituì l’immagine di un uomo molto affascinante, vicino ai 40 anni, con fisico atletico, i muscoli guizzanti sotto la pelle abbronzata, i capelli color dell’oro e quegli incredibili occhi come due laghi alpini, ma velati di malinconia che era sua compagna da tempo.
Molte ragazze lo corteggiavano, ma lui era perso nei suoi racconti, nei suoi libri che scriveva uno dopo l’altro, nella necessità di metabolizzare emozioni, sensazioni pensieri ed aspettative.
Decise di scendere a far colazione e a prendere il giornale, si avviò con passo spedito verso Ponte Vecchio, fu quasi travolto da una ragazza che faceva footing, aveva un fisico morbido, un po’ abbondante, fasciato da una tuta dai colori vivaci, i lunghi capelli corvini trattenuti da un nastro, due occhi scuri dalle lunghe ciglia che lo rapirono, trasalì, l’emozione lo colse all’improvviso e un calore si diffuse nel petto e risalì sulle guance.
Che gli succedeva? Ma… esisteva il colpo di fulmine?? Era interdetto, lo sguardo di lei era sicuro e lo fissava mentre cercava le parole per scusarsi per la sua disattenzione.
“La prego di scusarmi, ascoltavo della musica e mi sono distratta… spero di non averle fatto male… mi può perdonare?”.
Lui era ancora là come inebetito, a bocca aperta, lui che di lavoro scriveva parole non trovava parole per rispondere, ridicolo, pensava fra se e sé.. ma era catturato da lei dai suoi occhi da quella voce cristallina da quel sorriso forse un po’ bambino che lei gli porgeva con tanta spontaneità.
Raccolse un po’ di idee cercando di rimettere i piedi per terra, si sentiva quasi come dentro una bolla iridescente, dentro ad un sogno, caspita, ma che gli succedeva???
Balbettando rispose: “No.. no si figuri, non mi ha fatto nulla, stia tranquilla, però per farsi perdonare, la…. la invito a far colazione con me, mi dica che accetta,” arrossì pronunciando queste parole e si diede dello stupido, ma che gli stava succedendo? Si sentiva un liceale al primo appuntamento.
Francesca si guardò la punta delle scarpe imbarazzata, non si aspettava un invito galante, forse non aveva nemmeno voglia di far colazione in quel momento, ma quel uomo così bello e nel contempo così impacciato la incuriosiva, che strano, un appuntamento di prima mattina, con uno sconosciuto per di più.
Alzò lo sguardo, lo fissò negli occhi, erano incantevoli, non aveva notato quell’azzurro così intenso, magnetico, dopo un po’ di indugio decise di accettare.
Si avviarono verso Ponte Vecchio, lo attraversarono, investiti dalla brezza che accompagna la corsa del Brenta verso il mare, entrarono nel bar lì vicino, si diressero al tavolino all’angolo, quello vicino alla finestra affacciata sul fiume e più in là la torre del Castello.
Lui le scostò la sedia e la fece accomodare, poi sedette, l’imbarazzo si stava sciogliendo: “Sono Marco” esordì lui. “Francesca”, rispose lei tendendogli la mano, lui gliela strinse e poi prima di lasciargliela la girò e posò un bacio tenerissimo sul palmo.
Ordinarono la colazione, e, sciolto completamente l’imbarazzo iniziarono a parlarsi e a raccontarsi fitto-fitto un po’ della loro vita, erano sicuri che questo sarebbe stato l’inizio di un lunghissimo racconto, che era solo loro.