Luciana Salvucci. Già dirigente scolastica, vive a Colmurano (Mc). Ha scritto di saggistica, narrazione, poesia e teatro. Tra le pubblicazioni: Nessuna Geometria, Campanotto 2003, Poesie virtuali (Prometheus 2007), pubblicata a San Pietroburgo nel 2011; Le ceneri della fenice, Manni 2022; Scala di luce, Prometheus 2023; Alla corte del Signore del Cielo, Città Nuova 2012; Strumenti per la didattica della matematica, a cura di, Franco Angeli 2015. Al Concorso 50&Più partecipa per la quinta volta; nel 2020 ha vinto la Farfalla d’oro per la Fotografia, nel 2021 la Farfalla d’oro per la prosa, nel 2022 la Farfalla d’oro per la poesia e ha ricevuto la Segnalazione per la prosa.
Quello della montagna è un territorio affascinante, per la maestosa bellezza del paesaggio che delizia i nostri sensi e ci aiuta a vivere meglio. L’occhio stupito non si stanca mai di osservarla. Si sposta sempre più in là.
I boschi pieni di suoni misteriosi e di giochi di giovani animali sono intervallati da ruscelli chiacchieroni. Le sagome dei cinghiali sgusciano all’improvviso, srotolandosi dai tronchi dei faggi, gli scoiattoli saltellano di ramo in ramo, i lupi con la testa all’insù ululano, gli uccelli colorano i cespugli, i piccoli si affacciano sui nidi, poi volano come palloncini.
A primavera i fiori variopinti compongono la tavolozza del pittore, che non si smuove da là. Le colline e le arcate dei monti si riflettono negli specchi lacustri delle vallate, assediate dall’incalzare del crepuscolo in ogni giorno che nasce, si arrampicano ardite verso l’alto, come se avessero le ali. Il cielo è più azzurro e l’aria splende sulla mimosa, provocante e sensuale, già fiorita alle ultime folate invernali. Lassù, a perdita d’occhio, l’ombra del giorno che scolora e la luce dell’alba che risorge, si alternano sopra le cime e creano energia, come le pale eoliche mosse dal vento.
Le attività di svago dei bambini sono rincorrere le farfalle nei cortili delle case, cercare pietre colorate come pietre preziose, contare le gemme dei fiori e degli alberi, che formano un ricamo tra cielo e terra. I ragazzi giocano a campana, a corda, a pallone nella piazza del paese. Quando il sole li indora e la brezza improvvisa agita i riccioli come fossero seta, la gioia spalanca i loro sorrisi e annoda i gridi festosi ai garriti delle rondini.
I vecchi nella montagna non si riposano mai. Conoscono le ferite inferte dalle pietre, gli schiaffi della bufera di neve sul viso, gli affanni della scalata. Infaticabili, si alzano appena il sole è levato e vanno a letto quando il cielo si spegne. Con la mano avvinghiata al corrimano della speranza, avanzano lentamente verso la meta; di tanto in tanto si fermano per riprendere fiato. Il sole è il balsamo per la loro mente stanca, riscalda le casette dell’alveare e l’ape regina. Alcuni si alzano di prima mattina, liberano l’agnello legato e lo pascolano nei prati o vicino agli aceri, finché la mandria di nubi non si avvicina. Altri hanno cura dell’orto, seminano, piantano, innaffiano gli ortaggi e li liberano dalla “ramaccia”. Secondo gli orari stabiliti, sfamano i polli sull’aia: saranno il cibo nei banchetti della vita.
Anselmo racconta ad un viandante sconosciuto le sue giornate.
“Le uova non le vendo”, dice compiaciuto, mentre le galline, a due, a tre, si avvicinano e beccano i semini intorno ai suoi piedi. “Alcune le affido a mamma chioccia, che le cova, poi un bel giorno con il becco aiuta i pulcini ad aprire il guscio e ad uscire. Ha cura di loro e li protegge dalle minacce della vita. Con le altre mia moglie ci fa le tagliatelle per il pranzo o la frittata per la cena di tutta la famiglia. Di mattina ci prepara lo zabaglione ai nipotini, prima che vadano a scuola: ne sono ghiotti!”.
Il viandante, pallido e fragile, lo guarda con gli occhi cerulei stralunati e chiede: “Chi sei?”.
Il vecchio risponde sorridendo: “Sei nella mia terra. Sono io che devo fare domande. Dove sei diretto?”.
“Vado in cerca dell’amore. L’amore viene dal sogno e solo chi lo sogna ad occhi aperti saprà trovarlo”.
La voce del viandante interrompe il flusso del tempo. Non c’è verso di fargli dire qualcosa di più.
Il vecchio ascolta, senza capire. Non sa che dirgli. Lo vede allontanarsi illuminato dalla luce dell’ultimo sole e capisce che è giusto lasciarlo andare verso il suo sogno.
Ad Anselmo tutto sembra bello e irrinunciabile.
