Il polatuzumab, un farmaco rimborsabile per il trattamento del linfoma diffuso a grandi cellule B, ha dato buoni risultati nella cura. Una notizia positiva per i pazienti e per il SSN
Un anno fa l’Agenzia italiana del farmaco approvava l’adozione e la rimborsabilità di polatuzumab, un’innovativa terapia per il trattamento in prima linea dei pazienti adulti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule B. Il tipo di cancro aggressivo più comune tra quelli che colpiscono il sistema linfatico. A dodici mesi di distanza, uno studio curato da AdRes Health Economics & Outcome Research ha misurato l’impatto generato dall’introduzione di questo nuovo approccio. I dati sono stati illustrati nel corso di “Brunch&Science”, uno spazio di incontro tra specialisti medici e stampa. Ne ha parlato innanzitutto Andrea Marcellusi, docente dell’Università degli Studi di Milano.
Una terapia innovativa rimborsabile
“Lo studio AdRes ha preso in considerazione l’efficacia del farmaco, la cui applicazione come terapia in prima linea ha permesso di ridurre le probabilità che i pazienti abbiamo bisogno di cure successive”, ha spiegato Marcellusi. “Proiettando questa efficacia, è stato dimostrato che, se trattiamo all’incirca 5mila pazienti in tre anni, si potrebbero ottenere oltre 60 milioni di euro di riduzione di spesa sanitaria. Questo contenimento è legato proprio al fatto che si ricorre di meno a trattamenti di seconda e terza linea. Al miglioramento della qualità della vita dei pazienti si combina un beneficio per il Sistema Sanitario Nazionale, che così risparmia denaro investibile in trattamenti per altri pazienti”.
Linfoma diffuso a grandi cellule B: una nuova speranza
Con polatuzumab la spesa sanitaria per il Linfoma diffuso a grandi cellule B si riduce di circa 12.300 euro per assistito. Se si prende in considerazione l’efficacia terapeutica, due dati saltano all’occhio. Come illustra il professor Pier Luigi Zinzani, direttore dell’Istituto di Ematologia “L. e A. Seragnoli” di Bologna. “Per prima cosa, grazie all’uso di questo farmaco si riduce la probabilità di progressione della malattia e si possono evitare 1.800 trattamenti successivi in tre anni, cioè il 23% in meno rispetto a chi non è trattato con questa terapia”. “Il secondo dato importante è che a cinque anni dalla prima somministrazione della terapia il trend sulla sopravvivenza globale è decisamente favorevole”.
Più cure per i pazienti e meno spese per il SSN
Dei pazienti ha parlato Davide Petruzzelli, presidente di “La Lampada di Aladino ETS”: “Siamo partecipi di un momento che nella cura dei tumori del sangue definirei magico, visto l’aumento dell’aspettativa e il miglioramento della qualità della vita. Cronicizzazione e guarigione sono parole finalmente sdoganate nel lessico dell’ematologia oncologica. In questo scenario, considerando che stiamo ridisegnando l’intero nostro sistema sanitario, è necessario da un lato offrire cure sempre più di prossimità. Dall’altro misurare con attenzione l’impatto del valore dell’innovazione, in un’ottica di sostenibilità necessaria per continuare a garantire cure a tutti”.
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