Approvata la direttiva che fissa i principi per allineare le retribuzioni all’inflazione. Ma non contiene nessun obbligo per gli Stati di introdurre livelli minimi per legge o contratti collettivi universali.
Il Parlamento Europeo ha dato il via libera definitivo alla direttiva che introduce il principio dei salari minimi legali, ovvero stabiliti per legge, “adeguati” al fine di garantire condizioni di vita e di lavoro dignitose. Spetta ora al Consiglio dell’Unione Europea dare l’ok finale al testo, su cui era già stato raggiunto un accordo politico a giugno scorso. Mentre gli Stati membri avranno due anni di tempo per dare attuazione alla direttiva.
Cosa prevede il provvedimento
La direttiva si applica ai lavoratori dell’Unione che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro definiti dal diritto, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro. Il provvedimento fissa le regole per garantire che i salari minimi legali siano adeguati al costo della vita.
Inoltre, promuove la contrattazione collettiva per la determinazione degli stipendi e il miglioramento dell’accesso effettivo dei lavoratori al diritto alla tutela garantita dal salario minimo dove previsto dal diritto nazionale e/o dai contratti collettivi stessi. Attenzione, però: non introduce nessun obbligo per gli Stati membri di fissare il livello dei salari minimi o di salari minimi legali, né di promuovere l’accesso alla tutela garantita dal salario minimo prevista eventualmente nei contratti collettivi o entrambi.
I salari minimi dovranno essere adeguati all’inflazione
Dei 27 Paesi UE, ben 21 prevedono già salari minimi, che vanno dagli oltre 2.300 euro del Lussemburgo, seguito da Irlanda (circa 1.800 euro) e Germania (circa 1.700 euro) a circa 600 euro in Estonia (circa 600 euro), 500 euro in Lettonia e poco più di 300 euro in Bulgaria.
Saranno gli “ultimi della fila”, soprattutto i paesi dell’Europa dell’Est, a dover intervenire sicuramente sui livelli salariali. Con l’inflazione e la crisi energetica in corso, certamente non sono adeguati a garantire una vita dignitosa tenendo conto del costo della vita e dei più ampi livelli di retribuzione. Per quanto riguarda la valutazione dell’adeguatezza dei salari minimi garantiti esistenti, i Paesi UE potranno determinare un paniere di beni e servizi a prezzi reali per determinare il costo della vita, o fissare il salario minimo legale al 60% del salario mediano lordo e al 50% del salario medio lordo.
Gli Stati membri possono inoltre ricorrere a un meccanismo automatico di adeguamento dell’indicizzazione dei salari minimi legali, a condizione che l’applicazione di tale meccanismo non comporti una diminuzione del salario minimo legale.
Cosa succede nei Paesi senza salario minimo come l’Italia
Cosa succede ai restanti 6 Paesi che non prevedono salari minimi legali? Si tratta di Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Italia e Svezia. Sono Paesi che comunque determinano i livelli salariali sulla base della contrattazione collettiva delle retribuzioni. Dunque, per essi varrà in particolare il principio di promuovere la contrattazione collettiva, a livello settoriale e interprofessionale, come fattore essenziale per determinare i salari minimi adeguati. Nessuna disposizione della direttiva può infatti essere interpretata in modo tale da imporre a qualsiasi Stato membro: l’obbligo di introdurre un salario minimo legale, laddove la formazione dei salari sia garantita esclusivamente mediante contratti collettivi; l’obbligo di dichiarare un contratto collettivo universalmente applicabile.
Solo gli Stati membri in cui meno dell’80% dei lavoratori è interessato dalla contrattazione collettiva dovranno – congiuntamente alle parti sociali – stabilire un piano d’azione per aumentare tale percentuale. Questa disposizione non riguarda però l’Italia, dove la percentuale dell’80% dei lavoratori garantiti dalla contrattazione collettiva è ampiamente raggiunta.
Il testo impone controlli e garantisce il diritto di ricorso dei lavoratori
La direttiva introduce infine l’obbligo per i Paesi UE di istituire un sistema di monitoraggio affidabile e di effettuare controlli e ispezioni sul campo, per garantire la conformità delle disposizioni nazionali con quanto prescritto dalla direttiva e contrastare i subappalti abusivi, il lavoro autonomo fittizio, gli straordinari non registrati o la maggiore intensità di lavoro.
Fatto salvo quanto previsto dalle norme nazionali, gli Stati membri dovranno assicurare ai lavoratori una risoluzione efficace, tempestiva e imparziale delle controversie e il diritto di ricorso in caso di violazione del diritto relativo ai salari minimi legali o alla tutela garantita dal salario minimo, laddove tali diritti siano previsti dal diritto nazionale o dai contratti collettivi.
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