Nel 1991 l’allora capo del Governo francese, in occasione dell’uscita del Libro bianco sulle pensioni, profetizzò: «Qualsiasi riforma delle pensioni è destinata a far saltare qualsiasi governo». L’esplosione della “bomba previdenziale” è stata di recente commentata dall’attuale ministra della Salute e della Solidarietà sociale, Agnes Buzyn, che, in un’intervista alla tv del Figaro, ha sostenuto l’opportunità di aumentare l’età pensionabile ferma a 62 anni dal 2010 (anno dell’ultima riforma di Sarkozy). Dopo un ampio dibattito con le parti sociali affidato all’ex ministro chiracchiano Jean-Paul Delevoye, il 18 luglio scorso, è stato presentato il testo della riforma pensionistica francese.
Dovrebbe mettere ordine in un sistema che, anche a causa dell’invecchiamento della popolazione, avrà sempre più difficoltà ad affrontare l’onere pensionistico. Il sistema attuale di calcolo contributivo si basa sui trimestri lavorati (oggi ne servono 173 per avere l’assegno pensionistico pieno), ma si compone di ben 42 regimi diversi e 42 casse autonome (spesso “soccorse” dallo Stato come la cassa previdenza ferrovieri che riceve ogni anno 3,3 miliardi di euro a carico della fiscalità generale).
La riforma Macron-Delevoye, appena presentata, dovrebbe cancellare l’attuale giungla previdenziale e garantire la famosa “égalité républicaine” dopo 40 anni e più di lavoro.
Si basa su un sistema a punti che vale per tutti, dipendenti pubblici e privati, e che garantisce la promessa elettorale macroniana: per ogni euro di contributi versati ci sarà lo stesso livello pensionistico indipendentemente dal settore in cui si lavora.
Funziona, a grandi linee, così: dieci euro di contributi versati permettono di acquistare un punto. A fine carriera i punti cumulati, con un complesso calcolo attuariale, determinano l’ammontare della pensione. Nel 2025, anno in cui dovrebbe entrare in vigore la riforma, il valore del punto è stato già fissato in 0,55 euro (quindi 100 euro di contributi genereranno 5,50 euro di pensione). In futuro il calcolo dovrà tenere conto di tutte le variabili economiche (inflazione, tasso di crescita, Pil, etc.) e demografiche intervenute nel frattempo. Se la sfida è quella di tenere in equilibrio il sistema a punti e garantire equità e potere d’acquisto ai pensionati molti sono convinti che sarà difficile vincerla.
In primo luogo, parte dell’opinione pubblica e i sindacati stanno già criticando l’innalzamento dell’età pensionabile a 64 anni. Inoltre, il Csr, Comitéde suivi de retraites, agenzia pubblica insediata da Hollande per monitorare i conti della previdenza, ha diffuso dati che dimostrano un impatto positivo del nuovo provvedimento solo sui primi cinque decili dei francesi (i più poveri), mentre gli ultimi cinque decili (quelli dei lavoratori con redditi medio-alti) saranno in perdita secca. Ironicamente Eric Woerth, repubblicano, presidente della Commissione Finanze del Senato, sostiene che “più che di un sistema a punti, si tratta di un sistema di punti interrogativi”. Ma l’incognita più grande è quella politica, se lo stesso Macron ha annunciato di non voler presentare la riforma prima della primavera 2020, cioè dopo le elezioni amministrative.
© Riproduzione riservata