Un viaggio nel clima dei primi venticinque anni del nuovo secolo in compagnia di uno dei più noti climatologi del nostro paese, anche presidente della Società Meteorologica Italiana
Estati sempre più calde, eventi estremi sempre più frequenti dalle conseguenze spesso drammatiche. Se da un lato i termometri delle città segnano oltre i 40°C, dall’altro le alluvioni e i nubifragi distruggono intere zone abitate. Cosa succede? Luca Mercalli, climatologo, presidente della Società Meteorologica Italiana e già autore di molti libri, tra cui Breve storia del clima in Italia – in uscita a febbraio 2025 per Einaudi -, ripercorre i primi venticinque anni del nuovo secolo tra responsabilità e possibili soluzioni, con un pronostico sul futuro.
Professore, si sente spesso parlare di ‘clima impazzito’. È corretto usare questa espressione?
Più che clima impazzito, è un clima diverso da quello che abbiamo avuto nei decenni precedenti. L’inizio degli anni Duemila è proprio il punto di svolta perché il riscaldamento globale comincia a farsi sentire in modo percettibile anche dalle persone, non è più solo un fatto previsto da cinquant’anni dagli addetti ai lavori. Si sapeva, ormai, che le emissioni crescenti di CO2 avrebbero portato al riscaldamento globale. E iniziamo a percepirlo sulla nostra pelle con l’estate del 2003, la prima estate tropicale in Italia, quando si toccano i 40°C anche in Pianura padana. In quell’anno, in Europa, ci saranno 70mila morti per l’ondata di calore inedita. Da lì abbiamo il battesimo della percezione anche sociale dei cambiamenti climatici. A partire dal 2003 le temperature sono sempre andate aumentando anche nelle altre stagioni. L’estate del 2022 ha superato quella del 2003 diventando la più calda della storia in Europa.
Quali sono gli eventi climatici che più di tutti hanno segnato la storia di questo primo quarto di secolo?
Nel 2018 abbiamo avuto la tempesta Vaia, che ha buttato giù le foreste del Trentino e del bellunese e che rimarrà negli annali della storia meteorologica. Nel 2022 abbiamo avuto la peggiore siccità di sempre del Po – con conseguenze notevoli sull’agricoltura -, nel 2023 la siccità si conclude con l’evento opposto, quindi con le alluvioni in Romagna a maggio di quell’anno e con altre due alluvioni nell’autunno del 2024. Quattro alluvioni gravi in un anno e mezzo nello stesso territorio. Ce ne sono state anche altre a Senigallia, a Ischia, e ancora il nubifragio a Milano che, a fine luglio 2023, ha comportato cinquemila alberi abbattuti in una serata, la grandine di un chilo in Friuli. Dal punto di vista meteorologico questi eventi hanno riempito i nostri annali di record. La temperatura non ha fatto altro che salire, con il record assoluto europeo di 48,8°C registrato a Siracusa nell’agosto 2021, gli eventi estremi si sono intensificati e i ghiacciai sulle Alpi si sono drammaticamente ridotti (anche contenuti nel libro Breve storia del clima in Italia di Luca Mercalli, Einaudi).
Cosa ha segnato il passo in questi anni?
Ci sono anche fatti non strettamente meteorologici ma che possiamo ricordare: l’enciclica ambientale Laudato Si’ di papa Francesco del 2015, l’accordo di Parigi sul clima – dello stesso anno – che aveva creato ottimismo ma che ancora rimane su carta. L’ultima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, dello scorso novembre a Baku, quasi ha fatto passi indietro rispetto alla relativa euforia di nove anni fa. Questo è dovuto ad altri due grandi fatti avvenuti in questi anni: la pandemia e le due guerre in Ucraina e Israele. Abbiamo messo in secondo piano la questione relativa ai cambiamenti climatici sostituendola con una corsa agli armamenti. Anche l’Unione europea ha trascurato il suo Green Deal, il pacchetto di misure sull’ambiente che promulgato nel 2019 e che la stessa Commissione europea oggi sta mettendo da parte perché preferisce investire in armi.
In che modo la mano dell’uomo influisce?
