Le guerre che si stanno svolgendo in tutto il mondo, oltre a massacri e distruzione, causano enormi danni per l’ambiente e l’annientamento degli ecosistemi. E i loro effetti si protrarranno per decine e decine di anni.
Il tema è stato discusso per la prima volta alla 28ª conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si è tenuta dal 30 novembre al 13 dicembre 2023 a Dubai, negli Emirati arabi uniti. Ma tutti i Paesi che abbiano avuto un conflitto sul proprio territorio o comunque abbiano partecipato ad attività belliche, sono consapevoli di come tali guerre non abbiano come unica conseguenza i massacri dei militari e della popolazione civile, le distruzioni di edifici e di installazioni, la crisi dell’economia, ma conducano anche a un inquinamento dell’ambiente. Un vero e proprio disastro ecologico destinato a permanere per molti anni.
Non solo massacri e distruzione, anche ecocidio
Inoltre, per quanto la comunità internazionale si impegni ad agire (pressoché sempre senza riuscire a farlo) per proteggere l’ambiente nelle zone di conflitto, è evidente che le priorità sia dei belligeranti sia delle nazioni, delle associazioni e dei gruppi di sostegno e di assistenza abbiano in primis obiettivi differenti, a cominciare dalla tutela dei più indifesi, bambini e anziani. Però è drammatico come il disastro delle guerre in essere in varie parti del mondo, e specialmente in Ucraina e nella Striscia di Gaza, si configuri anche come un ecocidio, come distruzione deliberata dell’ambiente.
Inquinamento dell’aria e del suolo
I danni sono enormi e possono diventare incalcolabili. Dall’utilizzo di veicoli su larga scala, la cui movimentazione provoca emissioni di CO2 imponenti, alle immani quantità di detriti e macerie, di polvere e fumo, di inquinanti ed emissioni tossiche, che, a seguito dei bombardamenti sia nelle aree urbane che su obiettivi specifici (militari e non) inquinano l’aria e il suolo.
Sono entrambi eventi che influiscono pesantemente sull’effetto serra. Non solo. È stato calcolato che lo spostamento di mezzi pesanti esclusivamente nel primo giorno di invasione dell’Ucraina da parte dei russi ha portato le radiazioni gamma presenti nella zona di Chernobyl, a nord di Kiev, a un valore pari a 28 volte il limite annuale.
Incendi e contaminazione delle zone verdi
Dagli incendi delle aree verdi – secondo le ONG Ecoaction e Greenpeace, 1,24 milioni di ettari di riserve naturali e 3 milioni di ettari di boschi sono stati bruciati a causa della guerra in territorio ucraino dopo un anno di combattimenti – ai danni alle industrie e infrastrutture che si occupano di tutela e controllo dei dati ambientali, facendoli rispettare.
Dai terreni resi inadatti all’agricoltura, per i residui tossici lasciati da bombe e munizioni se non dalla presenza di mine e ordigni inesplosi, all’inquinamento dei corsi d’acqua, sempre strategici durante le guerre, e delle riserve idriche sotterranee, dovuto a ponti e a dighe saltati in aria, a rilascio di carburanti e sostanze tossiche. Lo stesso si può dire per il mare, in cui finiscono – come succede nella Striscia di Gaza, dove i bombardamenti hanno distrutto le infrastrutture igienico-sanitarie – rifiuti di ogni tipo, quando non sono deliberatamente inquinate da uno o più contendenti.
Avvelenamento dell’acqua
L’Iraq lo fece nel 1991, durante la Guerra del Golfo. Sversò in mare da 700mila a 900mila tonnellate di petrolio, la più grande fuoriuscita della storia. Causò, secondo il Cedre (Centre de documentation, de recherche et d’expérimentations sur les pollutions accidentelles des eaux), la morte di 30.000 uccelli marini. E che «sono stati colpiti quasi il 50% dei coralli e centinaia di chilometri quadrati di foreste di alghe». Infine la somma di questi inquinamenti, quando non la diretta presenza di combattimenti, dissesta gli ecosistemi naturali e distrugge la fauna e la flora locali.
Gli effetti infestanti durano per decine di anni
Tutto questo è destinato a ripercuotersi sulla salute dell’ambiente e di chi lo abita per generazioni. Ricordiamo come la natura ricresciuta in Giappone nelle zone colpite dalle bombe atomiche presenti tuttora importanti alterazioni, fin dal DNA, in animali e piante. Ma è non solo la devastazione atomica, i cui effetti sono peraltro assimilabili a quelli di certi ordigni chimici vietati dalle convenzioni ma non di rado ugualmente utilizzati. Nel 2011 una commissione medica ha analizzato i terreni nei pressi di Ypres, in Belgio, riscontrando che i livelli di piombo e rame, metalli pesanti dispersi durante la Prima Guerra Mondiale, fossero ancora elevati. Conseguenza di una guerra combattuta oltre un secolo fa.
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