Chi sono i nuovi highlander dell’economia ? Lancia la riflessione Nicola Palmarini, Global Manager of Aging & Accessibility Solutions di IBM, nel suo libro appena pubblicato da Egea (Immortali. Economia per nuovi highlander).
Dal 1950 ad oggi siamo passati da 31 a 173 anziani ogni 100 giovani. Ancora non ci accorgiamo della rivoluzione che sta modificando consumi, bisogni, desideri: è l’economia degli “immortali”. Chiede nuovi modelli, nuove narrazioni, nuove visioni. Pochi se ne sono accorti. Eppure già nel 2015 il McKinsey Global Institute, nel suo Global Growth: Can Productivity Save the Day in an Aging World , prevedeva che gli ultrasessantenni avrebbero generato almeno la metà della crescita di tutti i consumi urbani entro il 2030.
Percepiamo l’invecchiamento solo come problema: come perdita delle competenze, come fattore di crescita dei costi sanitari e assistenziali. Inglobiamo chi supera i 65 anni in una goccia d’ambra in cui tutto viene ipostatizzato e si perdono le differenze. Una visione che colloca chi riteniamo “vecchio” in un angolo della società dove le uniche necessità da soddisfare sono l’attesa della fine della vita. Non a caso, la parola inglese retirement indica, letteralmente, un ritirarsi dalla vita.
Per cambiare impostazione e vedere l’invecchiamento come una risorsa bisognerebbe fare ciò che grandi brand stanno facendo in termini di marketing: esplorare il vissuto e i sogni di queste generazioni. L’associazione fra desideri e longevità è un aspetto che va compreso a fondo in termini politici, economici e sociali, perché questa nuova umanità invecchiata è carica di desideri. Conoscendola meglio si potrebbe pensare a modelli per vivere la rivoluzione demografica come opportunità, anziché come tragedia.
La vera rivoluzione sarebbe impostare le nostre società perché tutti possano continuare a vivere una vita attiva, anche quando alcune condizioni vengono meno. Le parole chiave sono tecnologia e volontariato. Nel primo ambito, non bisogna perdere le sfide che la guida autonoma può fornire in termini di trasporto e autonomia agli anziani che non vogliono isolarsi. Ma lo sviluppo tecnologico ha molte altre possibilità legate ad esempio alla robotica. Allo stesso tempo, chi si rimette in gioco deve essere in grado di fornire le proprie competenze in un contesto di circolarità intergenerazionale ed in un ambito in cui le risorse umane sono messe a sistema uscendo dai luoghi comuni sul contrasto giovani- anziani. Troppe ambiguità si generano fra i termini “volontario” e “sfruttato”.
La premessa indispensabile è uscire dalle secche di un Welfare visto solo come tappa buchi e, parlando di patto intergenerazionale, occorre vederlo non solo come sostituzione di vecchi con giovani ma soprattutto come circolarità di saperi, relazioni e competenze.
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