Totalmente. Nell’accordo di Parigi del 2015 è scritto chiaramente che il riscaldamento globale deriva dalle attività umane e che possiamo fermarlo solo con un grande programma di riduzione delle emissioni a livello mondiale. Il Green Deal era la risposta europea: non c’erano dubbi prima del Covid e delle guerre, che fosse quella la strada da imboccare, con un’Europa capofila che si stava portando dietro anche gli altri paesi. La mano dell’uomo, dicevo, è totale e questa è una buona notizia perché siamo noi a procurare l’intossicazione del pianeta e siamo noi a poterla curare.
Come possiamo intervenire?
Riducendo le emissioni, cambiando il tipo di economia (da fossile a rinnovabile), facendo tutte quelle operazioni di green economy contenute nel Green Deal europeo ma sulle quali si sta facendo retromarcia, complice anche una scarsa fiducia della società. Oltre ai leader che pensano ai missili invece che ai pannelli solari, anche la società sta votando contro l’ambiente perché travolta da visioni a brevissimo termine. C’è quasi un fastidio da parte delle masse per i vincoli ambientali ed ecco perché tutte le elezioni sono andate verso partiti conservatori, si tende a ridurre il peso delle politiche ambientali, nonostante i sondaggi dicano che la gente è preoccupata dai cambiamenti climatici.
Dall’accordo di Parigi ad oggi, cosa è cambiato?
Non ci sono passi avanti a livello globale ma questo non vuol dire che non ci siano esempi virtuosi, a partire da singoli cittadini, singole industrie, singole comunità locali. Complessivamente, però, aumentano di più gli usi scorretti delle risorse del pianeta di quanto aumentino quelli virtuosi: continuiamo a buttare giù foreste, la plastica negli oceani aumenta, la cementificazione avanza. Se guardiamo dal 2000 ad oggi, tutti i nove indicatori ambientali del pianeta, i limiti planetari sono in peggioramento.
Ci dobbiamo aspettare un peggioramento?
Purtroppo sì. Senza una cura la malattia peggiora! Il 2024 sarà l’anno più caldo di sempre, secondo i dati dell’Osservatorio satellitare Copernicus dell’Unione europea. Già lo era stato il 2023, adesso il 2024 lo supera.
Il contributo dei singoli cittadini può incidere?
Può incidere ma occorrono anche politiche che facilitino l’intervento: da un lato, i grandi leader mondiali devono occuparsi di scelte internazionali, dall’altro, a casa nostra dobbiamo evitare di sprecare energia e risorse, e di produrre rifiuti. Basti pensare che ogni italiano emette 7mila chili di CO2 all’anno e produce e 500 chili di rifiuti: partendo da questi numeri ognuno si interroghi su come può diminuirli. Gli eventi estremi li abbiamo sempre avuti ma quelli che stiamo vedendo oggi sono più intensi di quelli del passato. Le variazioni di temperature ci sono sempre state, i 40°C in Pianura Padana non li avevamo mai visti, poi però li abbiamo toccati più volte. Gli eventi estremi diventano amplificati dal riscaldamento globale.
Anche lei ha fatto scelte coraggiose.
Da otto anni non prendo più l’aereo, in Europa viaggio in treno, fuori dall’Europa uso il telelavoro, ad esempio. Una scelta coraggiosa da fare, per i governi, sarebbe introdurre la ‘carbon tax’: più spreco, più consumo, più inquino e più pago.
Che cosa accadrà nei prossimi 25 anni?
Vedremo continuare il peggioramento climatico se non gli mettiamo un freno. Si rischia di vedere fenomeni meteorologici estremi ancora più violenti, di avere maggiori migrazioni nel mondo perché la siccità va a toccare la produzione di cibo. Un altro problema importante è l’aumento del livello del mare: attualmente sta aumentando di quasi 5 millimetri all’anno e questo pian piano va a penalizzare tutte le zone costiere, da noi la zona più fragile è l’area di Venezia e il delta del Po.
Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, una domanda è inevitabile: perché siamo così sordi e ciechi?
In parte è una questione economica ma non solo. Anche a livello popolare c’è un forte fastidio per i temi ambientali visti come una limitazione attuale per conseguenze che si immaginano solo a lungo termine. Anche se poi non sempre è così: su qualcuno le conseguenze sono immediate, si pensi alle alluvioni in Romagna: costi e sofferenze. È importante tenere a mente che il clima non ci aspetta: dipende da leggi fisiche e una volta che le abbiamo provocate non possiamo più tornare indietro. A pagare il prezzo più alto saranno i nostri figli e i nostri nipoti.
© Riproduzione riservata