La sempre più vasta attenzione alla sostenibilità si declina anche in una serie di nuovi lavori green che sono sempre più richiesti.
Secondo lo studio Global Sustainable Fund Flows: Q4 2021 in Review di Morningstar, una delle più grandi aziende che si occupano di finanza del mondo, a fine dicembre 2021 i fondi di investimento ESG detenevano il 2,4% del patrimonio totale detenuto dai fondi a livello globale. Una cifra pari a 2.740 miliardi di dollari, e da allora il trend è stato quello di una decisa crescita, nonostante il relativo calo registrato per la prima volta nell’ultimo quadrimestre 2023.
I fondi ESG
Ma quali sono i fondi ESG? Intanto diciamo che i fondi di investimento sono un modo per investire i propri risparmi affidandoli a una società che compra per noi azioni, obbligazioni o liquidità in un determinato ambito economico. I fondi offrono migliaia di tipologie di intervento sul mercato mondiale dell’economia, da quelli che operano in un determinato Paese a quelli specializzati in un ramo industriale specifico, da quelli che speculano sulle valute a quelli che cercano di bilanciare acquisti di azioni e di obbligazioni, dai più specifici (che si occupano di un particolare prodotto in un singolo mercato) a quelli globali. Migliaia, come detto.
I fondi ESG, anch’essi assai diversificati, hanno la caratteristica di investire il proprio (che poi è costituito dai soldi dei risparmiatori e degli investitori) patrimonio in aziende che si preoccupano di E-environment, S-social e G-governance. Ovvero aziende che gestiscono questioni come il cambiamento climatico, l’efficienza energetica, la gestione dei rifiuti e la sostenibilità, che si prendono cura dei diritti delle persone, inclusi i propri dipendenti, i clienti e le comunità in cui operano, e che vengono gestite in modo trasparente.
Le aziende ESG crescono e hanno bisogno di personale qualificato
Il progressivo crescere dei fondi che le sostengono, quindi di capitali che entrano nelle loro casse per migliorare efficienza e risultati, è un indicatore lampante del progressivo crescere della loro operatività e delle professionalità che esse utilizzano. Un trend in ascesa che coinvolge una serie di cosiddetti green job. I “lavori verdi”, strettamente legati alla sostenibilità, sono quindi un’opportunità importante e in continuo, rapidissimo mutamento per gli studenti e gli addetti che vogliono porre basi solide per il proprio futuro.
Si tratta di professioni che mettono la sostenibilità al centro della loro operatività, in ogni settore, non solo in quello strettamente ecologico, ma anche in quello informativo, educativo, motivazionale. Il rapporto GreenItaly della Fondazione Symbola e di Unioncamere indica, già oggi, in 3,1 milioni i lavoratori impegnati in ambito green nel nostro Paese, con ben 432mila imprese che hanno, negli ultimi cinque anni, investito per raggiungere livelli più elevati di sostenibilità.
L’ingegnere ambientale
Ve ne elenchiamo alcuni, cercando di aprire il ventaglio delle possibili opportunità, anche all’interno delle recenti valutazioni di mercato della Libera Università Mediterranea di Bari che ha indicato i fabbisogni prossimi di laureati in circa 40.000 unità per l’area economico-statistica, in 39.000 per quella giuridica e politico-sociale, attorno ai 34.500 per quella medico-sanitaria e circa 34.000 per ingegneria.
Partiamo proprio dall’ingegnere ambientale, che si occupa di sostenibilità nei settori delle costruzioni, dei rifiuti e del relativo smaltimento e dei servizi di pubblica utilità. Spesso deve lavorare in coppia con un promotore edile di materiali sostenibili per essere aggiornato sulle novità più “verdi” del settore. E deve confrontarsi al meglio con un giurista ambientale, specializzato in diritto dell’ambiente e dell’energia, sia operante nelle aziende costruttrici sia nelle pubbliche amministrazioni.
Dal meccatronico green al bioinformatico
Andiamo poi in ordine sparso. Lo specialista in contabilità verde, che ricerca vie nuove e sostenibili in ambito contabile, fiscale e finanziario, in mezzo a bonus e incentivi vari. Il manager dell’energia analizza l’impiego delle fonti energetiche da parte di aziende ed enti, lo valuta e lo rende ottimale; quello della mobilità valuta e migliora il tragitto casa-lavoro dei dipendenti e la dislocazione degli insediamenti aziendali sul territorio. Il green marketing manager studia come rendere più ecologicamente sicura la produzione dall’inizio del processo al consumo finale, evitando ogni forma di greenwashing.
Inoltre, il programmatore agricolo della filiera corta recupera la stagionalità dei prodotti, la produzione e la cultura gastronomica locale, le reti di acquisto, una commercializzazione a basso impatto ambientale. Il meccatronico green, meccanico e insieme elettrauto, utilizza elettronica e informatica per rendere i motori e tutto l’indotto più sostenibili, in particolare puntando ad avere le minori emissioni possibili nell’atmosfera. Lo chef sostenibile conosce le materie prime, le produzioni biologiche, il chilometro zero, l’importanza di ridurre gli sprechi e puntare sul riciclo. L’informatico ambientale e il bioinformatico sviluppano software, operano ricerche e gestiscono banche dati con un’attenzione ai processi sostenibili, mentre gli esperti finanziari green si occupano di come suggerire e sviluppare investimenti nell’area ESG.
Infine, l’indispensabile educatore ambientale, che dovrebbe essere presente a scuola, ma anche in ambito pubblico e privato per sviluppare in ognuno una migliore responsabilità ambientale. Indicando a tutti come sia sempre più indispensabile studiare e agire per – secondo l’elenco indicato dalla LUM – limitare le emissioni di gas serra, ridurre gli sprechi, migliorare l’efficienza energetica, proteggere gli ecosistemi, salvaguardare l’ambiente, ridurre l’inquinamento, ottimizzare l’uso delle materie prime, trovare soluzioni per adattarsi agli effetti del cambiamento climatico.
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