È un falegname lui, ora in pensione. Suo figlio Mario lavora in banca in città. L’ufficio si trova in un edificio rinnovato, ammobiliato, con servizi e dotazioni tecnologiche. Raggiunge il luogo di lavoro quotidianamente, ma spesso resta a casa perché può lavorare in smart working.
È stato uno di quei giovani che hanno seguito le scuole materne ed elementari nel paesino, poi sono andati fuori per frequentare le scuole superiori e l’università, hanno conosciuto un mondo nuovo senza più i prodotti dell’orto, le uova delle galline del pollaio, il latte delle mucche appena munto. Hanno assaporato divertimenti sofisticati, amori ed esperienze di lavoro più gratificanti e si sono stabiliti altrove.
Poi Mario ha sentito la necessità di ritornare e rincontrare la propria infanzia, rivedere la bellezza e ascoltare il silenzio della natura. Ha riscoperto così un mondo stupendo, che aveva dimenticato, rispolverato vecchi ricordi e immagini degli anni passati. Ha avuto il coraggio di ritornare e la fortuna di incontrare la tecnologia, composta su misura per lui, che l’ha aiutato a realizzare il suo progetto: una professione soddisfacente e una vita ricca di umanità, aria pulita e valori autentici.
Una speranza resa possibile da Fìdoka, la tecnologia che scavalca le montagne, crea ponti, annulla le distanze; nasce grazie all’energia, la tenacia e il design strategico di Sara Servili – orgogliosa sostenitrice dell’imprenditoria femminile – e dei suoi soci.
La montagna è un territorio speciale, poche persone vi abitano. Per i giovani risulta per lo più ingrata: non è facile trovare lavoro nel paese natio. Molti se ne vanno e non tornano più. Il clima, l’aria pulita e la bellezza del paesaggio sono un privilegio per pochi fortunati che possono restare.
Fìdoka è riuscita nell’intento di legare due mondi, il mondo di Anselmo, lento e affascinante, legato alla civiltà antica e il mondo di Mario, nuovo, tecnologico e veloce. Ha fatto incontrare le professioni moderne con la natura della montagna e la grazia dei piccoli borghi. Compone poemi che raccontano storie di persone, famiglie e paesi che si incontrano e dialogano con un clic. Da vent’anni lavora con lealtà e impegno, assicurando innovazione e velocità nella comunicazione, fornendo un servizio di copertura di rete internet wi-fi e in fibra ottica, configurando sistemi informatici per supportare imprese, professionisti e artigiani nella gestione del lavoro. Opera per costruire appartenenza, confronto e collaborazione, per avvicinare le persone e i territori, moltiplicando negli anni le connessioni wireless attive e la tecnologia intelligente. È un gruppo ben organizzato, con professionisti competenti, attenti ai nuovi bisogni. Offre un servizio di assistenza continuo, per migliorare le condizioni di vita, evitare l’individualismo di massa e conciliare i processi di produzione della cultura digitale con un habitat sostenibile.
La “montagna aperta” è un cantiere mobile e in costante “divenire”; la tecnologia è in continuo e rapido progresso, capace di replicare forme di vita, generare intelligenze, conoscenze, opere d’arte, ecc. Il Web è l’aquila dei nostri Appennini che plana maestosa di vetta in vetta e si posa nei luoghi più inaccessibili e lontani. Rappresenta un invito a smaterializzare e aumentare lo spazio dell’informazione e della relazione, a volare, a riscoprire l’infinito, con mezzi e modi diversi da quelli di Icaro.
Nel processo dinamico dell’evoluzione permane l’anelito dell’uomo a riscoprire il senso della vita. Per questo la nostra cultura digitale, i nuovi mondi virtuali, la “post esperienza”, basata su nuove e artificiali “estensioni della mente”, dovranno aprire un dialogo tra scienze umane e nuove tecnologie. L’Umanista dovrà dialogare con la scienza e con le nuove tecnologie, per evitare che venga messa in discussione la nozione di verità come corrispondenza, fedeltà, conformità.
Sono le esigenze nuove di una civiltà in cui si assottiglia il confine tra mondo e oltre mondo, mentre la “razionalità tecnologica” sta riducendo lo spazio dell’infinito.
I giovani chiedono verità, rispetto dell’ambiente e amore.
La capacità di amare è ciò per cui il piccolo David, fanciullo robot molto avanzato, protagonista del film di Spielberg AI, pur di riconquistare l’amore della sua madre umana (anche se lui non è vero umano, il suo amore lo è), rinuncia all’immortalità.
Anselmo guarda il cielo pieno di luce. Lo guarda ancora.
Altissimo sopra le montagne.
Brilla. Oh!
Pensa al sogno del viandante e vede i suoi occhi cerulei volteggiare ad una qualche armonia.
Guizza un sorriso.
Lontano e ineffabile.
Come sulle labbra della sua sposa.