In Italia aumenta il numero dei lavoratori domestici in nero e spunta l’ombra del sommerso
Dall’Osservatorio sul lavoro domestico realizzato dall’Inps con l’associazione Nuova Collaborazione, emerge una diminuzione del numero di colf e badanti assunti con un regolare contratto. Nel 2023, infatti, risulta che solo 833mila lavoratori del settore hanno versato i propri contributi (-7,3%). Numeri in flessione per il secondo anno consecutivo dopo il -7,6% del 2022. A far riemergere il sommerso, spiegano i ricercatori, hanno contribuito la fine dell’emergenza pandemica – che aveva portato alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro per consentire a colf e badanti di recarsi al lavoro durante il lockdown – e degli effetti della cosiddetta “sanatoria” per i lavoratori stranieri.
Dopo la pandemia torna il lavoro nero
«Nel nostro settore c’è molto lavoro nero, circa il 50-60% del totale» ha spiegato Alfredo Savia, presidente di Nuova Collaborazione, durante la presentazione del Report. In pratica un lavoratore su due è regolare, l’altro finisce in un cono d’ombra senza tutele e diritti. Un fenomeno che è esploso nell’ultimo biennio. Per favorire la legalizzazione nel settore della cura agli anziani, il Decreto Legge 2 marzo 2024, n. 19 stabilisce l’esonero dei contributi Inps per i datori di lavoro che assumono una badante con compiti di assistenza ad una persona di almeno 80 anni. Il provvedimento però riguarda solo le famiglie con un Isee fino a 6mila euro, mentre la domanda di assistenza in continua crescita rischia di non trovare copertura nonostante il decreto flussi 2023/25 preveda l’ingresso di 9500 lavoratori stranieri.
Identikit del lavoratore domestico
L’Osservatorio Inps rileva che le regioni in cui si concentra più della metà dei lavoratori domestici sono Lombardia (19,5%), Lazio (14.1%), Toscana (8,8%) ed Emilia-Romagna (8,6%). La maggior parte dei lavoratori sono stranieri (68,9%), soprattutto dell’Est Europa, seguono i lavoratori di cittadinanza italiana (31,1%), sudamericana (8,1%) e asiatica (5,8%). La quota di “Badanti” (49,6%) ha ormai quasi raggiunto la quota “Colf” (50,4%). Quest’ultima prevale tra i lavoratori italiani e quasi tutti i lavoratori stranieri, ad eccezione di quelli provenienti dall’Europa dell’Est, dall’Asia e dall’America Centrale, in cui prevale la tipologia “Badante”. Dato interessante, l’età media dei lavoratori domestici è in aumento (il 18,1% ha tra i 55 e i 59 anni), con la conseguente diminuzione dei nuovi ingressi e una permanenza più lunga da parte di persone sempre più anziane.
Il lavoro domestico al femminile
La regolarizzazione del settore andrebbe, in molti casi, a incentivare l’occupazione, soprattutto quella femminile. In Italia, infatti, la cura dei familiari non autosufficienti rappresenta spesso per le donne una barriera all’ingresso nel mondo del lavoro. Oggi, ricorda proprio un report di Nuova Collaborazione, il 53% delle donne dice di non cercare lavoro perché impegnata nella cura di familiari o casa. Il settore domestico, tra l’altro, è l’unico nel quale, in media, le donne lavoratrici hanno una retribuzione più alta rispetto agli uomini. Il 46,5% degli assistenti familiari maschi si colloca sotto i 5.000 euro l’anno, contro il 39,7% delle femmine.
L’inverno demografico italiano
Il presidente dell’Inps Gabriele Fava, presentando i dati, ha affermato che «quello domestico è «un importante pilastro del tessuto socioeconomico, dato che nel 2050 i cittadini over 65 rappresenteranno fino al 35% della popolazione». I nonni – ha detto – sono oggi una forma di welfare ma allo stesso tempo un indicatore di cosa servirà in futuro». Una dichiarazione che arriva a breve distanza dalla pubblicazione dell’edizione 2024 di Society at a glance, il report dell’Ocse che fotografa le principali dinamiche dei Paesi sviluppati. I dati confermano il primato negativo europeo del tasso di fertilità italiano, che – con una media di 1,2 figli per donna – vede il Paese in coda alla classifica continentale insieme alla Spagna.
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