Diritti e doveri di donne e uomini che sulla scia delle conquiste del passato guardano a un futuro di sfide e di traguardi ancora da raggiungere. Perché non ci siano più morti sul lavoro e la dignità di ognuno sia bandiera della collettività tra i progressi della scienza e della tecnologia che, oggi più di ieri, lasciano segni profondi all’interno della società
«La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». Non è mai banale – oggi come ieri – ricordare l’articolo 4 della Costituzione italiana, in occasione del Primo Maggio, la Festa dei Lavoratori. E non è banale perché in un enunciato di poche righe sono contenuti i diritti e i doveri di donne e uomini che ogni giorno lottano per tutelare e difendere la propria dignità. Lo fanno quando cercano un impiego e quando raggiungono posizioni di rilievo, quando devono scegliere tra il lavoro dei ‘sogni’ in un paese straniero e quello a due passi da casa. Lo fanno quando la precarietà sembra l’unica via d’uscita, quando si rimboccano le maniche a sessant’anni e si rimettono in gioco, per reinventarsi, certo, ma anche per tornare a casa con il sudore sulla fronte e il petto gonfio di orgoglio, perché niente e nessuno è più forte del desiderio di essere importanti per qualcuno. Anzi, niente e nessuno dovrebbero essere più forti. In un braccio di ferro immaginario tra il lavoratore e la precarietà, oggi, vince la precarietà, vince la disparità salariale, vince l’attesa di vivere in una società più giusta e più sicura. Chi di noi non si indigna quando apre i giornali e sfogliando le pagine legge “Esplosione centrale di Bargi: tre morti, quattro dispersi e cinque feriti gravi”? Poi i morti, in quell’incidente avvenuto ad aprile sul lago di Suviana, in provincia di Bologna, sono diventati sette. Sette operai morti che fanno parte di una lista troppo lunga: nel primo birimestre dell’anno 119 morti, altri se ne aggiungono a marzo e altri mentre scriviamo. Basta. Non si può morire per esercitare un diritto riconosciuto dalla Costituzione, non si può morire per adempiere a un dovere. Indigniamoci davanti a tutto questo, agiamo. Non lasciamo che la rabbia ci pervada solo il tempo necessario ad ascoltare la notizia ai Tg, a leggerla sui quotidiani. La lotta alla precarietà, alla disparità salariale e alla scarsa sicurezza sul lavoro è una lotta che riguarda tutti, ogni giorno dell’anno, che sia il 1° Maggio o il 20 agosto. Siamo figli di una società in continua evoluzione. Lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale e i progressi dell’automazione rappresentano traguardi importanti e significativi per la collettività, nuove frontiere, nuove potenzialità e forse – ma questo lo dirà il futuro – nuovi rischi al pianeta lavoro. E allora perché restare fermi a politiche che devono essere superate? La storia ci ricorda quanta strada è stata percorsa fino ad ora, l’attualità e il presente ci ricordano la strada che ancora dobbiamo fare per vivere un futuro equo e inclusivo. Anche Giovanni, Teresa e Giacomo, i protagonisti dell’opera dipinta da Pelizza da Volpedo, Il Quarto Stato, andavano avanti, verso una direzione più giusta, consapevoli del cammino già fatto. Uniamoci e andiamo avanti perché diritti e doveri non siano solo parole dell’articolo 4 della Costituzione.
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