Jeanette and Jon vivono in Scozia e dallo scorso agosto hanno adottato un fantastico cane Labrador di 3 anni e mezzo di nome Lenny. Sembrerebbe una storia di amore a 4 zampe come tante, se non fosse che Lenny non proviene da un canile o da un rifugio per cani, ma da un’organizzazione no profit chiamata “Dementia Dog”.
Jon, che soffre di una forma iniziale di demenza, ha conosciuto il suo nuovo amico attraverso l’Associazione scozzese per i malati di Alzheimer. Dementia Dog è un progetto pilota nato in Scozia, ma attualmente in atto anche in Australia, che esplora le numerose possibilità che la compagnia di un cane può offrire ai pazienti malati di demenza, sia dal punto di vista emotivo che sociale.
Da quando la malattia l’ha colpito nel 2016, Jon, che ha 76 anni, è caduto in una forte depressione. Sua moglie Jeannette, parlando del momento in cui sono stati messi al corrente della diagnosi, ricorda: «È stato come se tutto il mondo si fosse chiuso intorno a noi». I dottori, sapendo che suo marito aveva da giovane posseduto dei cani, le hanno suggerito di prenderne uno in casa, e da allora: «È stato come se il mondo si fosse spalancato di nuovo intorno a noi».
Jeannette ha 73 anni e prima di ora non si era mai occupata di un animale domestico, ma da quando è arrivato Lenny anche la sua vita è cambiata in meglio. Ora sono una squadra e insieme possono essere un valido aiuto per Jon. Lenny, infatti, con il suo speciale giacchetto verde, che lo identifica come cane guida, può seguirli ovunque nei luoghi pubblici, come caffè e ospedali, e accompagnarli in lunghe passeggiate, quando la condizione di Jon lo permette.
Ma il suo aiuto non si limita a questo: Lenny sa chiudere una porta e sa come aiutare Jon a togliersi i vestiti quando rientra in casa. Inoltre, portando sempre con sé un astuccio nel quale sono riposte le medicine che Jon deve assumere regolarmente, lo aiuta a non dimenticarle.
«Certo – continua Jeannette – il semplice fatto di vivere con un cane non è una cura miracolosa, ma permette di affrontare i sintomi della malattia con un approccio positivo. Lenny, con la sua intelligenza e sensibilità, ci ha offerto qualcosa molto difficile da quantificare, ma importantissima: ci ha riavvicinati l’uno all’altra, dandoci di nuovo qualcosa da condividere».
Fiona Corner (nel video accanto), responsabile del progetto “Dementia Dog”, sottolinea come i cani non solo aiutino a mantenere in casa una routine ed uno scopo quotidiano, scandendo con la loro presenza i vari momenti della giornata, ma riducano l’isolamento favorendo nei malati una maggiore fiducia. Inoltre, contribuiscono a mantenere unite le famiglie con la cura e la novità portata dal nuovo amico.
Il programma di “Dementia Dog” si articola su due livelli, essendo rivolto sia a coloro che, nei primi stadi della malattia, – come Jon e Jeannette – possono convivere con un cane, sia a coloro che non hanno questa possibilità. Per questi ultimi, infatti, l’Associazione ha sviluppato attività anche all’interno di diversi centri comunitari, come le case di cura.
Qui il cane lavora con un singolo addestratore (coadiuvato da personale socio sanitario specializzato) per far sì che più malati possano migliorare la propria condizione. Attraverso appuntamenti scanditi da almeno 6 o 8 visite settimanali, la persona sofferente di Alzheimer impara a trovare nuova fiducia in sé, grazie al raggiungimento di singoli obiettivi, come uscire, prendere l’autobus, migliorare il movimento con esercizi di pet therapy.
Il progetto prevede anche una serie di incontri a cui possono partecipare i malati e i loro familiari. Questi momenti sono importanti per la socializzazione e per fare in modo che volontari qualificati possano mostrare l’importanza della speciale compagnia che solo un cane riesce a dare.
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