Vivere più a lungo si può, ma a certe condizioni. Innanzitutto modificando il proprio stile di vita, con una sana alimentazione e attività fisica costante. Così possiamo favorire una vecchiaia serena e in salute
Superati i cinquant’anni, prima o poi, c’è da scommetterci, ci si ritrova a pronunciare la fatidica frase: “oramai non ho più l’età per…”. C’è chi lo dice con rammarico perché avrebbe una gran voglia di fare molte delle cose considerate “sconvenienti” per gli over 50, come andare a ballare, vestirsi con colori sgargianti, cantare a squarciagola al concerto del cantante preferito insieme agli altri fan di trent’anni più giovani. Ma c’è anche chi “ci marcia” e ricorre alla scusa dell’età avanzata per evitare di fare sport o di portare i nipoti al parco. Sbagliano gli uni e gli altri.
Perché da un po’ di tempo a questa parte la scienza ci invita a smettere di considerare l’età come un ostacolo o come un alibi, a seconda dei punti di vista. Sembra infatti che l’età indicata sui documenti valga solo per calcolare quanti anni sono trascorsi dalla nascita, nulla di più. I veri conti in tasca li fa l’età biologica, il parametro che misura quanto ci siamo effettivamente allontanati dalla gioventù in base a determinate condizioni dell’organismo e non al dato anagrafico. Per questo motivo l’espressione “non ho l’età” perde di significato: l’età anagrafica (che è quella a cui ci si riferisce in questo contesto), infatti, può dirci solo quanto siamo invecchiati ma non come. È quanto ci ha spiegato con estrema chiarezza Licia Iacoviello, professoressa di Igiene e Salute Pubblica all’Università dell’Insubria di Varese, capo del Laboratorio di Epidemiologia Molecolare e Nutrizionale del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli, che ha studiato a lungo i fattori che incidono sulla salute e sull’invecchiamento.
Professoressa Iacoviello, è vero che l’età biologica conta più di quella anagrafica?
L’età biologica è un indicatore diverso da quello dell’età anagrafica. Non si basa come quest’ultimo sugli anni trascorsi dalla nascita, ma sulla funzionalità del nostro organismo. Può succedere che una persona di 80 anni abbia un organismo funzionale come quello di una di 50 anni e viceversa. E tutto ciò è indipendente dall’aspetto fisico. Ossia, avere un’età biologica inferiore a quella anagrafica è qualcosa di diverso dal semplice “sembrare più giovani”.
Quindi, avere un aspetto esteriore “giovanile” non significa avere un’età biologica inferiore a quella anagrafica?
Le due cose possono andare di pari passo, ma non necessariamente. I parametri in base ai quali si calcola l’età biologica sono altri. Per conoscere l’età biologica si valutano la funzione epatica, renale, il metabolismo lipidico, le condizioni delle cellule del sangue. Poi ci sono altri biomarcatori specifici dell’invecchiamento, ossia misurazioni che indicano come e a che velocità si sta invecchiando. Tra questi c’è, per esempio, la lunghezza dei telomeri, le parti terminali dei cromosomi che accorciandosi accelerano l’invecchiamento. Le dimensioni dei telomeri sono quindi indicative dell’età dell’organismo. Poi ci sono i marcatori epigenetici che, semplificando al massimo, sono quelle molecole che indicano se i geni agiscono favorendo o ostacolando la salute. Il nostro stile di vita può infatti influenzare la funzione del Dna in senso positivo o negativo, anche se non può intervenire sulla sequenza. Mettendo insieme tutti questi parametri si ottiene un punteggio associato all’età biologica. Sono già disponibili diversi test per fare il calcolo.
Perché è importante conoscere l’età biologica di un individuo?
Le ricerche condotte dal nostro gruppo hanno dimostrato che l’età biologica è correlata alla longevità. Chi ha un’età biologica inferiore a quella anagrafica ha meno probabilità di ammalarsi e quindi di morire prematuramente. Conoscere l’età biologica è importante perché, a differenza di quella anagrafica, questa è modificabile.
Sta dicendo che è possibile ringiovanire o per lo meno rallentare l’invecchiamento abbassando l’età biologica?
Da qualche tempo a questa parte è stato superato il paradigma secondo il quale l’età è un dato di fatto non modificabile. Si è scoperto infatti che si possono portare indietro le lancette dell’orologio biologico intervenendo sullo stile di vita. Un’alimentazione salutare, come la dieta mediterranea, l’attività fisica regolare, una vita serena priva di stress, sono fattori che possono abbassare l’età biologica.
Quindi non è già tutto scritto nel Dna…
La nostra salute e il nostro modo di invecchiare dipendono non solo dalla componente genetica ma anche da quella epigenetica, che è legata allo stile di vita. Uno stile di vita salutare può modificare la funzione del Dna in senso positivo. Chi ha avuto in dotazione con la nascita dei geni sfavorevoli che predispongono a determinate malattie può controbilanciare la cattiva sorte adottando buone abitudini alimentari, praticando regolarmente attività fisica, rinunciando al fumo, allontanando lo stress e mantenendo un peso forma.
Secondo lei ci sarà mai un elisir di lunga vita capace di abbassare l’età biologica? Una pillola che rallenta l’invecchiamento?
Esistono già molti farmaci che intervengono sui fattori di rischio, migliorando la salute generale e allungando la vita. Però sono convinta che sarebbe meglio puntare sullo stile di vita più che su una pillola miracolosa. I benefici della dieta mediterranea basata su cereali preferibilmente integrali, frutta, verdura, basso consumo di prodotti animali, alimenti di produzione agricola e non industriale sono oramai assodati. Allora perché non cominciare a cambiare le abitudini a tavola piuttosto che sperare in un elisir di lunga vita?
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