Tra i tanti effetti inaspettati della pandemia, c’è l’incremento del consumo di alcol, uno dei più maggiori fattori di rischio e malattia in Italia. Mentre lo smart working imposto ha fatto sì che si trascorressero le giornate a casa, la socialità è stata rimpiazzata dall’isolamento e dal distanziamento fisico. Nell’esorcizzare una realtà che non si vuole vedere (o accettare), caratterizzata dall’incertezza sul futuro, l’alcol sembra aver avuto un ruolo “terapeutico” per tantissime persone. Anche per i senior durante il lockdown.
Ansia, stress e isolamento: le cause principali
Secondo uno studio condotto dalla Fondazione Veronesi, il 42,34% degli intervistati ha dichiarato di bere di più dall’inizio del lockdown, senza distinzione di sesso o età.
Molteplici sono i fattori che hanno inciso sull’incremento dei consumi. Da parte loro, i canali di vendita online e l’home delivery hanno registrato a livello globale un boom di acquisto di alcolici e superalcolici con una crescita del 250%. Non a caso i siti di e-commerce delle cantine sono tra quelli che hanno registrato un maggiore sviluppo.
La facilità d’acquisto, insieme alla mancanza di regolamentazione alla vendita, hanno avuto un ruolo importante. Inoltre, trascorrendo la vita reclusi, il consumo durante i pasti è cresciuto. L’alcol che compare a pranzo e a cena è quindi raddoppiato.
Anche le fake news ne hanno incrementato il consumo
Non sono state solo la condizione di stress o il tentativo di alleviare le tensioni a incidere sugli abusi. Purtroppo anche le fake news che sono circolate. Secondo alcune infatti l’alcol avrebbe potuto disinfettare e quindi contrastare il virus.
Paura e disinformazione hanno creato il mito insidioso secondo cui l’alcol può uccidere il virus, ma la realtà è che il consumo fuori controllo rende solo più vulnerabili. Esiste poi un problema di sottovalutazione dei danni arrecati dall’alcol, a differenza di fumo e droghe. Il personale consumo è spesso giudicato moderato.
Alcol e senior: il 19% degli ultrasessantacinquenni è un consumatore “a rischio”
I senior poi sono tra i più esposti. Secondo una ricerca dell’ISS, in Italia nel quadriennio 2016-2019, il 62% della popolazione ultra 65enne ha dichiarato di consumare abitualmente bevande alcoliche, il 20% ne riferisce un consumo moderato, mentre il restante 19% un consumo “a rischio” (pari a più di una unità alcolica al giorno). Il consumo è più frequente tra uomini: il 32% contro l’8% fra le donne. Si riduce con l’età passando dal 22% fra i 65-74enni, al 10% fra gli ultra 85enni.
Un bevitore, affetto da patologie e con problematiche legate all’età, che di norma assume farmaci, sarà certamente più a rischio. La sensibilità agli effetti collaterali dell’alcol, infatti, aumenta a causa del mutamento fisiologico e metabolico. Dopo i 50 anni la quantità d’acqua nell’organismo diminuisce e i sistemi enzimatici funzionano in modo ridotto: a parità di alcol ingerito, il tasso alcolemico risulta quindi più elevato e gli effetti più marcati.
Inconsapevoli di quanto sia realmente pericoloso
L’abitudine moderata al bere interessa una fascia importante della popolazione anziana, circa 3 milioni, spesso inconsapevole dei rischi di un’assunzione protratta nel tempo. Per i più fragili, gli alcolici rappresentano spesso un antidepressivo per lenire la sofferenza di chi non riesce ad affrontare anche le difficoltà tipiche dell’invecchiare. Si beve da soli, lontani dai controlli dei familiari quando si sperimenta la morte di un coniuge, la perdita della salute e del vigore fisico, o la privazione del ruolo sociale e produttivo. Oppure il bere può diventare sostitutivo di una convivialità persa.
L’alcol, che può provocare danni al sistema immunitario e che è causa di numerose complicazioni, non rappresenta la scelta giusta, in un momento in cui bisognerebbe essere nella migliore forma possibile. Il suo utilizzo smodato può sfociare in comportamenti a rischio, aggravare problemi di salute mentale preesistenti e talvolta degenerare in atteggiamenti violenti o autolesivi. La somministrazione andrebbe disciplinata soprattutto in periodi di emergenza come questo. Insomma, dovrebbe prevalere sempre un principio di precauzione, di prudenza e il desiderio di farsi aiutare.
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