“Mistero negli abissi”: potrebbe intitolarsi così l’autentico romanzo che i media internazionali hanno costruito per quattro giorni intorno al sottomarino Titan. Il gioiello tecnologico della società americana OceanGate Explorations, immersosi la mattina del 18 giugno al largo di Saint John’s (la città capoluogo dell’isola canadese di Terranova) per portare cinque passeggeri in visita al relitto del Titanic, a quasi 4000 metri di profondità.
I passeggeri a bordo del Titan
Oltre all’amministratore delegato dell’OceanGate, Stockton Rush (61 anni), che pilotava il mezzo, il Titan trasportava il miliardario britannico Hamish Harding (59), l’operatore francese Paul-Henri Nargeolet (77), il magnate pakistano Shahzada Dawood (48) e il figlio diciannovenne Suleman. Ognuno dei quali aveva pagato per il viaggio un biglietto di 250.000 dollari.
La scomparsa e le ricerche
Dopo circa due ore dall’immersione il sottomarino ha perso contatto con la nave madre, la Polar Prince, senza più dare segnali di sé. Otto ore dopo, nel tardo pomeriggio, la segnalazione della scomparsa ha dato inizio alle ricerche (condotte da mezzi americani, canadesi e britannici) e innescato l’apprensione e le fantasticherie dell’opinione pubblica internazionale. Il legame col Titanic (la moglie di Rush è pronipote di due passeggeri di prima classe del transatlantico morti nel 1912) e i contorni estremi della vicenda hanno acceso l’immaginario collettivo. Per giorni si è speculato sulla lotta contro il tempo per salvare i passeggeri prima che la riserva di ossigeno del Titan (circa 96 ore) si esaurisse. Si è immaginata la loro lenta agonia, occhi negli occhi con la morte, mentre l’aria del cilindro di appena sei metri che li ospitava nel buio delle profondità oceaniche si faceva irrespirabile.
Il terribile epilogo e le questioni sollevate
La realtà, per una volta, è stata meno fantasiosa e più tragica di tutte le ipotesi. Il Titan, ha dichiarato infine la Guardia Costiera americana, era imploso per una “catastrofica perdita di pressione” dovuta a un cedimento strutturale poche ore dopo l’immersione. Il ritrovamento dei relitti del sottomarino – la mattina del 22 giugno, a circa duecento metri da quelli del Titanic – ha messo fine a ogni speculazione e ogni speranza. Il terribile epilogo, peraltro, ha lasciato una scia di questioni tecniche e mediatiche.
L’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha denunciato l’eccessivo rilievo dato dai mezzi di comunicazione alla vicenda, in rapporto a episodi più gravi (come l’ultimo, tremendo naufragio di migranti nel mare della Grecia) e quasi passati sotto silenzio nei media americani. Mike Reiss, produttore dei Simpson e già passeggero del Titan nel luglio del 2022, ha ricordato che “la morte faceva parte del pacchetto”: la liberatoria richiesta ai passeggeri ne menzionava più volte, esplicitamente, l’eventualità. La comunità scientifica si divide: c’è chi consiglia di attendere l’esito delle indagini per capire meglio la dinamica dell’incidente e chi afferma fin d’ora che il Titan era mal concepito e mal realizzato. Per gli amanti della letteratura, Conrad (“il mare è imperscrutabile come il destino”) batte il capitano Nemo e la sua baldanzosa fede negli abissi.
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