La scoperta di una anziana donna, geneticamente immune all’Alzheimer, potrebbe segnare un importante passo avanti nella cura della malattia.
Alcuni ricercatori, durante uno studio svolto in Colombia sulla demenza senile, inaspettatamente, hanno incontrato una donna di 70 anni di età, il cui cervello presentava così tante placche amiloidi (una delle caratteristiche microscopiche principali della malattia di Alzheimer), da far supporre che i primi sintomi dell’insorgere della malattia avrebbero dovuto manifestarsi intorno ai 40 anni. Tuttavia, già 30 anni fa, la signora in questione era ancora perfettamente lucida.
La scoperta è stata fatta da un gruppo di scienziati dell’Harvard Medical School, che sono certi di aver individuato nella anziana paziente una rara mutazione genetica che l’ha resa immune alla malattia. Nello specifico, gli esperti credono che la mutazione abbia impedito lo sviluppo della proteina tau, che presiede all’eliminazione delle sostanze potenzialmente tossiche all’interno dei neuroni, il cui cattivo funzionamento porta alla degenerazione e alla morte delle cellule stesse. Ulteriori ricerche effettuate sui suoi parenti – molti dei quali mostravano di possedere alti livelli di placche amiloidi – hanno però individuato in questi ultimi il manifestarsi dei sintomi della malattia intorno ai 40 anni, a causa di una differente mutazione genetica responsabile dell’innalzamento del rischio di contrarre il Morbo.
La donna al centro della scoperta, come i suoi familiari, potenzialmente portava con sé il rischio di ammalarsi, ma, in effetti, è stato dimostrato essere l’unica della sua famiglia a presentare una mutazione di una specifica proteina, l’APOE3, che si pensa sia responsabile della sua immunità.
Il dottor Yakeel Quiroz, dell’Harvard’s Massachusetts General Hospital, il cui studio è stato pubblicato nella rivista Nature Medicine, ed il suo coricercatore, dottor Eric Reiman, del Banner Alzheimer’s Institute, sperano che la scoperta sul ruolo importante giocato dall’ APOE3 nel bloccare o rallentare lo sviluppo della malattia, porterà a nuovi trattamenti e nuove cure per sconfiggere questo tipo di demenza.
Tuttavia, ammonisce il Professore John Hardy, neuroscenziato allo University College London, “non dobbiamo dimenticare che si tratta di un singolo risultato basato su un solo caso: è importante rimanere cauti”.
SINTESI DI: The woman immune to Alzheimer’s, Ben Spencer, Daily Mail, 05-11-2019
© Riproduzione riservata