I ricercatori spagnoli decifrano il segreto di una medusa “immortale” accendendo le speranze di cura per le malattie legate all’invecchiamento
L’ultimo studio dell’Università spagnola di Oviedo individua la chiave dell’immortalità di una microscopica medusa chiamata Turritopsis dohrnii e i meccanismi che ne consentono il continuo ringiovanimento sfruttando l’affascinante capacità delle cellule di viaggiare indietro nel tempo. Il lavoro, spiegano i ricercatori, non ha l’ambizione di scovare le strategie per l’immortalità umana, ma si ripropone di gettare le basi per trovare le giuste risposte alle patologie tipiche dell’invecchiamento.
Le meduse sono eterne?
Il biologo molecolare Carlos Lopez-Otin è a capo del team che ha sequenziato il genoma di una piccola medusa trasparente, lunga pochi millimetri, originaria del Mar Mediterraneo. Ma cosa ha questo organismo di così tanto particolare da assurgere agli onori della cronaca scientifica? Le meduse sono apparse sul Pianeta 500 milioni di anni fa circa, non hanno né cuore né cervello, ma sono in grado di rigenerare parte del loro corpo. Anche altri animali più evoluti hanno tale capacità (pensiamo alla coda delle lucertole e ai tentacoli del polpo), ma il caso di questa medusa è particolarmente affascinante, dal momento che non viene scalfita dalla vecchiaia. E dunque muore solo se incontra un predatore.
Lo strano caso della medusa immortale
La Turritopsis dohrnii, infatti, è considerata l’unico essere sulla Terra potenzialmente immortale, in quanto capace, davanti ad una situazione di stress – fame, un cambio della temperatura o della salinità dell’acqua – di invertire il suo ciclo biologico. La stragrande maggioranza degli esseri viventi, dopo la fase riproduttiva, scivola in un inesorabile processo di invecchiamento delle cellule e dei tessuti, che culmina con la fine dell’organismo. Tuttavia, la Turritopsis dohrnii, che appena nata non ha l’aspetto di una medusa ma di un polpo, ha un’alternativa: ringiovanire. Una volta raggiunta la maturità sessuale, infatti, e dopo essersi riprodotta, scende sul fondo marino per tornare allo stato iniziale, cambiando dunque di nuovo corpo (da medusa a polpo). Un Benjamin Button degli Oceani.
Cosa c’entra il Parkinson con le meduse
I responsabili di questo processo sono dei geni correlati al processo di replicazione e riparazione del DNA, che impediscono la riduzione dei telomeri (implicati nel processo di invecchiamento), facilitano il rinnovamento della cellule madri (le staminali) e la comunicazione intercellulare e infine intervengono sullo stress ossidativo cellulare. Ossia su quel danno dell’organismo causato da un eccesso di sostanze chimiche (i famosi radicali liberi), accusato di essere implicato nel processo di morte cellulare che accompagna l’insorgere delle malattie degenerative del sistema nervoso centrale, come Parkinson e Alzheimer.
Nuova luce sulle cure delle malattie dell’invecchiamento
Intervenendo tutti questi aspetti, i geni della microscopica medusa influenzano quei meccanismi che negli esseri umani sono associati alla longevità e all’invecchiamento sano. Inoltre, lo studio approfondito dei cambiamenti nell’espressione genica durante il processo di ringiovanimento di questa medusa definita “immortale” ha permesso di scoprire che per fare ciò, le cellule sono in grado di mutare diventando qualsiasi altro tipo di cellula, dando forma così ad un nuovo organismo. Un gioco da ragazzi per questi animaletti traslucidi; un aiuto futuro contro i tumori e le malattie neurodegenerative per l’uomo.
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