Nel 1986 a Mount Gambier, città nel sud dell’Australia, un piccolo gruppo di persone del posto ha riscontrato alcune grosse lacune dei servizi offerti agli adolescenti provenienti da famiglie in difficoltà. La comunità ha subito avviato una raccolta fondi per fornire un supporto aggiuntivo in attesa dell’intervento delle istituzioni locali. Da quei primi passi mossi nel sociale è nata Ac.Care (Anglican Community Care), l’organizzazione che oggi offre servizi assistenziali a tutta la cittadinanza del Sud Australia. Cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni, infatti, “Ac.Care” dona aiuto e assistenza a famiglie con bambini e adolescenti in difficoltà, senzatetto e anziani. Ed è grazie all’operato di questa associazione che la pensionata Heike ha trovato la missione della sua vita.
È successo tutto dopo aver concluso il suo percorso lavorativo: una mattina, mentre faceva zapping, ha iniziato a seguire un programma televisivo in cui si parlava delle potenziali complicanze dei neonati abbandonati. Per Heike l’illuminazione è stata immediata: si sarebbe presa cura di quei bambini. Così ha contattato “Ac.Care” e ha avviato il percorso per diventare una famiglia affidataria insieme al marito Harry. Per sei mesi sono stati formati e sono state valutate le loro capacità nell’affrontare questo compito fino a quando non hanno ricevuto l’affidamento del primo bambino: «Il nostro tutor mi chiamò per dirmi che c’era un bambino di quattro settimane a cui non erano riusciti a trovare una famiglia. Mi chiese se avrei potuto prendermi questa responsabilità e ovviamente risposi di sì. Fu il primo di molti incarichi. In qualche occasione a me e Harry è stato chiesto di occuparci anche di due bambini contemporaneamente e lo abbiamo fatto con grande piacere».
Oggi le pareti del soggiorno di Heike sono tappezzate di fotografie di quasi 40 bambini che lei e il marito hanno nutrito, cullato e consolato fornendo un ambiente sicuro e amorevole. «Di norma mi occupo dei neonati già dopo pochi giorni dalla nascita fino al compimento dei tre mesi. A volte può capitare che rimangano qualche mese in più. Io e mio marito siamo felici di questa esperienza, sentiamo di poter fare ancora tanto per la nostra comunità e per il futuro di questi bambini!».
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