È il turno delle cover per la quarta serata del Festival di Sanremo, che porta sul palco del Teatro Ariston tantissimi artisti – 172 cantanti, ballerini e musicisti – per proporre canzoni delle più varie generazioni musicali e dei più vari stili. Una carrellata infinita tra passato, presente e futuro della musica italiana.
Il Festival di Sanremo continua a tenere incollati allo schermo milioni di italiani. Tanti gli artisti in gara che da martedì si esibiscono sul palco dell’Ariston, sognando la vittoria della 74esima edizione della kermesse canora più famosa al mondo. La quarta serata è stata la serata duetti, un viaggio nella musica italiana degli ultimi anni, con Amadeus e Lorella Cuccarini.
Le pagelle di Sanremo
Amadeus: saltino per chiudere l’intro orchestrale e finto spavento per l’ingresso dell’incappucciato Fiorello che cerca i bagni. Poi propone le sue giacche luccicanti di paillettes e le sue domande abbastanza prevedibili. Si percepisce l’affetto per Lorella quando coglie l’occasione per ringraziare i professionisti dietro le quinte regalandole una bambola vestita con il suo stesso abito, così come faceva la mamma sarta della showgirl. Legge un sunto più autocelebrativo che rivendicativo del comunicato degli agricoltori in sciopero fornitogli dalla Rai. Si muove con perfetta scelta di tempo nei due momenti in cui ci sono inattesi problemi tecnici.
Voto: 8
Fiorello: si presenta subito alla ricerca della toilette, non esattamente elegante. Ritorna come spalla della Cuccarini, in una parrucca che «nun se po’ guarda’» e in uno spagnolo maccheronico racconta come un elastico gli tiene la camicia passando sotto il cavallo con un effetto «che mi divide», ancora non esattamente elegante. Appare poi walking in the rain presentando con una gag con i Jalisse e Beppe Vessicchio che sono destinati a chiudere tutto. Fuori forma.
Voto: 4/5
Sangiovanni con Aitana: Sangiovanni ripropone sé stesso, la sua Farfalle di due anni fa, in coppia con la cantautrice spagnola che già l’aveva aiutato a portarla al successo nel suo mercato con il titolo di Mariposas. Carina, piacevole, simpatica. Inutile.
Voto: 4/5
Annalisa con La Rappresentante di Lista e il Coro Artemia: il compito è di quelli che fanno vedere i sorci verdi. Il capolavoro degli Eurythmics Sweet Dreams è complesso e articolato, richiede polmoni e sensibilità, equilibrio e disciplina. Le due cantanti si impegnano e il coro sostiene, l’arrangiamenti le aiuta, ma Annie Lennox aveva un’espressività da categoria superiore.
Voto: 6
Rose Villain con Gianna Nannini: tre hit della Gianna nazionale – Scandalo, Meravigliosa creatura e Sei nell’anima – miscelate e sostenute da intermezzi di testo inediti, in un su e giù rock e pop che funziona. Però si tratta più di un circuito con le curve al punto giusto che di un ottovolante emotivo. La giovane Rosa Luini e la quasi settantenne senese si sorreggono reciprocamente pur con qualche zoppia di intonazione, che ineluttabilmente abbassa il voto.
Voto: 5/6
Gazelle con Fulminacci: due esponenti della nuova generazione di talenti pop della scuola romana riprendono uno degli inni di quella Anni 70, la più solida, quella di Francesco De Gregori & co. Quarant’anni dopo la vendittiana Notte prima degli esami in forma sospesa e lieve, quasi indie, perde di incisività però diventa un canto emotivo e interiore.
Voto: 7
The Kolors con Umberto Tozzi: Ti amo apre il medley tozziano, che presto assume i contorni di una rimpatriata festosa e coinvolgente dal sapore pop-rock melodico, in cui il piacione frontman dei Kolors fa la figura del corista del carismatico quasi 72enne torinese, che decisamente gli porta via la scena. Il voto media le due performance.
Voto: 6
Alfa con Roberto Vecchioni: Sogna ragazzo sogna è l’invito che il “professore” quasi 80enne rivolge al giovane Andrea De Filippi, che con il suo sorriso aperto (e il look ancora immutato e semplicissimo) sembra decisamente troppo piccolo per ricordarci che i “poeti spostano i fiumi con il pensiero” . Però Alfa sa sviluppare un rap finale intelligente sulla sua fortuna di avere una vita davanti e di sapere quanto è importante viverla da innamorati.
