«Sul lavoro sono necessarie le competenze e le capacità sia degli anziani che dei giovani». Così Carlo Sangalli alla presentazione del volume “La popolazione anziana e il lavoro”, insieme a Tiziano Treu e Marco Trabucchi.
«Parlare di anziani e lavoro sembrerebbe un tema controcorrente, specie se si guarda alla difficoltà che incontrano i giovani nel trovare un’occupazione stabile. Eppure – afferma Carlo Sangalli, presidente nazionale 50&Più e presidente Confcommercio Imprese per l’Italia -, è un argomento di enorme attualità che riguarda il futuro di tutti. Senza contare che in età anziana il lavoro è uno straordinario strumento di prevenzione e di benessere collettivo. Quello che manca – prosegue Sangalli – è una visione omnicomprensiva che tenga conto di tutti gli ambiti della vita».
Questi gli aspetti affrontati nel corso della tavola rotonda di presentazione del volume La popolazione anziana e il lavoro: un futuro da costruire (edizioni Il Mulino). Un progetto nato dalla collaborazione tra 50&Più e Fondazione Leonardo, e curato da Marco Trabucchi, presidente della Fondazione, Gabriele Sampaolo, segretario generale di 50&Più, e Anna Maria Melloni, direttore del Centro Studi 50&Più.
All’incontro, avvenuto presso il Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), oltre a Carlo Sangalli e Marco Trabucchi, è intervenuto Tiziano Treu, ex ministro del Lavoro, presidente Cnel e tra gli autori del volume. A Laura Gavinelli (Centro Studi 50&Più) il compito di moderare il dibattito.
«Il tema degli anziani e il lavoro non è controcorrente – ha esordito il presidente Treu – perché riguarda il rapporto tra le generazioni. Un rapporto che è mutato negli anni. Un tempo era stabile perché lo erano anche i cicli di vita: una volta terminati gli studi, un giovane trovava un lavoro, si costruiva una famiglia e poi andava in pensione. Il pensionamento si raggiungeva relativamente presto perché la speranza di vita non era così lunga come oggi». Un rapporto che è a rischio frattura. «Da una parte abbiamo i giovani – ha spiegato Treu – che sono sempre meno, che hanno difficoltà a trovare un impiego e, quando lo trovano, spesso è di cattiva qualità e con retribuzioni basse. Dall’altra parte, invece, abbiamo gli anziani che vivono più anni, ma anche in condizioni difficili». Non solo: «La pandemia Covid-19 ha dimostrato l’enorme fragilità di questa fascia della popolazione, la mancata prevenzione ci ha colti impreparati. Ma non siamo preparati nemmeno a guardare alla popolazione anziana in maniera omnicomprensiva, tenendo conto di tutti gli aspetti della vita: il lavoro, le relazioni personali, il rischio della solitudine, la qualità della salute, il reddito. Occorre considerare che ormai c’è un rapporto diverso tra i tempi di vita e le attività delle persone». Dal punto organizzativo: «Le aziende debbono prepararsi». Non bisogna aspettare l’età del pensionamento, ma: «A metà della vita professionale è necessario fare un “tagliando” ricorrendo alla formazione, immaginando anche un tipo di lavoro diverso, compatibile con le caratteristiche e le capacità future». Inoltre: «Occorre ripensare agli orari di lavoro, favorire un passaggio graduale dalla piena attività al pensionamento. Una delle soluzioni – ha sottolineato Treu – è quella di incoraggiare la staffetta generazionale che preveda il lavoro part time per il lavoratore più anziano e il contemporaneo trasferimento di conoscenze al lavoratore più giovane».
Nel suo intervento il presidente Sangalli si è soffermato sulla necessità di un “patto generazionale fondato su capisaldi ben precisi”. Ha precisato che: «Innanzitutto, occorre stabilire che un posto di lavoro per l’anziano non significa a tutti i costi un posto di lavoro in meno per i giovani. Le competenze, l’esperienza, le capacità degli uni e degli altri non sono comparabili e spesso servono entrambe». Inoltre: «Da una parte è necessario ridisegnare le politiche del lavoro e del welfare a favore di soluzioni più flessibili e graduali per i lavoratori senior e, dall’altra, progettare politiche del lavoro e del welfare maggiormente inclusive e stabili per i giovani, utilizzando la leva degli incentivi e della riduzione del costo del lavoro. Tutto questo – ha sottolineato Sangalli – non solo in termini di sostenibilità del sistema pensionistico e di welfare nazionale, ma anche per affrontare le conseguenze della pandemia». Infine, il ruolo dei corpi intermedi: «È necessario dare voce all’“esercito” dei lavoratori senior che, silenziosamente, danno un contributo importante all’economia e alla tenuta sociale. In questo senso diventa fondamentale il ruolo dei corpi intermedi: le varie associazioni di rappresentanza possono e devono costruire alleanze per creare insieme un’azione propositiva. Un esempio è la collaborazione tra 50&Più e la Fondazione Leonardo. Questo volume non è solo il coronamento di un percorso, ma un punto di partenza che ci deve portare lontano».
Nel suo intervento Marco Trabucchi ha sottolineato come il lavoro sia un atto vitale per il singolo e per la collettività: «Il lavoro mantiene giovani, svolge un’azione di prevenzione, favorisce il benessere, è un atto vitale per la società e la collettività». Inoltre: «I vecchi di oggi non sono più i vecchi di ieri». Così: «Una società di pensionati giovani senza un impiego serio, di qualsiasi tipo, non è una società serena». Non solo un lavoro formale o dipendente: «Ma anche qualsiasi altro impegno purché non sia nel segno dello sfruttamento». Ad esempio: «Il nonno è un mestiere di affetti, non di costrizioni, ed è proprio questa condizione che arricchisce». Si possono aprire un mondo di possibilità per il lavoratore anziano: «Pensiamo anche agli anziani che aiutano altri anziani nella cura. In questo senso, occorre valorizzare il ruolo di caregiving anche sul piano economico, se possibile, o almeno su quello formale». In conclusione: «Il lavoro dà senso alla vita di ogni persona e quindi deve coprire la vita in tutte le sue fasi, anche in quella della vecchiaia».
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