Una cooperativa di comunità fondata, a febbraio di quest’anno, da giovani abitanti del rione di Napoli cresciuti sull’esempio di don Antonio Loffredo Rebecca Rocco racconta il progetto
Dodici amici, un sogno in comune e un patrimonio da valorizzare. Sono questi gli ingredienti di una bella storia che arriva da Napoli, dal rione Sanità, per tanti anni simbolo di degrado e malavita: oggi uno dei quartieri più conosciuti e apprezzati della città partenopea, anche grazie al loro impegno. I protagonisti sono giovani abitanti, hanno tra i 23 e i 28 anni e vengono da esperienze sociali di vario tipo, dalla musica allo sport. Si sono formati sulla scia de La paranza (cooperativa che dal 2009 gestisce le catacombe di Napoli), quando don Antonio Loffredo, parroco del rione, ha iniziato a coordinare il recupero e la valorizzazione del patrimonio artistico-religioso della Sanità.
Dopo mesi di ‘prove generali’, i ragazzi hanno fatto il loro ingresso sulla scena con La sorte, prima cooperativa di comunità di Napoli, con l’obiettivo di restituire dignità ai luoghi e creare nuove opportunità di lavoro. Era il 13 febbraio di quest’anno quando, per i dodici amici, inizia un’avventura impegnata ma gratificante: «Lo so, può sembrare retorica ma se lavori con entusiasmo ogni giorno ti sembrerà di non lavorare mai – ci racconta Rebecca Rocco, 23 anni, dell’Ufficio comunicazione della Cooperativa -. Siamo sempre stati spettatori del cambiamento fino a quando non abbiamo assunto la consapevolezza che fosse giusto valorizzare i tesori del nostro quartiere per restituirli agli abitanti del rione e ai turisti. Siamo cresciuti in questa realtà e, in un rione difficile come la Sanità, abbiamo imparato a guardare il bello con occhi diversi».
Come nasce La sorte?
La cooperativa La Paranza, durante la pandemia, ha ideato il progetto ‘Luce al Rione Sanità’ per restituire luce, appunto, alle zone più periferiche del quartiere. Tra le prime attività del progetto, la riqualificazione della Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi – primo vescovo di Napoli – e della Chiesa di Santa Maria Maddalena ai Cristallini. A prendersi cura di questi luoghi c’erano dodici giovani del quartiere, amici tra loro. È così che è iniziata la nostra storia.
Perché questo nome?
Il nome è stato estratto a sorte (ride). Ognuno di noi aveva una proposta, non riuscivamo a decidere quale fosse la più adatta e allora abbiamo deciso di scrivere ogni proposta su un biglietto e di aggiungerne un altro, ‘la sorte’, poiché affidavamo al destino la scelta. Abbiamo messo tutti i nomi in un cestino, ci siamo messi sotto la cupola della Chiesa e ne abbiamo estratto uno: è uscito ‘la sorte’ ed è diventato la nostra scelta.
Cosa vi tiene uniti?
La comunità per noi è la cosa più importante perché i beni comuni sono beni di comunità e ogni volta che apriamo le porte delle chiese restituiamo al quartiere il suo patrimonio. Per gli abitanti della Sanità, infatti, l’accesso è gratuito proprio perché vogliamo che quante più persone si avvicinino all’arte e alla cultura.
Quali sono i beni di cui vi occupate?
Oggi ci prendiamo cura della Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, un complesso religioso ancora consacrato che accoglie al suo interno lo Jago Museum (mediante una convenzione sottoscritta dal Fondo Edifici di Culto e dalla Parrocchia di Santa Maria della Sanità), della Chiesa Blu dei Cristallini e della Basilica di San Severo fuori le Mura con il Figlio Velato di Jago, esposto nella Cappella dei Bianchi. È in questi spazi che raccontiamo casa nostra, che mettiamo a disposizione di tutti, abitanti e turisti, l’arte e la bellezza.
Ti lascio con una domanda, che cos’è per te la bellezza?
La bellezza per me è rappresentata dalle persone del quartiere, dalla bellezza dell’arte, dai giovani che vivono nel rione, dalla voglia di riscatto che hanno nonostante tutto quello che accade intorno e quello che la cronaca racconta. Non solo, la bellezza per me è il lavoro e la cura, soprattutto la cura nel tenere saldi i legami con il rione, un patrimonio che è casa nostra.
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