Da oltre 35 anni, all’ombra del Kilimangiaro, un gruppo di scienziati studia la popolazione locale di babbuini nella savana africana. I membri di questa comunità litigano, mettono su famiglia, si prendono cura dei piccoli. Alcuni sono solitari, altri sembrano avere molti amici. La maggior parte delle volte si tratta di “amicizie platoniche” tra scimmie di sesso diverso, che stringono legami duraturi per fini diversi da quelli riproduttivi. L’amicizia tra questi primati assolve un ruolo fondamentale nella “toelettatura”, operazione alla quale dedicano lunghi momenti della giornata.
Dopo tanti anni di osservazione, però, i ricercatori possono tranquillamente affermare che il motivo di questa reciproca cura non è legato solo alla pulizia. Quando i babbuini si accarezzano o controllano a turno il loro mantello, infatti, non stanno solo allontanando gli insetti. Fanno molto di più: stabiliscono una relazione che potremmo definire d’amicizia. La pulizia reciproca è un modo per “legare” e alleviare lo stress.
I maschi “social” vivono più a lungo
Ma questo non è neppure l’aspetto più sorprendente emerso dall’osservazione. Analizzando i dati su un campione di 277 maschi e 265 femmine, il team della Duke University, guidato dalla professoressa Susan Alberts, ha stimato la “forza” dei legami nella cerchia ristretta di ciascun primate. Lo ha fatto misurando il tempo trascorso da ciascuno di loro a toelettarsi con gli amici “più cari”.
I ricercatori hanno così dimostrato che entrambi i sessi beneficiano di forti legami sociali. «Tuttavia – afferma la Alberts – proprio come gli umani, i maschi di babbuino vivono una vita più lunga se sono socialmente connessi». Inoltre, i maschi che mantengono forti amicizie femminili mostrano di avere il 28% di aspettativa di vita in più, rispetto alle loro controparti socialmente isolate.
La minaccia dell’isolamento sociale
In sostanza i ricercatori hanno scoperto che il rovescio della medaglia dell’amicizia, ossia l’isolamento sociale, è una minaccia maggiore per la sopravvivenza maschile rispetto allo stress e ai pericoli che gli individui devono affrontare per farsi strada nella gerarchia.
Dall’osservazione è anche emerso che l’organismo dei babbuini più longevi – gli stessi che hanno rapporti di amicizia fedeli e di lunga data – riesce a tenere sotto controllo glicemia, ritmo cardiaco e stress.
Per la dottoressa Susan Alberts non è ancora chiaro il modo in cui il comportamento aumenti l’aspettativa di vita dei primati: «Ci vorranno altri studi – ha affermato – per comprendere meglio come i legami stretti influenzino la durata della vita». In ogni caso, tutto lascia presagire che questo “potere” abbia profonde radici nell’albero genealogico dei primati.
Un altro studio, infatti, stavolta condotto sui macachi, altri primati con una intensa vita sociale, è giunto a conclusioni analoghe. I ricercatori dell’università di Utrecht hanno scoperto che quando una di queste scimmie caccia a fianco di un “amico” stretto, piuttosto che di un altro membro del gruppo, nella saliva sono presenti solo deboli tracce di cortisolo.
È noto che un eccesso di questo ormone, prodotto dall’organismo per far fronte allo stress, conduce ad effetti negativi anche nell’uomo, come ipertensione, obesità e diabete. Poiché macachi, babbuini e altre scimmie, fanno tutte parte dell’albero genealogico dell’uomo, possiamo concludere che per tutte queste specie l’amicizia fedele si traduce in benessere e longevità.
E fra gli uomini? Due studi su di loro
Del resto, è stato ormai ampiamente dimostrato che le persone che vantano amicizie strette hanno maggiori probabilità di vivere più a lungo di altri. Gli studi condotti sull’uomo dimostrano che la presenza di amici nella propria vita, ai fini della longevità, è importante quanto perdere peso e seguire una dieta sana.
Secondo i ricercatori della Brigham Young University, infatti, una più vasta rete sociale riduce del 50% il rischio di morte prematura. Lo studio, condotto dalla psicologa Julianne Holt-Lunstad, ha incrociato i risultati di 70 ricerche su un campione di oltre 3 milioni di persone, arrivando ad una conclusione: solitudine e isolamento sociale influiscono negativamente sull’aspettativa di vita, persino più di altri fattori gravi come l’obesità.
Essere socialmente attivi aumenta l’aspettativa di vita
Restano ancora avvolte nel mistero le ragioni per cui essere socialmente attivi porti così beneficio. Diversi studi se ne sono già occupati. Si è visto, ad esempio, come la sensazione di essere amati sviluppi una risposta positiva nel sistema immunitario, riducendo il rischio di infezioni e infiammazioni. Del resto, come testimoniano anche gli studi condotti sui primati, alcuni effetti negativi associati all’isolamento sono legati allo stress psicologico e alla depressione. Entrambi fattori che possono condurre ad infarto e ictus cerebrale.
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