La saggezza, ovvero quel felice equilibrio tra comportamento e consiglio, è frutto della maturità e dell’esperienza.
Dunque, il binomio vecchiaia/saggezza è inscindibile.
Ma la domanda, a questo punto, è d’obbligo: è la vecchiaia a farci diventare più saggi o è la saggezza a garantirci una lunga e serena vecchiaia? Uno studio appena pubblicato sulla rivista Aging and Mental Health fornisce una risposta molto interessante. E per farlo introduce un terzo elemento: la solitudine.
Il segreto della longevità passa per il Cilento
Lo studio, frutto di una collaborazione tra l’Università di San Diego in California (Stati Uniti) e l’Università di Roma La Sapienza, nasce dal progetto Ciao Study (Cilento on Ageing Outcomes Study, 2016), quest’ultimo lanciato per studiare il segreto della longevità nei centenari del Cilento.
Il Cilento non è nuovo a studi come questi. Qui, infatti, si contano centinaia di ultracentenari. In particolare nel paesino di Acciaroli, dove si presenta una media di 30 centenari ogni 100mila abitanti. Ma il Cilento è anche la terra dove il biologo americano Ancel Keys ebbe le prime intuizioni sui benefici di quella che sarà poi conosciuta come dieta mediterranea.
Uno studio interculturale
Da anni gli scienziati americani, impegnati nella ricerca sulla longevità, studiano il segreto dei centenari di questa parte di Italia. Questa volta i ricercatori hanno esaminato i livelli di solitudine e saggezza in 482 persone, divise in due fasce di età, quella tra i 50 e i 65 anni, e quella degli over 90. Parte delle persone analizzate vivono negli Stati Uniti, a San Diego e parte in Italia, nel Cilento. Nonostante il confronto tra due culture diverse, una regione rurale dell’Italia meridionale e una zona urbana negli Stati Uniti, il risultato è univoco. In entrambi i casi, infatti, è stata riscontrata una significativa correlazione inversa tra solitudine e saggezza.
La saggezza allontana la solitudine
Ed è proprio partendo dai dati emersi in questa ricerca che il neuropsichiatra geriatrico Dilip V. Jeste, a capo dello studio, ha dichiarato: «L’importanza della scoperta è stata la correlazione inversa tra solitudine e saggezza. Le persone con punteggi più alti in saggezza erano meno sole e viceversa. La solitudine è costantemente associata a una cattiva salute generale, una peggiore qualità del sonno e una minore felicità, mentre per la saggezza è generalmente vero il contrario».
«Solitudine e saggezza – ha proseguito Jeste – sono tratti della personalità. La maggior parte di questi sono in parte ereditari e in parte determinati dall’ambiente». Dunque, vista la concomitanza di questi due elementi, ciascuno nel corso della sua vita può lavorare per aumentare o diminuire il livello di entrambi.
Anche l’empatia ha il suo peso
La saggezza ha diverse componenti, come l’empatia, la compassione, l’autoriflessione e la regolazione emotiva (ossia la capacità di gestire le proprie emozioni). Tra questi, l’empatia e la compassione non solo favoriscono maggiormente le reazioni umane, ma sono associate a un minor rischio di solitudine e di conseguenza ad una salute migliore. In conclusione, le persone con più capacità di entrare in sintonia con il prossimo sono anche le meno sole. «Se possiamo aumentare la compassione di qualcuno, è probabile che la saggezza aumenti e la solitudine diminuisca», ha affermato David Brenner, vice rettore dell’Università di San Diego.
Saper gestire la solitudine rende più longevi
La solitudine – hanno sottolineato i ricercatori – è diventata una moderna “pandemia comportamentale” che contribuisce a peggiorare la salute fisica, cognitiva e mentale. In questo modo, però, causa anche una maggiore mortalità.
Proprio per questo il dottor Jeste sostiene che gli studi volti a ridurre la solitudine in età avanzata saranno fondamentali per il futuro dell’assistenza sanitaria: «La valutazione abituale della solitudine deve diventare parte integrante della pratica clinica e individuale». Come fare? Ricorrendo a pratiche efficaci, come la terapia cognitivo comportamentale. Per esempio, tenere un diario della gratitudine – un resoconto delle cose di cui essere grati – potrebbe essere un modo per renderci più compassionevoli. E meno soli.
I centenari del Cilento, più saggi e meno depressi
Anche il professore Salvatore Di Somma, coordinatore del progetto Ciao Study, ha commentato in modo favorevole i risultati della ricerca: «Sappiamo già che i nostri centenari sono persone sagge, i depositari del sale della vita. Ma la scienza ha bisogno di prove e noi abbiamo misurato questa saggezza. Abbiamo così scoperto le ragioni della mancanza di depressione, caratteristica dei nostri anziani. La saggezza, infatti, si misura anzitutto con la resilienza, la capacità cioè di resistere alle avversità della vita, tipica di queste terre. I centenari del Cilento, con il loro approccio positivo alla vita, dimostrano che più siamo saggi e meno siamo depressi».
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