L’emergenza sanitaria ha creato nuovi ostacoli per chi ricopre il ruolo di caregiver familiare. Per ribadire la necessità di riconoscere queste figure, il 6 ottobre 2020 Eurocarers ha proclamato la Prima Giornata Europea dei Caregiver Familiari.
In Italia, secondo i dati divulgati da Istat, sono oltre 7,3 milioni i caregiver familiari che si occupano di anziani e persone con disabilità. In nove casi su dieci le persone assistite hanno più di 65 anni e si tratta dei genitori del caregiver, del coniuge o, in misura minore, di un amico. Un quadro dalle mille sfaccettature, tutte piuttosto delicate già prima del Covid-19, che durante l’emergenza ha toccato apici di stress psicofisico e sociale molto elevati. La pandemia, infatti, non solo ha aggravato le sfide che i caregiver familiari devono affrontare normalmente, ma ha anche evidenziato l’essenzialità dell’assistenza da loro fornita. Le misure di confinamento, messe in atto con lo scopo di contenere i contagi, hanno esacerbato il rischio di isolamento, creando spesso situazioni familiari difficili. Per questo Eurocarers, l’organizzazione europea che lavora con e per i caregiver, ha indetto lo scorso 6 ottobre 2020 la Prima Giornata Europea dei Caregiver Familiari. Per delineare un quadro più chiaro sulla situazione dei caregiver in Europa, abbiamo intervistato la dottoressa Francesca Centola, coordinatrice delle attività di Eurocarers con e per i giovani caregiver e responsabile degli sviluppi in materia in Italia.
Dottoressa Centola, di cosa si occupa Eurocarers?
Eurocarers è la rete europea delle organizzazioni che rappresentano i caregiver familiari e di coloro che svolgono ricerca in questo campo. Conta 73 membri provenienti da 26 Paesi europei. La nostra missione è quella di accrescere la consapevolezza sul contributo fornito dai caregiver familiari alle nostre società e assicurare che le politiche nazionali e dell’Unione Europea prendano in considerazione le loro esigenze.
Da dove nasce l’esigenza di creare un’organizzazione europea dedicata ai caregiver?
La nostra realtà nasce nel 2004, su iniziativa di singole persone coinvolte in progetti europei sul tema della cura a lungo termine. Partendo dalla constatazione che la voce dei caregiver non era rappresentata a livello europeo, questi uomini e donne motivati hanno ritenuto necessario creare un’organizzazione europea. L’obiettivo era, ed è ancora, quello di garantire che ovunque in Europa le politiche e le prassi prendano in considerazione i bisogni dei caregiver, riconoscano il contributo da loro fornito alle nostre società e offrano il dovuto supporto. In questi 17 anni di attività abbiamo ottenuto numerosi risultati. A livello europeo, infatti, è ormai riconosciuto il ruolo dei caregiver familiari come componente essenziale dei sistemi di welfare nazionali. Il supporto a queste figure è considerato una direzione da perseguire per assicurare la sostenibilità della cura a lungo termine, soprattutto in un contesto di invecchiamento della popolazione. In Italia, un esempio virtuoso è quello della Regione Emilia-Romagna che, nel 2014, ha approvato la legge sul riconoscimento dei caregiver e dei loro bisogni.
Quali sono le difficoltà più grandi riscontrate dai caregiver?
I caregiver sono una risorsa preziosa ma sotto pressione. Se non adeguatamente sostenuti, possono vivere ripercussioni negative in vari ambiti della propria vita. L’esempio più tangibile è quello dell’impossibilità di conciliare i compiti di cura con il lavoro retribuito. Questo costringe molti a ridurre le ore lavorative o a rinunciare al lavoro. Si aggiunge, poi, un impoverimento di relazioni. Inoltre, l’attività di caregiving è tradizionalmente svolta da donne. Ne deriva che il prendersi cura di una persona bisognosa di assistenza possa aggravare ulteriormente il fenomeno del divario di genere nei livelli occupazionali, nei salari e nelle pensioni. Un dato a questo proposito è quello che vede il 14% delle caregiver italiane di mezza età costrette a ridurre le ore lavorative o a rinunciare in toto al lavoro retribuito, a causa dell’impossibilità di gestire i compiti di cura nei confronti dei genitori anziani e dei figli.
Come sono cambiate queste difficoltà nell’anno della pandemia?
