Le parole possono avere un impatto significativo su come le persone vengono viste e trattate: lo sostiene la Federazione Alzheimer Italia che il mese scorso ha pubblicato online una guida del linguaggio da utilizzare quando si parla di demenza. Alla base di questa proposta c’è la speranza che le persone con demenza vengano considerate prima di tutto come persone e non come un’estensione dei sintomi che manifestano. Un principio su cui si è basato il progetto “Comunità Amiche delle Persone con Demenza” che proprio tre anni fa proponeva come punto di partenza l’utilizzo di un linguaggio adeguato e la lotta contro gli stereotipi.
“Persona con demenza”, “persona che convive con la demenza”, “persona con diagnosi di demenza” sono termini che mantengono la dignità dell’individuo senza giudizio né stigma e sono da preferire rispetto a “vittima”, “sofferente” o il più dispregiativo “demente”. Andrebbero evitati anche termini imprecisi come “demenza senile”, utilizzato quando si pensava che i deficit di memoria o altri problemi cognitivi fossero una naturale condizione dell’invecchiamento. Da non trascurare anche le accezioni che riguardano chi vive ogni giorno a contatto con la demenza come i familiari e i caregiver, di cui spesso viene sottolineato il “peso” che devono sorreggere.
Si tratta di una guida rivolta a organizzazioni, giornalisti, medici, volontari e chi si trova ad affrontare questo tema quotidianamente. Il linguaggio utilizzato per parlare di demenza condiziona la considerazione sulle persone con demenza e, di conseguenza, influisce su come esse vivono la propria condizione.
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