Voto: 7/8
Lorella Cuccarini: si presenta con un balletto che, dall’ingresso dell’Ariston, la accompagna nel foyer e poi in platea e sul palco, mentre lei canta un medley delle sue canzoni. Nel finale Fiorello le fa da spalla e anche Amadeus si impegna in qualche passo di danza. Showgirl d’antan e di oggi, che ha il buongusto di ringraziare Pippo Baudo e subito dopo gli stilisti dei suoi abiti che sono i medesimi, rimasti perfettamente attuali, di alcune precedenti partecipazioni sanremesi. Poi le viene richiesto solo di presentare i cantanti, cosa che fa meglio dello stesso Amadeus.
Voto: 8
bnkr44 con Pino d’Angiò: la forza del coraggio. Quello di Pino d’Angiò che debutta a Sanremo quando ormai la sua voce è stata danneggiata da una serie di interventi chirurgici dovuti alle diverse malattie che lo hanno colpito. Ma quale idea del 1980 è stato il suo più grande successo e ha venduto 13 milioni di copie, a metà strada tra Fred Buscaglione, la disco e l’atteggiamento scanzonato partenopeo. I bnkr44 riescono a renderla attuale, con un arrangiamento moderno più soft, che toglie molte incrostature old style e dimostrandosi più maturi dell’immagine da boyband che si portano appresso.
Voto: 7/8
Irama con Riccardo Cocciante: Quando finisce un amore festeggia i suoi primi cinquant’anni, confermandosi un evergeen emozionante. Cocciante non lascia spazio a nessuno come sua abitudine e anche Irama si fa da parte davanti al carisma del “maestro”, vicino ai 78 anni, che ha sempre cantato l’amore con un trasporto mai sentito prima. E che chiude con un canto a cappella preparato solo per stasera: «vivere per amare quasi da morire, morire dalla voglia di vivere, amare per dare l’anima alla vita». Il voto è una media di quanto espresso dai due.
Voto: 6
Fiorella Mannoia con Francesco Gabbani: Occidentali’s karma di Gabbani e Che sia benedetta di Fiorella si sono piazzate prima e seconda al festival del 2017. Allora sembravano impermeabili l’una all’altra, ma l’idea di fonderle è intelligente e funziona alla grande, senza far sfigurare né l’una né l’altra. Con il sorriso franco di entrambi gli interpreti.
Voto: 7/8
Santi Francesi con Skin: il brano di Leonard Cohen del 1984 Hallelujah è uno dei più belli di sempre, un’ode al senso della vita. Alessandro De Santis, il vocalist del duo piemontese, e la cantante, ancora oggi, degli Skunk Anansie riescono a mantenerne il pathos e a farci vibrare, con molto rispetto e con personalità.
Voto: 8
Arisa: sul palco esterno, sotto la pioggia, in un nuovo look , vestito rosa compreso, la cantante genovese propone il suo hit sanremese La notte in una versione solo piano e voce, che però rimane meno struggente di quanto ci saremmo aspettato.
Voto: 5/6
Ricchi e Poveri con Paola e Chiara: i Ricchi e Poveri sembrano ritornati a essere in quattro, anche se manca la voce da basso del compianto Franco Gatti e un po’ anche quella del pure presente Angelo Sotgiu. Il mix tra Sarà perché ti amo e Mamma Maria è tipicamente loro, senza novità (non lo è certo l’intro in spagnolo per un brano tradotto in sette lingue come il primo) e senza che l’apporto delle sorelle Iezzi aggiunga alcunché.
Voto: 5
Pecco Bagnaia: il bicampione del mondo di motociclismo dichiara di ascoltare sempre la musica, con il rock che gli dà la carica giusta per le competizioni. Poche parole che introducono una presentazione con qualche inciampo. Sorridente e pleonastico, con le sue calzine bianche alla Michael Jackson.
Voto: 5
Ghali con Ratchopper: un rap che si sviluppa tra politica qualunquista e voglia di essere fuori dal gregge, da cui emergono solo qua e là Cara Italia e l’Italiano del compianto Toto Cutugno. Il pianista tunisino Souhayl Guesmi è una presenza talmente di puro contorno che la regia se ne è pressoché del tutto dimenticata.