Ovunque in Europa i caregiver familiari si sono rivelati fondamentali nel prestare cura a persone particolarmente vulnerabili, le quali hanno potuto ricevere l’assistenza di cui avevano bisogno restando a casa. Ma le difficoltà sono state, e sono ancora, numerose. L’assenza di servizi professionali e di assistenza a domicilio, ad esempio, ha comportato un carico maggiore per i caregiver, che si sono ritrovati a svolgere più compiti, con meno opportunità di sollievo. In alcuni casi, queste figure hanno scelto di isolarsi per proteggere le persone di cui si prendono cura, cadendo in una totale esclusione sociale. Inoltre, la salute psicologica dei caregiver è ulteriormente aggravata da preoccupazioni aggiuntive come l’incertezza relativa a chi si prenderà cura della persona assistita nel caso in cui il caregiver contragga il Covid. A fronte di queste difficoltà, alcuni Paesi europei si sono confermati in grado di cogliere le nuove sfide. In Scozia, ad esempio, i caregiver familiari sono stati da subito considerati come una categoria a rischio ed è stato loro fornito accesso prioritario ai dispositivi di protezione e ai test per la rilevazione del virus. Eurocarers, in questo caso, sta invitando i decisori politici a riconoscere i caregiver come attori in prima linea nella lotta contro il virus e a garantire loro un accesso prioritario alle misure di protezione come il vaccino.
Un aspetto poco approfondito è quello dei giovani caregiver…
Si parla poco dei caregiver giovani o giovanissimi ma, in base ad una ricerca Istat, le persone di età compresa tra i 15 e i 24 anni che in Italia assolvono compiti di cura sono ben 391mila. Si occupano di genitori, fratelli e, a volte, dei nonni. Anche in questo caso, l’attività di cura può avere effetti negativi. Le opportunità di istruzione dei giovani caregiver, ad esempio, si scontrano con il rischio di abbandono scolastico e quindi, in futuro, con una scarsa occupabilità. Inoltre, secondo il report pubblicato dal programma Garanzia Giovani (il portale di accesso a lavoro e formazione per i giovani sotto i trent’anni), le responsabilità collegate alla cura familiare sono il primo motivo di inattività dei giovani italiani tra i 15 e i 29 anni.
Nell’ultimo anno, la tecnologia è entrata a far parte delle nostre vite in maniera ancora più preponderante. Questo aspetto può in qualche modo supportare i caregiver?
Le tecnologie possono senz’altro contribuire ad alleviare il peso dell’attività di cura per i caregiver, migliorando la qualità della loro vita e quella delle persone di cui si prendono cura. Ad esempio, lo sviluppo di piattaforme virtuali può essere un modo molto efficace per rendere facilmente accessibili informazioni sui servizi disponibili, nonché per permettere ai caregiver di comunicare tra loro, alleviando la solitudine. Anche la telemedicina può sostituirsi o affiancarsi alle visite a domicilio da parte dei professionisti del sistema sociosanitario, rendendo tutti i passaggi più veloci. Perché le nuove soluzioni tecnologiche siano utili ed efficaci, tuttavia, è importante che i caregiver e le persone da loro assistite siano attivamente coinvolti sin dalla fase d’ideazione, in modo che queste soluzioni non diventino un’ennesima complicazione.
Facendo un confronto con il panorama europeo, come si colloca l’Italia in merito alla tutela dei caregiver?
Alla luce degli attuali sviluppi demografici, i Paesi europei si trovano a fronteggiare un aumento della domanda di assistenza a lungo termine e le risposte fornite dai vari Stati sono diverse. Da una parte abbiamo Paesi, come Svezia e Danimarca, dove la cura a lungo termine è fornita e finanziata dallo Stato e il ricorso ai caregiver familiari è moderato. Nei Paesi mediterranei, invece, il sistema formale non è sufficientemente sviluppato e per soddisfare i bisogni di assistenza si fa quasi interamente ricorso ai caregiver familiari, che non sempre sono adeguatamente sostenuti. Sono differenze riconducibili a diverse impostazioni culturali: nei Paesi del Nord Europa, ad esempio, la cura a lungo termine è considerata una responsabilità dello Stato, mentre nei Paesi mediterranei prevale il modello familistico, dove la famiglia è considerata il luogo naturale della cura. In Italia, l’Emilia-Romagna è stata la prima regione italiana ad adottare una normativa per andare incontro ai bisogni di chi si prende cura di una persona cara. Un passo importante sarebbe l’adozione a livello nazionale di una legge simile a quella dell’Emilia-Romagna. Al Senato, ad esempio, è stato depositato un testo unico per il riconoscimento e il sostegno dei caregiver familiari. Un testo perfettibile, senza dubbio, ma Eurocarers auspica fortemente che questa proposta di legge sia approvata.
© Riproduzione riservata