Quando un bilingue soffre di demenza il declino cognitivo è più lento rispetto ai soggetti che parlano un unico idioma. Questo è dovuto alla “palestra” a cui è sottoposto il cervello dei poliglotti: un continuo passaggio tra vocaboli diversi e regole grammaticali che allenano il ragionamento e la memoria. Un beneficio cognitivo di cui si avvalgono anche le persone che conoscono e usufruiscono del proprio dialetto di provenienza: i ricercatori del team della Abertay University nel Regno Unito e della Aachen University in Germania hanno condotto uno studio sulle aree cerebrali che si attivano quando le persone parlano o ascoltano il proprio dialetto e hanno riscontrato che parlare la lingua locale attiva le stesse connessioni di un vero e proprio idioma come il francese, l’inglese o il tedesco.
Secondo un rapporto dell’Istat condotto nel 2015, in Italia l’uso esclusivo del dialetto è diminuito per tutte le fasce d’età e se ne evidenzia un utilizzo congiunto all’italiano. I senior rimangono i detentori del patrimonio dialettale e lo usano prevalentemente in un contesto famigliare: il 35% degli over 75, infatti, utilizza il dialetto tra le mura domestiche, ma ne usufruisce meno in altri contesti relazionali. Una scelta che può essere imputata ai cambiamenti demografici: il progressivo innalzamento dei livelli di istruzione delle famiglie italiane e i flussi migratori in entrata e in uscita dal Belpaese incidono fortemente sull’utilizzo delle lingue locali. Il 24,8% di chi possiede la licenza media (o titoli inferiori) usa esclusivamente il dialetto in famiglia, mentre il 33,7% lo parla anche con gli amici. Si registrano anche differenze regionali lungo tutto lo stivale: il 61,3% dei residenti a Nord-Ovest usa l’italiano in famiglia come il 60% degli abitanti del Centro, il 27,3% delle persone che vivono al Sud e il 32,9% di quelle residenti nelle Isole.
A sfidare le statistiche però ci pensa la Fondazione “La Nosta Gent” di Romagnano Sesia, un piccole comune nella provincia di Novara, che ha dato vita ad un corso di dialetto locale e fa salire “in cattedra” i senior madrelingua che condividono vocaboli e ricordi con i loro allievi. Proprio come in un corso di lingua, vengono trattati vari temi: nella prima lezione si è parlato di antichi mestieri, di negozi e dei nomi di frutta e verdura. Sul sito della fondazione è possibile anche acquistare un dizionario che raccoglie i vocaboli e i modi di dire della lingua romagnese. Percorrendo 300 km di distanza, si trova Santa Lucia in Piave, in provincia di Treviso, dove un dottore ha sottolineato l’importanza del dialetto per i suoi pazienti più anziani e ha deciso di scrivere le ricette mediche per loro in dialetto veneto: un modo che li aiuta a comprendere meglio la terapia da seguire. Sulle ricette si può leggere “Do al di dopo disnar e zena” (“Due al giorno dopo pranzo e cena”) o, ancora, “Mesa al di par quatro di, dopo te vien al controllo” (“Mezza al giorno per quattro giorni, poi torni al controllo”). Anche su internet c’è chi riconosce l’importanza della tradizione e contribuisce alla raccolta del patrimonio dialettale come il sito Dialettando che raccoglie proverbi, poesie, ricette e racconti da tutte le regioni d’Italia. Iscrivendosi alla piattaforma è possibile partecipare e inserire le proprie conoscenze per arricchire il sapere della tradizione.
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