Voto: 5
Clara con Ivana Spagna e il Coro di voci bianche del Teatro Regio di Torino: Il cerchio della vita, scritta da Elton John per le animazioni de Il re Leone, dimostra di essere un evergreen che fa incontrare le generazioni, dai bambini alla 69enne Spagna. Una melodia senza tempo, resa come proprio solo a Sanremo si fa.
Voto: 7
Loredana Bertè con Venerus : aperta da un problema con il countdown, apparecchiatura utile per non entrare controtempo, Loredana ripropone Ragazzo mio, canzone “perfetta” di Luigi Tenco, nella versione rock firmata da Ivano Fossati. Un po’ troppo uguale a sé stessa, senza che il suo produttore alla chitarra faccia sentire più di tanto di non essere lì solo in assistenza.
Voto: 5
Georlier con Guè, Luchè e Gigi D’Alessio: rap a coppie per Brivido e per O primm’ammore, poi un’accoppiata neomelodica per Chiagne (solo una manciata di secondi con D’Alessio) per rappresentare la realtà musicale odierna di Napoli. Ci dimostrano come Sanremo proponga anche la metabolizzazione dell’inusuale e del trasgressivo, del banale e del diverso.
Voto: 6
Margherita Buy ed Elena Sofia Ricci: le due grandi attrici (Buy è anche alla sua prima regia) fanno finta di litigare tra loro per presentare il film Volare, una commedia sulla paura dell’aria. Sono ottime professioniste, vestite quasi allo stesso modo, e offrono con leggerezza un intermezzo sostanzialmente pubblicitario.
Voto: 5
Gigi D’Agostino: dalla Costa Smeralda il ritorno dello storico (vanta più di 70 album a suo nome) deejay italiano, da due anni lontano dalla musica per una grave malattia. Il “Capitano” fa ballare la nave da crociera come un guscio di noce, supportato da un megaballetto in costume marinaresco all white. Dance nella declinazione più “classica”.
Voto: 7
Angelina Mango con Il quartetto d’archi dell’Orchestra di Roma: era attesa al varco dell’omaggio a papà Pino la neofavorita della kermesse. Elegantissima, e non solo nel look, propone La rondine, rallentandola e velocizzandola per farla sua e per emozionare chi ascolta, senza cambiarne il clima appassionato e la grazia con cui parla d’amore.
Voto: 8/9
Alessandra Amoroso con Boomdabash: loro in nero con i dieci ballerini in bianco offrono un vero show in un medley a effetto che unisce il folk pugliese, il rap e la dance senza soluzione di continuità. Un autentico mix di Le radici ca tieni dei Sud Sound System e delle loro Mambo salentino e Karaoke, che si fondono e si incardinano l’una all’altra. Un incontro di mondi lontani, grazie a una dimensione sonora contemporanea e viva, in cui le tensioni non si sperperano, ma si corroborano tra loro.
Voto: 9
Dargen D’Amico con BabelNova Orchestra: un esperimento coraggioso quello di presentare Modigliani, uno dei suoi brani rap più famosi, sulle note di The Crisis, per rendere un omaggio a Ennio Morricone, che la scrisse per La leggenda del pianista sull’oceano. Chiude con un facile appello al cessate il fuoco in Medioriente.
Voto: 7
Mahmood con i Tenores di Bitti: i grandi interpreti della tradizione sarda e il canto emotivo del rapper rendono il successo di Lucio Dalla Com’è profondo il mare quasi una preghiera, una cantica antica, lenta e incombente nel suo ritmo scandito, quasi scavato. Diventa una sorta di inno ecologico che colpisce a fondo.
Voto: 9
Mr.Rain con i Gemelli DiVersi: Mary dei Gemelli DiVersi, ormai rimasti solo in due, è stato un successo del 2003. La versione con Mattia Balardi, inframmezzata da Supereroi, aggiunge poco all’originale. Fa ottenere la sufficienza alla performance solo la coreografia dalle “farfalle”, la squadra nazionale di ginnastica ritmica, che ci rappresenterà alle Olimpiadi di Parigi con speranza fondata di medaglia.
Voto: 6
Negramaro con Malika Ayane: nella serata delle cover non poteva mancare Lucio Battisti. Ci pensa il gruppo di Sangiorgi con la brava Ayane, che fanno de La canzone del sole un dialogo intenso, quasi offrendo più profondità al testo con i giusti ralenty e sviluppando un crescendo sicuro tra vocalizzi e altre bellurie vocali.
