I grandi cambiamenti non avvengono mai dal nulla anche se così appare. Sono frutto di evoluzioni lunghe nel tempo, faticose, minuscole e complesse, spesso di forte impatto sociale
Da qualche tempo l’Italia si trova in una situazione inconsueta: è l’unico paese in Europa occidentale in cui a capo dei maggiori partiti, maggioranza e opposizione, ci sono due donne; così come sono donne la Presidente della Corte costituzionale e la Presidente della Corte di Cassazione. Fino a qualche mese fa l’Italia non aveva mai avuto una Presidente del Consiglio e poco più di un anno fa si discuteva animatamente dell’opportunità di eleggere una donna Presidente della Repubblica in un paese in cui l’accesso alle posizioni apicali era alquanto ostruito. Situazione bizzarra perché l’Italia è al sessantatreesimo posto (su 146 paesi del mondo) in termini di parità di genere, secondo il Gender Gap Index, che misura il divario di genere in vari campi, dalla salute alle opportunità economiche alla partecipazione politica.
Dopo brevi scosse di assestamento, questi due fatti sono stati accettati con una certa nonchalance. Mandati in soffitta tutti gli estenuanti discorsi sul merito, sul non volere una donna solo perché donna, sulla declinazione al femminile di cariche e professioni. E forse ha aiutato anche che queste donne effettivamente siano arrivate in quelle posizioni non perché l’hanno deciso degli uomini ma per indiscutibili meriti personali.
Al di là di ogni differenza di credo politico, delle opinioni sull’operato dell’una o dell’altra, e delle diseguaglianze che ancora persistono nel nostro paese, occorre convenire che si tratta di un cambiamento epocale.
Ma com’è potuto succedere, così, senza grandi smottamenti? Da un giorno all’altro, senza segnali chiari? La verità è che il progresso non segue percorsi lineari. È un mix di lavoro portato avanti negli anni – disperso, decentralizzato, senza una guida, fatto di gesti ripetuti, iniziative, dibattiti, manifestazioni – di passi indietro e in avanti, deviazioni, momenti propizi e a volte di pura casualità.
Poi, d’un tratto, nasce qualcosa di nuovo e (apparentemente) imprevedibile. L’ha detto benissimo la scrittrice Rebecca Solnit nel suo libro Hope in the Dark:
«Dopo la pioggia, i funghi appaiono sulla superficie della terra come dal nulla. Molti emergono da quello che è un vasto sistema sotterraneo, invisibile e spesso ignoto. Ciò che noi chiamiamo fungo è per i micologi il corpo fruttifero di un organismo ben più grande ma meno visibile. Pensiamo alle sommosse e alle rivoluzioni come a eventi spontanei, ma a renderle possibili è spesso un lavoro a lungo termine di preparazione e organizzazione, un lavoro sotterraneo e meno evidente. Cambiamenti nelle idee e nei valori sono, allo stesso modo, il risultato del lavoro di innumerevoli scrittori, studiosi, intellettuali pubblici, attivisti e partecipanti sui social media. Il loro ruolo sembra insignificante o marginale fino a quando non vediamo cambiamenti reali, scaturiti da premesse nuove su chi e che cosa conta, chi dovrebbe essere ascoltato e creduto, chi ha diritti».
Se il cambiamento ci sembra apparire dal nulla come un fungo, è perché la sua evoluzione è più complessa e meno controllabile di quanto ci piaccia – o ci faccia sentire a nostro agio – credere.
È una traiettoria non lineare, e infatti bisogna stare allerta, perché i diritti delle donne sono in pericolo in tantissimi paesi. Eppure, i passi indietro non negano i successi. Il mondo migliora e peggiora per le donne. Tutte e due le cose sono vere, e per decifrare la modernità occorre esserne consapevoli. Come diceva Francis Scott Fitzgerald, segno di intelligenza è essere capaci di far convivere due pensieri contraddittori allo stesso tempo.
Bisogna tenere alta la guardia mentre si tiene viva la speranza. È un atteggiamento che permette di nutrire una fiducia sana, ma realistica, anche per altre questioni centrali del nostro tempo, dalle diseguaglianze alla crisi climatica. L’organizzatore, consulente e attivista Bill Moyer ha teorizzato l’esistenza di otto passaggi che attraversano i movimenti sociali per arrivare al successo. Dopo una fase iniziale e le prime vittorie, il momento più critico arriva all’incirca a metà del percorso: è quando, dopo l’eccitazione iniziale, subentra la stanchezza, gli obiettivi appaiono troppo grandi, o distanti nel tempo, e gli sforzi inadeguati quando non insignificanti. Sopravvivono solo i movimenti capaci di trasformarsi, di rispondere alle sfide a lungo termine, di lavorare giorno dopo giorno, anche quando l’energia e l’entusiasmo iniziale si sono spenti. Il cambiamento è reso possibile da persone capaci di fare un passo dopo l’altro senza garanzie, senza nessuna certezza di riuscire, anche quando il contributo individuale sembra irrilevante.
Il percorso lungo, sotterraneo e imprevedibile del progresso non dev’essere necessariamente fonte di angoscia. Può essere un invito a un ottimismo consapevole, una chiamata all’azione davanti a un presente frustrante, doloroso, o apparentemente immobile. Perché tutto cambia, sempre: e a volte anche per il meglio.
Gianrico Carofiglio (Bari, 1961) ha scritto racconti, romanzi e saggi. I suoi libri, sempre in vetta alle classifiche dei best seller, sono tradotti in tutto il mondo. Il suo romanzo più recente è La disciplina di Penelope.
Giorgia Carofiglio (Monopoli, 1995) si è laureata in Teoria Politica presso la University College London. Ha lavorato in un’agenzia letteraria e collabora con case editrici.
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