L’età, il genere e lo status sociale influenzano come percepiamo le persone che ci capita di incontrare ogni giorno. Ma un certo peso lo hanno anche alcuni stereotipi. Specie quando si tratta di persone anziane. Così, messe insieme tutte queste cose, possono scattare atteggiamenti compassionevoli, gesti altruistici e solidali.
Nel caso dei giovani questo accade verso le persone anziane e le donne di mezza età quando sono percepiti come “bisognosi”. Ad affermarlo è uno studio del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca. L’indagine si intitola Social categorization and joint attention: Interacting effects of age, sex, and social status ed è stata pubblicata sulla rivista Acta psychologica del gruppo Elsevier.
Il team di studiosi – composto da Francesca Ciardo, Jacopo De Angelis, Barbara F.M. Marino, Rossana Actis-Grosso e coordinato da Paola Ricciardelli – si è concentrato sull’analisi dell’attenzione condivisa. È quel comportamento che si attiva quando due persone, attraverso la direzione dello sguardo, prestano attenzione allo stesso oggetto o evento.
L’attenzione condivisa – spiegano i ricercatori – è fondamentale per stabilire rapporti sociali efficaci. Permette infatti di capire desideri, intenzioni e stati mentali delle persone con cui interagiamo.
Quanto conta l’età della persona che abbiamo davanti
Gli psicologi hanno scelto come oggetto della propria indagine un gruppo di giovani adulti (ragazzi tra i 18 e i 25 anni). Questo per capire se la condivisione dell’attenzione fosse influenzata dall’età, dal genere e dallo stato sociale della persona che si presentava loro davanti.
I risultati hanno mostrato una maggiore tendenza a seguire lo sguardo (e quindi ad orientare la propria attenzione) di due categorie particolari di individui. Nel caso specifico, si è trattato di anziani e donne di mezza età presentati con abiti stereotipicamente associati ad un basso stato sociale. Verso le stesse categorie di persone, i ricercatori hanno riscontrato anche una maggiore propensione dei giovani a mettere in atto comportamenti altruistici.
Tre esperimenti in una sola indagine
Nel primo esperimento, lo stato sociale era desunto dalle informazioni sulla posizione lavorativa e sul prestigio sociale fornite dalla lettura dei curricula. Nel secondo esperimento, invece, lo status sociale del volto distrattore era determinato dagli abiti indossati. Questi potevano indicare una persona di alto o basso stato sociale: ad esempio, un abito elegante con giacca e cravatta o una tuta da operaio.
In linea con gli studi precedenti, i risultati del primo esperimento hanno rivelato che i giovani sono distratti meno dai volti di persone anziane. Se non li ignorano proprio. Questo confermerebbe la loro tendenza a condividere la propria attenzione con coetanei o adulti di mezza età rispetto agli anziani.
Nel secondo esperimento, invece, si è scoperto che l’età non ha un effetto generale. Interagisce però con lo stato sociale e il genere. In particolare, a distrarre maggiormente sono le donne di mezza età e gli uomini anziani a basso stato sociale.
Quando scatta il gesto altruistico
Su questa base, i ricercatori hanno condotto un terzo esperimento, esaminando la frequenza di comportamenti prosociali indotti dai volti utilizzati nei primi due esperimenti. Ai giovani adulti è stato chiesto di indicare, attraverso un gioco economico, quanti soldi avrebbero voluto condividere con ciascun volto. Ma anche quanto fossero stati inclini a mettere in atto comportamenti d’aiuto, come ad esempio prestare il proprio cellulare.
I risultati hanno mostrato che i comportamenti prosociali erano più frequenti proprio verso gli stessi volti che, nel secondo esperimento, avevano portato i partecipanti a condividere maggiormente la propria attenzione. Quindi, le donne di mezza età a basso status sociale e gli uomini anziani percepiti come persone in difficoltà.
«Nel complesso i risultati del nostro studio forniscono nuove evidenze sullo stretto rapporto tra stereotipi, attenzione condivisa e interazioni sociali – spiega la professoressa Paola Ricciardelli -. In particolare, rispetto al primo lavoro, suggeriscono che i giovani tendono a rivolgere la propria attenzione verso gli anziani, ma solo se percepiti come “bisognosi”. Più in generale, verso quelle categorie di persone che molto probabilmente la nostra società associa allo stereotipo di categoria bisognosa e che inducono con maggior frequenza comportamenti prosociali».
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