Voto: 8
Emma con Bresh: apre Emma a cappella e poi con il tappeto orchestrale sfumato in Imbranato. Segue il rap di Bresh e la vocalità aperta per Non me lo so spiegare e chiude il duetto sorridente e il grande impatto melodico di Sere nere. Un’ulteriore dimostrazione che il pop di Tiziano Ferro è di altissimo livello.
Voto: 8
Il Volo con Stef Burns: rifare i Queen per i tre del Volo significa scegliere un brano del periodo in cui May era innamorato della musica classica – in questo caso Who Wants To Live Forever resa ancora più celebre dal suo utilizzo nel film Highlander, l’ultimo immortale -, esasperarne l’appiglio melodico, rallentarne il ritmo e lasciare a un paio di assolo del chitarrista di Vasco Rossi la parte rock, troppo appiccicata lì.
Voto: 5/6
Diodato con Jack Savoretti: dopo Battisti e Dalla, ecco Fabrizio De André con la magnifica Amore che vieni, amore che vai del 1966. Aperta da una lettura di Filippo Timi, viene proposta da Diodato con il cantautore anglo-italiano in maniera elegante. Però, nonostante l’inizio intenso e la giocosità finale, non solo non raggiunge la tensione emotiva dell’originale, il che è più o meno impossibile, ma soprattutto non riesce a trovare una chiave di lettura coinvolgente.
Voto: 5
La Sad con Donatella Rettore: Lamette ritorna al suo istintivo e protestatario appeal originale. Anzi di più. Il trio dalle creste colorate ritrova il suo pane sonoro e la propone alla vecchia maniera con un’iniezione di rivitalizzanti vitamine punk, punk, fortissimamente punk.
Voto: 6/7
Il Tre con Fabrizio Moro: le ballate pop-rock di Moro, le sanremesi Pensa e Portami via e Il senso di ogni cosa, si attagliano perfettamente al romano Guido Luigi Senia, che è nato rapper e si sta evolvendo come interprete pop-rock. Piacciono, ma non offrono nulla che le faccia preferire agli originali, né che le renda più attuali.
Voto: 4/5
BigMama con Gaia, La Niña e Sissi: intervallato da strofe in dialetto pugliese e dal rap di BigMama che rivendica il suo “fare strano” come una medaglia, la hit supersexy Lady Marmalade delle Labelle, datata 1974, è ancora carica di groove e sensualità. E non per la chiave che sfiora il burlesque dei costumi e delle minicoreografie.
Voto: 6
Maninni con Ermal Meta: dopo l’ex compagno Moro ecco Meta nel brano con cui vinsero insieme all’Ariston sei anni fa e che rimane un inno intenso contro la guerra: Non mi avete fatto niente. La riproposta – quanto mai necessaria oggi – è ben costruita, con un ondeggiare tra canzone d’autore, dub poetry, pop-rock e canzone di protesta.
Voto: 6
Fred De Palma con gli Eiffel 65: dopo il rap di Fred ecco la dance solare degli Eiffel della superhit Too Much Of Heaven e il fluire ballabile e melodico di Viaggia insieme a te. Fred si scatena poi nella sua specialità, il freestyle, cui segue come chiusa la scatenata e saltellante Blue (Da Ba Dee).
Voto: 6/7
Renga e Nek: hanno arrangiamenti appena più rock e decisi, le quattro canzoni che propongono con sorridente autoreferenzialità. Perfetto amalgama sempre, aggressiva quasi Meravigliosa e fin troppo decisa Fatti avanti amore, ma tutto era già noto a chiunque abbia assistito a una delle loro numerose date live degli ultimi tempi. Simpatica la corsa in platea, uno a baciare la figlia Jolanda cui era dedicata Angelo (vincitrice a Sanremo nel 2005) e l’altro una Laura qualunque, che finalmente c’è.
Voto: 5/6
Jalisse: ritornano all’Ariston per la prima volta a 27 anni dalla vittoria con Fiumi di parole, che ripresentano esattamente alla stessa maniera melensa di allora.
Voto: 3
La classifica della Sala Stampa, del televoto e delle radio: 1. Georlier con Guè, Luchè e Gigi D’Alessio 2. Angelina Mango con il Quartetto d’archi dell’Orchestra di Roma 3. Annalisa con Il Rappresentante di Lista e il Coro Artemia 4. Ghali con Ratchopper 5. Alfa con Roberto Vecchioni. La vittoria dei quattro napoletani è accolta dai fischi, giustificati, della platea dell’Ariston. Applausi, giustificati, per gli altri.
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