Si contano in centinaia di migliaia le app per la salute e il benessere, che vanno dal semplice monitoraggio dei passi o dei battiti fino alla presa in carico totale del paziente. Se affidabili e di alta qualità possono supportare al meglio il lavoro degli operatori sanitari, dimostrare la disponibilità di un servizio in futuro indispensabile e suggerire prestazioni completamente nuove.
Il punto di partenza è uno studio della rivista americana Lancet pubblicato nel maggio 2022. All’interno si sostiene che nei prossimi anni mancheranno nel mondo 6,4 milioni di medici e 2,9 milioni di farmacisti. In questo senso, le app per la salute e il benessere – grazie all’ampliato ventaglio di servizi offerti (prenotare ed eseguire analisi, accesso a prestazioni varie) – ne sono da sempre il primo “sostituto”.
Il punto di arrivo si chiama già “sanità digitale” e vede in prima fila le app classificate come vero e proprio dispositivo medico, perché forniscono istruzioni terapeutiche o perfino diagnosi. Una grossa differenza dalle applicazioni mobili che misurano la funzione corporea e sono destinate al monitoraggio del benessere quotidiano.
App per la salute e il benessere: le garanzie e la privacy
Tutto il mondo della mobile health o mHealth deve sottostare ai requisiti di tutela previsti dalla Commissione Europea per ottenere l’obbligatorio marchio CE. Le app devono essere realizzate (la disposizione ISO/TS 82304-2 del febbraio 2021 è rivolta a sviluppatori ed editori) tenendo conto di qualifica medica, tutela della privacy, qualità tecnica e usabilità. Il loro monitoraggio diventa una sorta di etichetta, simile a quelle energetiche sugli elettrodomestici, con valutazioni da A a E, in modo che se ne possa prendere visione.
Inutile sottolineare quanto sia importante poter valutare e confrontare l’affidabilità di queste app, che trattano informazioni molto personali e offrono consigli scientifici “certi”, e la sicurezza dei dati loro affidati, che si sommano a quelli che già vengono inviati via mail per prenotazioni, ricette, consulti, a quelli monitorati dai singoli dispositivi, a cominciare dagli apparati cardiologici, persino ai pagamenti elettronici per visite ed esami (i dati personali nel settore healthcare sono quelli più soggetti a furti, sabotaggi e manomissioni).
Applicazioni affidabili e di alta qualità possono supportare al meglio il lavoro degli operatori sanitari, dimostrare la disponibilità di un servizio in futuro indispensabile e suggerire e poi attivare prestazioni completamente nuove. Singolare che spesso lo facciano mutuando funzionalità adottate dai giochi digitali, la cosiddetta gamification, per coinvolgere, motivare e ispirare gli utenti.
Un numero infinito
Già un’indagine del 2016 dell’americano IMS (Institute for Healthcare Informatics) aveva censito oltre 165mila app dedicate al benessere, all’attività fisica e alla salute. Un ventaglio reperibile sia negli app store dai consumatori, pazienti e persone sane, che riservate al personale sanitario.
Nel frattempo, si sono moltiplicate e affinate, passando da quelle più semplici di controllo dell’assunzione dei farmaci alle più sofisticate, dedicate ai check up “totali” e alla connected care, la presa in carico complessiva del paziente. Dalle più utilizzate – il monitoraggio del numero dei passi e della frequenza cardiaca – alle più tipicizzate, come quelle per il controllo del diabete oppure delle allergie, da quelle per migliorare l’approccio mentale al quotidiano con meditazioni e ricerca della consapevolezza a quelle che monitorano i parametri ambientali. Si aggiungono quelle destinate agli operatori, che riguardano, ad esempio, l’elaborazione dei dati, le consultazioni a distanza, il monitoraggio dei pazienti, le immagini mediche e comunque le più varie informazioni sulla salute, tra cui l’attivazione di canali di feedback come quello seguitissimo per segnalare gli effetti collaterali dei farmaci.
Lo stesso fascicolo sanitario elettronico, la telemedicina e i vari altri servizi sanitari elettronici, come ad esempio i dispositivi wearable (indossabili) o quelli collegabili in modalità wireless (sempre più numerosi, compresi sensori ECG, spirometri, collari EEG e via dicendo), operano grazie ad applicazioni dedicate, che fanno riferimento ai rispettivi, sempre più evoluti SaMD, software as a medical device.
Noi e le app su salute e benessere
Gli italiani sono attentissimi – anche se molto resta ancora da fare per aumentare l’alfabetizzazione e la formazione sanitaria digitale – alla mobile health, come dimostra la recente ricerca Sanità digitale: vietato fermarsi! dell’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano. Il 38% della popolazione (secondo il campione analizzato) usa app per il benessere e la salute, il 29% ha indossato dispositivi per monitorare i propri parametri clinici. Inoltre, il 49% è interessato alle tecnologie di realtà virtuale o aumentata e il 47% agli chatbot per ricevere info e supporto (assistenti vocali che invece sono utilizzati solamente dal 10% dei medici di base, anche se oltre la metà li prevede futuristicamente interessanti come “portavoce” dell’intelligenza artificiale).
Da parte degli operatori, afferma ancora la ricerca, “vi è la preoccupazione di un utilizzo inappropriato di tali strumenti da parte di cittadini e pazienti”, perché portano con sé una serie piuttosto eterogenea di informazioni e supposizioni autoacquisite quando si presentano al loro cospetto. Però, anche se non è impossibile che l’autoinformazione possa talvolta essere di disturbo, il professionista deve saper valutare e accogliere questi importanti ragguagli sanitari, perché spesso allargano la visuale sullo stato di salute e lo aiutano a prendere una decisione corretta.
L’offerta e la gamma di app rendono difficile la scelta e gli utenti, per trovare quelle giuste per sé e valutarne l’affidabilità, sono abituati (come con tutte le altre) a scaricarle liberamente, provarle, rifiutarle e scaricare la successiva e riprovare per vedere se li interessa. La sfida è trovare il modo di sfruttare queste risorse rendendole parte della vita quotidiana di tutti e insieme sostenere il lavoro degli operatori sanitari, che devono contribuire a un loro uso responsabile ed etico, massimizzandone così i benefici e riducendo al minimo i potenziali rischi.
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