«Le temperature più rigide e le poche ore di luce tendono a farci sentire meno energici e più cupi. Anche questa stagione, però può essere vissuta pienamente»
L’inverno è una stagione bistrattata. Certo, ci sono buone ragioni per non amarlo: le ore di luce si riducono drasticamente, il freddo ci costringe al chiuso, sul mondo sembra scendere una coltre di monotonia.
Per alcuni, i mesi invernali sono così difficili, appaiono così ostili da causare una patologia dell’umore conosciuta come disturbo affettivo stagionale, secondo gli esperti correlata alla poca esposizione alla luce solare. L’umore deflesso che caratterizza chi ne soffre tende a migliorare in primavera, quando le giornate si allungano.
Nonostante questo, alcune regioni del profondo Nord, in cui per alcuni mesi il sole non sorge mai, hanno una percentuale di persone affette da depressione stagionale sorprendentemente bassa. Kari Leibowitz, psicologa della salute e ricercatrice dell’Università di Stanford, ha studiato gli abitanti del Nord della Norvegia per provare a comprendere le ragioni di questo fenomeno. Per farlo si è trasferita a Tromsø, una città che si trova più di 300 chilometri a nord del Circolo Polare Artico e ogni anno attrae migliaia di turisti pronti ad ammirare lo spettacolo dell’aurora boreale.
Tromsø è caratterizzata da variazioni estreme di luce tra le stagioni. Tra novembre e gennaio, durante la Notte Polare, il sole non sorge affatto. Poi le giornate si allungano progressivamente fino a quando, da maggio a luglio, il sole non tramonta più. Nei mesi successivi, le ore di luce diurna si riducono in modo graduale fino alla Notte Polare, e il ciclo si ripete.
Nonostante l’oscurità che per mesi avvolge la città, i residenti della Norvegia settentrionale sembrano in grado di evitare gran parte delle sofferenze invernali vissute altrove, comprese zone ben più calde e luminose. Com’è possibile? Per Leibowitz ciò che accomuna i cittadini di Tromsø, e li distingue dagli abitanti di regioni più meridionali, è il loro atteggiamento positivo nei confronti dell’inverno. Invece di temere le lunghe settimane senza sole o le basse temperature, considerano i mesi più freddi un periodo pieno di opportunità di socializzazione. Piuttosto che considerarsi limitati dalle condizioni esterne, continuano a muoversi a piedi e ad incontrarsi; si cimentano in escursioni nella neve alta, escono di casa anche nelle giornate più gelide, beneficiando di tutti gli effetti positivi per la salute che si ottengono passando tempo all’aperto, soprattutto immersi nella natura.
Gli abitanti di Tromsø non temono neanche l’oscurità che caratterizza le lunghe giornate invernali. In molti aspettano con impazienza le settimane in cui il sole non sorge, per i fenomeni luminosi unici che le caratterizzano: ogni giorno per diverse ore, una luce delicata e indiretta assume in cielo tonalità simili a un tramonto, oltre alle aurore boreali che appaiono quasi unicamente nei mesi invernali. Ma le ore buie diventano anche un’opportunità per incontrarsi in casa o nei caffè, riunirsi davanti a un camino, godere del bagliore soffuso di lampade e candele. Una dimensione che può diventare fatata, come scrive Dino Buzzati: “Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno e, stretti assieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo”. I risultati della sua ricerca, basata su interviste con i residenti, hanno portato Leibowitz a concludere che le persone con una mentalità invernale positiva tendono a godere di un benessere più generale, di emozioni più piacevoli, di una maggiore soddisfazione nella vita.
Anche in assenza di spettacoli naturali, l’inverno non dev’essere per forza un periodo che sopportiamo e basta. Capire cosa apprezziamo della stagione più fredda, non aspettarci il peggio dai mesi che abbiamo davanti a noi, avere un atteggiamento più possibilista rispetto al cambiamento può essere un buon punto di partenza. Anche per coltivare abitudini più sane: in inverno passiamo poco tempo nel verde, socializziamo di meno, riduciamo l’attività fisica. Potremmo invece scovare il piacere nelle ore di oscurità che ci permettono di dedicarci alla lettura, alla cucina o a lunghe chiacchierate. Potremmo persino iniziare a sentirci rinvigoriti dall’aria fredda che accarezza il nostro viso quando ci avventuriamo fuori di casa.
Forse è l’occasione per concederci più riposo e immergerci in un mondo più silenzioso, meno teatrale. O per allenare l’attenzione alla grazia discreta e spesso impercettibile che ci circonda, accettando lo sforzo che questo richiede. Come scriveva Aristotele, per apprezzare la bellezza di un fiocco di neve è necessario resistere al freddo.
È un tentativo. E forse va bene anche accettare che l’inverno è un periodo di passaggio, che è inevitabile a volte sentirsi meno energici e di malumore. La natura ciclica delle stagioni ci ricorda che anche il nostro mondo emotivo è soggetto a fluttuazioni e cambiamenti. Quando non diventano patologiche, anche le emozioni difficili e la stanchezza hanno il loro posto necessario nell’equilibrio di una psiche sana.
Gianrico Carofiglio (Bari, 1961) ha scritto racconti, romanzi e saggi. I suoi libri, sempre in vetta alle classifiche dei best seller, sono tradotti in tutto il mondo. Il suo romanzo più recente è La disciplina di Penelope.
Giorgia Carofiglio (Monopoli, 1995) si è laureata in Teoria Politica presso la University College London. Ha lavorato in un’agenzia letteraria e collabora con case editrici.
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