La proposta di un gruppo di professionisti della sanità in vista della riforma promossa nell’ambito del PNRR: un sistema di assistenza sanitaria che metta al centro non solo il trattamento della malattia, ma la prossimità delle cure, il benessere, le persone e le comunità attraverso la rete dei Distretti e delle Case della Comunità.
Spostare l’accento dalla performance medica alla prevenzione e partecipazione in salute. Si basa su questo passaggio la proposta del “Libro Azzurro per la riforma delle cure primarie in Italia”. Frutto del lavoro di un gruppo di professionisti sanitari, il Libro Azzurro si ispira alla prospettiva della “Primary Health Care“. E propone sette linee guida per riformare il nostro Servizio Sanitario Nazionale.
La cura è partecipare: la proposta in vista della riforma del PNRR
Un nuovo modo di concepire il sistema di assistenza sanitaria che mette al centro non solo il trattamento della malattia, ma la prossimità delle cure, il benessere, le persone e le comunità. Nella convinzione che le politiche per la salute non riguardano solo una dimensione prettamente sanitaria, ma coinvolgono tutti gli ambiti sociali e i nostri stili di vita: dall’alimentazione al lavoro; dall’educazione ai trasporti; dall’attività fisica all’abitare. Una novità? Non proprio, visto che la Primary Health Care è stata proposta già nel 1978 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ma lo sarebbe sicuramente nel nostro Paese. Un Paese alle prese con l’opportunità di una profonda riorganizzazione della sanità territoriale e delle cure di prossimità sotto la spinta del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Proprio in questo contesto, si inserisce il lavoro del team di medici e sanitari del “Libro Azzurro per la riforma delle cure primarie in Italia”. La proposta è aperta alla sottoscrizione di singoli e associazioni; hanno aderito già diverse organizzazioni attive nel campo della promozione e della tutela della salute.
Le cure devono essere “vicine” a noi
La prima delle linee guida del Libro Azzurro è “territorializzare le cure primarie”. Mentre l’attuale modello sanitario è centrato sulla malattia, il modello territoriale è centrato sulla salute. Questo comporta una più facile conoscenza reciproca e collaborazioni a più livelli, sia fra professionisti della salute e pazienti che fra operatori di diverse discipline, anche in un’ottica di educazione permanente.
A fare da impalcatura a questa rete di relazioni è un’organizzazione territoriale su tre livelli fondamentali: il Distretto, la Casa della Comunità e la Microarea. Con una popolazione tra i 4.000 e i 10.000 abitanti a seconda delle caratteristiche geografiche, sociali, demografiche del territorio, “la dimensione della microarea dev’essere tale da non creare un rapporto uno a uno tra cittadino e professionisti di riferimento” spiega il Libro Azzurro. I professionisti della sanità entrano a far parte sia dell’equipe di base che di un team allargato che opera su più microaree (o su più Case della Comunità).
La definizione dell’equipe di base e dell’equipe allargata viene svolta a livello della Casa della Comunità. È la Casa della Comunità che coordina più microaree, a sua volta in coordinamento col Distretto. La Casa è inoltre la sede fisica degli operatori sanitari. Nel caso ciò non fosse possibile o di difficile realizzazione, come ad esempio nelle aree interne o montane, la sede può essere fisicamente collocata nelle microaree; garantendo però uno stretto legame e coordinamento con la Casa della Comunità, anche avvalendosi delle potenzialità messe a disposizione dalla tecnologia.
Una nuova sanità all’insegna di partecipazione ed educazione permanente
Un altro passo fondamentale per la riorganizzazione delle cure primarie è la costruzione di reti stabili tra istituzioni, associazioni, comunità e singole persone. La partecipazione attiva della comunità alla definizione del nuovo sistema di assistenza è fondamentale per diffondere buone pratiche e in una logica di educazione permanente alla salute e al benessere, non solo degli operatori ma anche dei cittadini.
Affinché le politiche e gli interventi sanitari siano in grado di dare risposte adeguate alle esigenze dei singoli territori, la gestione delle politiche sanitarie e della salute deve essere decentralizzata nelle comunità. Come? Valorizzando il ruolo del distretto e delle equipe territoriali, favorendo l’auto-organizzazione interna delle Case della Comunità e delle reti assistenziali integrate. Questo in una cornice comune, che ponga i principi dell’equità e della giustizia quali guida per le singole comunità.
Per i sottoscrittori del Libro Azzurro è inoltre essenziale costruire “una collaborazione strutturata tra servizi, comunità e università” per sostenere le azioni di ricerca e formazione permanenti, capaci di dare risposta alle domande provenienti dalle reti locali.
