Secondo il Servizio Analisi Criminale del Dipartimento Centrale della Polizia, tra il 2019 e il 2022 le donne vittime in ambito familiare/affettivo sono aumentate del 10%
“Un femminicidio annunciato”: una frase che sentiamo spesso. Che siano i centri antiviolenza che hanno preso in carico la vittima, i parenti, le istituzioni, i rappresentanti delle forze dell’ordine a pronunciarla non è importante. Colpisce quella percezione di inevitabilità prima che il fatto accada e, subito dopo, quella sensazione che qualcosa poteva essere fatto per evitarlo. L’ultimo femminicidio, in ordine di tempo mentre scriviamo, è avvenuto a Cerreto d’Esi, in provincia di Ancona. Lei, la vittima, si chiamava Concetta Marruocco. Era infermiera, si occupava degli altri. Aveva 53 anni, alle spalle 20 anni di botte e tormenti. Aveva avuto il coraggio di denunciare il marito, avviare la separazione e un processo per maltrattamenti con tanto di divieto di avvicinamento e obbligo di braccialetto elettronico per l’uomo. Non è servito a nulla. Nella notte tra il 13 e il 14 ottobre l’ennesima lite. Decine di coltellate hanno tolto la voce ad una donna che voleva essere d’aiuto ad altre che stavano vivendo il suo stesso incubo.
Il controsenso di un’emergenza “cronica”
Non manca molto al termine di questo 2023, ma dal fondo si intravede già il finale. Se consideriamo la lunga scia di violenze e omicidi di cui moltissime donne sono state vittime, quella che si prova è una sensazione di dejà vu. Gli avvenimenti che l’informazione ha narrato giorno per giorno si sovrappongono alle statistiche, ai numeri e alle forme di un fenomeno tanto concreto quanto scivoloso. Concreto perché le vittime hanno un volto, una storia. Scivoloso perché spesso tutto resta un’esperienza “sommersa”, sino ad un epilogo che poteva essere evitato.
Al netto del Codice Rosso del 2019 che ha concentrato gli sforzi sui cosiddetti reati “spia” e del Piano nazionale contro la violenza di genere, approvato nel 2022, i numeri del Ministero dell’Interno non confortano. Lo conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, il fatto che la violenza sulle donne sia ormai un’emergenza “cronicizzata”, un ossimoro sociale che è molto più di una questione di ordine pubblico. È un problema culturale: chi commette un femminicidio sembra attirare su di sé un’inquietante legittimazione.
La famiglia teatro di violenze e omicidi
I dati elaborati dal Servizio Analisi Criminale (SAC) del Dipartimento Centrale della Polizia raccontano, per primi, gli effetti della violenza sulle donne in Italia. Come questa consumi pezzo per pezzo la loro sicurezza e dignità. Il report, realizzato ogni settimana sugli omicidi volontari, non è unicamente una panoramica generale, ma si focalizza sulla situazione femminile del nostro Paese.
Tra il 1° gennaio e il 15 ottobre di quest’anno su 93 donne vittime di omicidio, 77 hanno trovato la morte in un ambito familiare o affettivo. Di queste ultime 49 sono state uccise dal partner o ex partner. Rispetto allo stesso periodo del 2022 si è verificato un incremento: lo scorso anno le donne vittime di omicidio erano 86; quelle uccise in ambito familiare/affettivo 75, di cui 45 quelle assassinate per mano del partner o ex partner.
La famiglia, insomma, continua ad essere l’ambiente più problematico. Proprio quel posto che dovrebbe rappresentare protezione, legame, affetto e rifugio, è in realtà un pericolo. Sempre secondo il SAC, tra il 2019 e il 2022, le vittime donne in ambito familiare/affettivo sono cresciute del 10%, passando in quattro anni da 94 a 103. Questo stride con la progressiva diminuzione degli omicidi volontari dagli Anni ’90 a oggi. Secondo i dati Istat 2021, siamo uno dei Paesi UE con il tasso più basso: appena 0,51 vittime ogni 100.000 abitanti. Eppure,
in proporzione, è elevato il numero di donne uccise da persone loro vicine. Nel 2021, ad esempio, secondo l’Istat, su 139 persone uccise in una relazione di coppia o in famiglia, 100 erano donne.
Reati come gli atti persecutori, i maltrattamenti e le violenze sessuali producono seri danni fisici e psicologici. Tra il 2019 e il 2022 – secondo il SAC – hanno riguardato soprattutto le donne rispetto al totale delle vittime, attestandosi intorno al 75% nel primo caso, tra l’81% e l’83% nel secondo e tra il 91% e il 93% nel terzo. Nel 2022, mentre i maltrattamenti e gli atti persecutori si sono ridotti, sono aumentate le violenze sessuali. Tuttavia, l’incremento di quest’ultimo dato si può leggere, in parte, con un parziale “affiorare del sommerso”: forse la prova di una aumentata sensibilità verso il fenomeno e di una maggiore propensione a denunciare.
La violenza in tarda età e la difficoltà a riconoscersi vittima
Pensare che le vittime di violenza siano sempre donne giovani o, al massimo, mature è fuorviante. Abusi e maltrattamenti sono diffusi anche tra le donne over 65 che sembrano più fragili e invisibili davanti a un fenomeno in crescita e sottostimato. In un caso su due è il partner l’autore degli abusi, seguono un fratello e, nel 20% dei casi, persino un figlio. È quanto emerge dall’indagine Io, di me, farò una rivoluzione. Le forme di violenza di genere nella popolazione anziana, realizzata dallo SPI insiemeall’Istituto Ricerche Economiche e Sociali – Emilia-Romagna sondando circa 8.000 persone per lo più over 65 (77% donne, 23% uomini). Il 65% delle donne intervistate ha dichiarato di aver subito almeno un comportamento violento in vita. Sono la casa, l’ambiente familiare e il ménage di coppia a nascondere, anche qui, pericoli e vessazioni. Tutto è vissuto nel silenzio perché non alimenti scandali e la famiglia resti unita. Sono questi stereotipi a fare sì che le stesse vittime stentino a riconoscersi tali – una donna su tre non ne parla e se lo fa preferisce amici o familiari, non le forze dell’ordine -, persino a riconoscere una violenza subdola come la deprivazione economica.
È nelle parole pronunciate nella Giornata Internazionale della Donna 2022 dal Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, che troviamo una fotografia di questa realtà e allo stesso tempo un messaggio di speranza: «La disuguaglianza di genere è essenzialmente una questione di potere, in un mondo e in una cultura dominati dagli uomini. Queste relazioni di potere devono essere invertite. Non possiamo riemergere dalla pandemia con un orologio che va all’indietro sulla questione dell’uguaglianza di genere. Dobbiamo rimetterne le lancette in avanti sui diritti delle donne».
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