Un sondaggio condotto dall’Istituto Superiore della Sanità su persone fragili, familiari, caregiver e associazioni rivela che meno del 10% dei pazienti ha potuto utilizzare la tecnologia per l’assistenza e in quasi un terzo dei casi ha riscontrato problemi, anche se oltre il 50% vorrebbe accedere a questi servizi.
Anche se la tecnologia è ormai parte integrante delle nostre vite, per i più fragili la telemedicina è ancora un’utopia. Durante la pandemia meno del 10% dei pazienti ha potuto utilizzare la tecnologia per l’assistenza e in quasi un terzo dei casi ha riscontrato problemi, anche se oltre il 50% vorrebbe accedere a questi servizi. È questo il risultato del sondaggio “Le tecnologie al sostegno della fragilità, disabilità e malattie rare: l’esperienza Covid-19” realizzato dall’Istituto Superiore della Sanità (ISS).
Un sondaggio per pazienti e caregiver
Sono stati 350 i partecipanti al sondaggio, un questionario di 49 domande realizzato dal Centro Nazionale Tecnologie Innovative in Sanità Pubblica (TISP) e dal Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR) dell’ISS.A rispondere nella maggior parte dei casi i pazienti o persone che rispondevano per loro conto (313), ma anche familiari, caregiver e rappresentanti di associazioni. L’età media delle persone fragili che hanno partecipato è di 32,4 anni, con un’età massima di 79 anni ed un’età minima di 2 anni. Tutti i pazienti che hanno partecipato al sondaggio hanno dichiarato di avere una disabilità o fragilità, e di questi il 51,1% (160) hanno riferito di avere una malattia rara.
Due le Regioni maggiormente coinvolte: il Lazio e la Lombardia. “Rappresentano due Regioni importanti sia per quanto riguarda l’evoluzione del Covid-19 – si spiega nel Rapporto che ha raccolto gli esiti dell’indagine – che per la presenza di realtà cittadine e metropolitane importanti e per attività industriale e della pubblica amministrazione”.
Dei 169 intervistati con un lavoro (incluse 2 persone in cassa integrazione), l’86,39% dichiara di essere un lavoratore dipendente. Il 70,41% (119) dei rispondenti lavoratori ha dichiarato di lavorare da casa. “Sebbene sia una percentuale abbastanza alta – osserva l’ISS -, stupisce il fatto che sia comparabile alla percentuale riscontrate genericamente nella pubblica amministrazione, pur trattandosi di lavoratori fragili”. Lo smart working si conferma inoltre frutto dell’emergenza: quasi il 90% degli intervistati, infatti, ha iniziato questa modalità di lavoro durante la pandemia.
Su WhatsApp e Facebook sempre online
La prima parte del sondaggio è stata dedicata alle persone fragili e a chi rispondeva per loro conto. Solo un intervistato ha dichiarato di non avere pc, smartphone o tablet, confermando come ormai la tecnologia faccia parte integrante della vita e del quotidiano di tutti noi. Sono i personal computer e gli smartphone gli strumenti più utilizzati. Oltre il 90% dei rispondenti ha inoltre dichiarato di far uso di social network e/o applicazioni di messaggistica per tenersi in contatto con amici e parenti. Un utilizzo particolarmente intenso durante il lockdown. Fra le applicazioni più diffuse, WhatsApp, Facebook e Messenger. Un terzo degli intervistati ha dichiarato invece di utilizzare App generiche, per lo più per le videoconferenze di lavoro o per la didattica a distanza.
Ma l’assistenza e le cure specialistiche sono ancora offline
Nonostante, dunque, un aumentato utilizzo delle tecnologie generiche basate, grazie alla connessione in rete, sulla mobile health (mHealth) ed electronic health (eHealth), quando si passa alle tecnologie specialistiche, solo 35 persone su 313 dichiarano di utilizzare una App di supporto per la propria fragilità o disabilità. “Emerge l’uso di un’ampia varietà di strumenti, che vanno dalla categoria dei giochi cognitivi fino alle App per il monitoraggio dell’attività fisica o supporto alla videoscrittura”.
Si ricorre ancora pochissimo ai servizi di teleassistenza. Oltre il 90% degli intervistati ha risposto di non utilizzare o di non avere a disposizione questo tipo di tecnologia. “Solo il 9,26% dei partecipanti ha potuto fruire di tali servizi – si spiega nel report -, percentuale decisamente bassa, che pone questo fra gli aspetti critici da affrontare con urgenza”. E conferma che c’è un gran da fare nell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il PNRR punta proprio sull’assistenza domiciliare digitalizzata per riformare il Servizio Sanitario nazionale e il Welfare su misura dei più fragili.
Un terzo degli intervistati ha avuto problemi con la telemedicina
Nel 31% dei casi di chi ha potuto accedere ai servizi di telemedicina, si sono riscontrati problemi nella somministrazione dei servizi. Problemi dovuti in particolare all’ansia per via della nuova modalità di somministrazione o alla distrazione per la somministrazione non in presenza. Fra i suggerimenti da parte dei pazienti, spiccano le richieste di migliorare il supporto psicologico, la connessione di rete, le modalità di erogazione.
La teleassistenza: disponibile per pochi, desiderata da tanti
Solo poco più del 9% degli intervistati ha la possibilità di utilizzare la teleassistenza. Eppure il 56% di chi non può usufruire di tali tecnologie ha espresso un forte desiderio di poter accedere ad esse. La maggior parte ritiene che la tecnologia potrà essere utile in futuro. “Questi risultati – osserva l’ISS – pongono un importante interrogativo sul fatto che ad una chiara domanda/aspettativa di tecnologia non corrisponda una offerta soddisfacente ed efficace”.
Cosa dicono (e desiderano) i caregiver
Una seconda parte del sondaggio è stata infine dedicata a familiari e caregiver delle persone con disabilità e fragilità. Solo il 23,7% di loro ha dichiarato di essersi avvalso di App per la vigilanza farmacologica. Prevale inoltre il “no” alla domanda sull’adeguatezza e fruibilità degli eventuali strumenti tecnologici in dotazione a domicilio. Sono emerse situazioni di difficoltà nel 53% dei casi. “Tutte riconducibili alla discontinuità assistenziale e, in particolare, alla forte riduzione dell’erogazione delle terapie di supporto e della riabilitazione in presenza” a causa della pandemia.
Circa il 55% degli intervistati, inoltre, ha denunciato un aggravamento di disturbi o patologie in questo periodo emergenziale. E quasi l’87% dei caregiver intervistati ritiene che sarebbe utile ricevere una formazione specifica sull’utilizzo delle tecnologie per l’assistenza alla persona fragile.
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