Potenziare il Distretto sociale e sanitario
Il PNRR offre l’occasione di superare “l’incompleta e disomogenea attuazione delle indicazioni normative nazionali nelle diverse regioni”. Per gli autori del Libro Azzurro, questo può avvenire individuando nel “Distretto Sociale e Sanitario” il punto cardinale della nuova sanità territoriale. Al Distretto deve essere assegnato il compito di coordinare l’assistenza territoriale e di organizzare le risposte ai bisogni della popolazione, con particolare attenzione a persone con problemi di salute di nuova emergenza; malati cronici; non autosufficienti o con bisogni di assistenza complessi; persone che hanno bisogno di cure palliative. É a livello di Distretto che deve inoltre essere attivata la Centrale Operativa Territoriale (COT): il PNRR ne prevede 602, con la funzione di collegare e coordinare i servizi domiciliari con i servizi territoriali, sociosanitari, ospedalieri e con la rete di emergenza, ma anche monitorare da remoto i dispositivi forniti ai pazienti, e supportare lo scambio di informazioni tra gli operatori sanitari.
Verso la rivoluzione culturale della Casa della Comunità
Le Case di Comunità sono un cambiamento “non solo organizzativo ma soprattutto culturale”. “Questo cambiamento – spiega ancora il Libro Azzurro – implica che compito della nuova organizzazione del territorio non sia solo la cura o la prevenzione delle patologie, ma anche temi come l’inclusione sociale, la giustizia, l’equità, il rispetto di sé e della dignità, di ogni persona, l’accesso ai diritti di base come l’istruzione, il lavoro, la casa e la partecipazione, in un contesto di ecologia integrale, anche adottando strumenti come il budget di salute”. Obiettivo, un “nuovo welfare generativo”, luogo di tutela e promozione della giustizia sociale e dell’equità nell’accesso a diritti di base quali la salute e il lavoro.
Il Libro Azzurro appoggia in questa ottica la nascita dei PUA, i Punti Unici di Accesso già previsti dalla Legge di Bilancio 2022 che dovrebbero rappresentare il punto di prima accoglienza delle richieste dei cittadini, nonché il luogo di accesso ai servizi specifici presenti sul territorio di competenza.
Uno spazio di cura, di rete, di formazione
Ambulatori all’avanguardia; sala diagnostica dotata di strumentazione di base; sala di riabilitazione adatta a tutte le fasi della vita, dall’infanzia all’età matura; uffici per i servizi sociali; stanza per i colloqui “difficili”; sala multifunzionale della comunità, polivalente e versatile (sala conferenze, palestra, incontri di associazioni, educazione sanitaria, riunioni comunitarie, spazio baby).
Questi dovrebbero essere gli spazi essenziali della Casa della Comunità secondo gli autori del Libro Azzurro, dotati dei più avanzati strumenti tecnologici e di telemedicina. Da collocare, dove possibile, all’interno o nelle adiacenze di spazi verdi. Questo per consentire la creazione di attività di promozione e protezione della salute e dell’ambiente, terapeutiche e riabilitative; sia per i cittadini che per gli operatori, sia individuali che collettive.
Un luogo per favorire non solo la cura, ma la creazione della rete tra associazioni di volontariato, centri diurni per anziani, centri antiviolenza, centri sportivi, oratori. Uno spazio per costruire relazione e dialogo permanente con i rappresentanti della comunità, con le associazioni, il Terzo Settore, gli istituti di formazione. Una sede principale per la formazione pre-post laurea dei professionisti sociali e sanitari del futuro.
Bisognerebbe prevedere, all’interno del territorio di competenza del distretto sociale e sanitario, almeno una Casa della Comunità ogni 50.000 abitanti. Si dovrebbe però favorire l’attivazione di Case della Comunità per territori di minore dimensione se necessario; anche valorizzando aggregazioni di medici e pediatri di base già operativi.
Curare a casa i pazienti vulnerabili
Lo sviluppo della rete di cure intermedie e domiciliari è fondamentale per garantire l’assistenza dei pazienti vulnerabili. Un punto di partenza, per il Libro Azzurro, è individuare come nodi di questa rete strutture già presenti sul territorio: le RSA; le lungodegenze ospedaliere; gli istituti di riabilitazione, a cui affiancare le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità previsti dal PNRR; ma anche l’abitazione stessa dei pazienti e i nuovi dispositivi di teleassistenza.
Oltre a definire un nuovo concetto di “cura ad alta densità” per le persone vulnerabili e i pazienti complessi, l’organizzazione del sistema di cure intermedie e domiciliari richiede un forte coinvolgimento di familiari e caregiver del paziente; ma anche delle reti di assistenza locale, perché la cura del paziente a casa coinvolge appieno tutto il suo contesto fisico e sociale (casa, famiglia, assistenti, comunità).
Formare ed educare le professioni sanitarie alle cure primarie
Il cambiamento culturale promosso dal Libro Azzurro investe anche la formazione dei professionisti della salute. Per questo, i sottoscrittori dell’iniziativa chiedono infine che le cure primarie siano una vera e propria disciplina universitaria; al centro di percorsi di formazione post-laurea, di carriera accademica e di ricerca dedicati. Così come servono dipartimenti universitari interdisciplinari che si occupino delle cure primarie, affidati e guidati da professionisti sanitari e sociali con esperienza maturata sul territorio.
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