Lavoro come assistente di volo per una compagnia inglese, ho base in Inghilterra e opero solo voli intercontinentali, gli aerei sono registrati in Gran Bretagna. Risiedo in Italia e sono cittadina italiana. Volevo sapere se devo pagare le tasse sul mio stipendio. Grazie.
In linea generale, per stabilire dove un cittadino è tenuto a pagare le imposte sui redditi percepiti, occorre considerare il concetto di “residenza fiscale”. Come espressamente indicato nell’art. 2 del Tuir (D.P.R. 917/1986), per le imposte sui redditi si considerano fiscalmente residenti in Italia le persone che:
- per la maggior parte del periodo d’imposta (cioè, per almeno 183 giorni all’anno) sono iscritte nelle Anagrafi comunali della popolazione residente in Italia;
- hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza;
- si sono trasferiti in uno dei Paesi a fiscalità privilegiata (salvo prova contraria).
In base al cosiddetto “principio della tassazione mondiale” (World Wide Taxation Principle), sul quale si fonda il sistema fiscale di molti Paesi europei e che è stato adottato anche dalla legislazione fiscale italiana, il cittadino che lavora all’estero ma è residente italiano, ha comunque l’obbligo di pagare le imposte in Italia anche sui redditi prodotti all’estero, salvo che sia diversamente indicato da disposizioni contenute nelle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Le eventuali imposte pagate a titolo definitivo nei Paesi in cui i redditi sono stati percepiti si possono comunque detrarre da quelle italiane, sotto forma di credito d’imposta, nei limiti stabiliti dall’articolo 165 del Tuir.
Il cittadino italiano che trasferisce la propria residenza da un Comune italiano all’estero (anche se in un Paese dell’Unione Europea), entro 90 giorni dal trasferimento della residenza deve iscriversi all’AIRE (“Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero”) presso l’Ufficio consolare competente per territorio.
In sintesi, venendo al quesito, se si è mantenuta la residenza in Italia, si ha l’obbligo di pagare le imposte in Italia anche sui redditi prodotti all’estero.
Cosa c’è da sapere…
Per evitare che i propri cittadini subiscano una doppia imposizione, che si avrebbe in seguito al pagamento delle imposte sia nel Paese di produzione del reddito sia in quello di residenza, l’Italia ha stipulato con molti Paesi Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni e riconosce un credito d’imposta per le imposte pagate all’estero nel momento in cui si dichiarano i redditi in Italia con l’applicazione di una norma (articolo 165) contenuta nel Tuir.
La convenzione sulle doppie imposizioni firmata da Italia e Inghilterra prevede che i compensi per attività di lavoro dipendente ricevute dal contribuente residente in uno Stato ma che lavora nell’altro Stato, sono imponibili soltanto nello Stato di residenza, qualora durino meno di 183 giorni durante l’anno fiscale (articolo 15, comma 2). Quindi un cittadino italiano che viva e lavori in Inghilterra per meno di 183 giorni all’anno dovrà essere assoggettato a tassazione nel nostro Paese. I redditi percepiti per l’attività di lavoro dipendente svolta in Inghilterra andranno indicati nella dichiarazione dei redditi da presentare in Italia.
La doppia imposizione viene comunque eliminata mediante l’applicazione dell’articolo 165 del Tuir, secondo il quale le imposte pagate all’estero a titolo definitivo sono ammesse in detrazione dall’imposta netta fino a concorrenza della quota di imposta italiana.
Le imposte estere si considerano pagate a titolo definitivo quando esse non sono ripetibili, o è stata presentata la dichiarazione dei redditi all’estero, oppure vi è un’apposita certificazione di definitività dell’imposta, rilasciata dalle autorità estere.
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