SPAZIO ALLA REDAZIONE
“Si conclude qui la mia avventura a 50&Più. Una lunga strada fatta di giornalismo di qualità, impegno civile, culturale, e in difesa dei principî e dei valori della società”
Direttrice responsabile 50&Più Giovanna Vecchiotti
«Non piangere perché è finita, sorridi perché è successo».
Le parole di Gabriel García Márquez mi accompagnano mentre sfoglio il susseguirsi degli articoli di questo numero di aprile, prima di dare l’ “ok, si stampi” per l’ultima volta. Si chiude qui, infatti, la mia avventura come direttore responsabile di 50&Più: lascio la rivista dopo dodici anni di direzione e dopo 36 anni di servizio prestato nella redazione della prima e più importante pubblicazione dedicata ai senior e al loro mondo. Una vita. Ripenso a quando varcai per la prima volta il portone di via del Melangolo, a Roma: ero una giovane donna che ancora non aveva figli, ora che ne esco sono una nonna.
In questi frangenti è facile guardarsi indietro e far scorrere come un film la propria vita professionale e personale. E sorprendersi.
L’approdo a 50&Più è stato casuale: laureata in psicologia, avrei dovuto far parte di un centro d’ascolto dedicato agli anziani soli che l’associazione 50&Più avrebbe voluto allestire. Ma in attesa che ciò accadesse, fui “provvisoriamente” assegnata alla redazione della rivista, in quel momento sotto organico. Doveva essere un incarico temporaneo; non mi sono più mossa. Ho sempre pensato che forse il destino aveva già scelto per me: con un cognome come il mio non potevo che lavorare a 50&Più; se mi fossi chiamata Giovanotti forse mi sarei dedicata alla letteratura infantile.
«Devi pensare come una persona anziana – mi dissero la prima volta che andai ad una riunione di redazione -, devi capire che cosa interessa al pubblico adulto e come ci si sente quando si hanno 50-60-70 e più anni». Un compito arduo per chi, come me, aveva meno di 30 anni, un compito reso più difficile dalla linea editoriale che seguiva la rivista: gli anziani erano una risorsa per la comunità, non un peso. Un concetto rivoluzionario per l’epoca nella quale il popolo dai capelli bianchi era sommerso da stereotipi. Il giornale voleva accendere una luce su quella terza età che la società faticava a vedere nella sua dimensione più vera, e si poneva dalla parte dei lettori anziani analizzando la loro vita, le loro necessità, le problematiche e le potenzialità ignorate che possedevano. Nel panorama editoriale italiano non esisteva nulla del genere.
E man mano che aumentava il successo della rivista e si apriva la strada alla sua edizione on-line, scorrevano gli anni, straordinari e imprevedibili: la caduta del muro di Berlino, l’invenzione del web e l’avvento del digitale, l’attentato alle Torri gemelle, le dimissioni di Benedetto XVI con l’inusuale convivenza di due Papi, i trionfi dello sport italiano, e poi la pandemia di Covid-19, il cambiamento climatico, la guerra alle porte dell’Europa, solo per citare alcuni eventi.
Un mondo in evoluzione che ho avuto il privilegio di raccontare insieme a tantissimi testimonial. Una narrazione, un impegno civile, culturale e sociale che ho sempre portato avanti con onestà intellettuale, equilibrio, senso di responsabilità e verità, doveri primari nei confronti dei lettori, veri referenti di un giornalista.
Qualcuno mi ha chiesto: «Cosa porti via con te?». Ho risposto senza pensarci: «L’affetto delle persone».
L’affetto dei giornalisti che hanno percorso con me un tratto di vita: da quelli con più esperienza che, soprattutto all’inizio della mia carriera, mi hanno aiutato con i loro consigli, a quelli più giovani, tanti, che pieni di speranza mi hanno chiesto di poter scrivere sulla rivista. In molti hanno iniziato il loro itinerario giornalistico sulle pagine di 50&Più e in tanti sono rimasti a collaborare riconoscendosi nei nostri valori. Porto con me l’affetto dei colleghi della redazione, una piccola, grande, infaticabile squadra la cui vicinanza è stata determinante dal punto di vista professionale ma anche da quello personale, quando una grave malattia stava per porre la parola fine alla mia vita. L’affetto dei lettori, che mi hanno seguito e sostenuto e da cui ho ricevuto la forza vitale per continuare a svolgere bene il mio lavoro. E porto con me l’amore dei miei figli, che hanno sempre compreso il mio grande impegno nel lavoro, e con cui ho condiviso gioie e dolori, successi e fatiche di una professione tra le più belle al mondo.
Disse il Cappellaio Matto: «Il segreto cara Alice, è circondarsi di persone che ti facciano sorridere il cuore. È allora, solo allora, che troverai il Paese delle Meraviglie». Beh, quel paese io l’ho trovato.
Buona vita a tutti.
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