Mettiamo da parte i luoghi comuni: i senior non sono affatto dei pessimi o pericolosi guidatori. Anzi. Lo abbiamo visto qualche tempo fa parlando di una delle ultime statistiche sulla guida proveniente dagli Stati Uniti.
L’indagine americana aveva rilevato che, rispetto alle altre fasce di età, i conducenti over 70 sono meno coinvolti in incidenti mortali. In particolare, rispetto agli automobilisti di mezza età. E questo anche se il numero dei conducenti anziani dal 2010 e il 2018 negli Stati Uniti è raddoppiato rispetto al decennio precedente.
L’Internet of Things e il fattore umano al volante
Ma come guideremo in futuro? Dopo tutto la tecnologia sta ormai investendo ogni singolo aspetto della nostra esistenza e anche quello della guida e del mercato della auto non ne è immune. Fino a qualche anno fa, infatti, prima che la rete entrasse con prepotenza nelle nostre vite, il concetto di sicurezza stradale era qualcosa di diverso. Si “limitava”, per così dire, al fattore umano: attenzione alla guida, manutenzione del veicolo, invito alla prudenza, etc.
Oggi, invece? Senza trascurare ovviamente la prudenza la volante, oggi l’Internet of Things e la connessione costante in rete prospettano un mondo diverso. Perché quella che si prevede, da qui a breve tempo, è la connessione fra i veicoli e fra questi e il mondo circostante. Il futuro della mobilità sarà dominato dalla connessione tra mezzi, strade e infrastrutture. Lo scopo: creare un ecosistema di dati.
Il futuro della mobilità. Strade, mezzi e infrastrutture saranno interconnessi
È una rivoluzione, questa, che ha però bisogno di strade “intelligenti”, di smart road, per puntare ad un trasporto integrato. Tra qualche anno la strada non sarà più solamente un’opera di ingegneria civile. Sarà un insieme di tecnologie che favoriranno il dialogo tra chi guida, il veicolo e l’infrastruttura. Persino i veicoli comunicheranno fra loro. Grazie a sistemi di connessione wireless sarà consentita la condivisione di dati su una piattaforma unificata.
Se fino ad oggi i progressi nella sicurezza sono stati tanti, ora è necessario andare oltre. Non servono solo auto “a prova di tutto”, in grado di proteggere i passeggeri. La nuova frontiera è la loro maggiore integrazione nell’ambiente circostante mentre si muovono.
Il rischio stradale, un insieme complesso di fattori
L’obiettivo dunque è portare la sicurezza ad un gradino ancora più elevato. Un rischio complesso, dopo tutto, richiede una risposta complessa. Così la mobilità del futuro è pensata per coinvolgere sistemi interni ed esterni ai veicoli stessi. Le maggiori case automobilistiche stanno già realizzando strumenti che consentono un’interazione tra auto e ambiente.
La Ford, ad esempio, con il programma Safety Insights sta cercando di creare negli Stati Uniti uno strumento che elabori una mappa dettagliatissima del traffico e di tutti i suoi intoppi, compresi gli incidenti. Il sistema raccoglie e organizza tutte le informazioni provenienti dai veicoli, dalle infrastrutture e da altre fonti. Il risultato è un sistema sempre informato sulla situazione, che conosce i punti critici delle strade e comunica direttamente con il “traffico”, pronto a prevenire, anticipare e risolvere qualsiasi criticità.
C’è poi chi, come l’Audi, sta sperimentando a Ingolstadt e Düsseldorf il collegamento dell’auto con i semafori. Utile sia in termini di sicurezza che per la gestione efficiente del traffico.
Una mobilità a rischio zero grazie al “sesto senso” delle auto
Lo scopo, insomma, è potenziare ed estendere tutte quelle funzioni che possono “avvisare” chi guida contro qualsiasi sorpresa. Parliamo di sensori di prossimità o di algoritmi che segnalano possibili urti. Ma anche di telecamere e radar capaci di vedere al buio, nella nebbia. Persino di riconoscere e segnalare in modo tempestivo ostacoli, ciclisti o pedoni in avvicinamento. Un segnale che però potrebbe essere condiviso, sfruttando la rete 5G, inviandolo all’auto che può frenare autonomamente, al pedone o al ciclista che può scansarsi, e agli altri veicoli circostanti.
Quale futuro per la guida dei senior
Dunque, la direzione verso una reale mobilità a rischio zero passa attraverso l’integrazione dei nuovi “sensi” dell’auto con informazioni che provengono dall’esterno. Infrastrutture e altri veicoli inclusi.
Oggi, l’età media dei patentati in Italia è di circa 54 anni. Lo sappiamo: col tempo, la crescita demografica della società porterà ad un ulteriore aumento di questo parametro. Un numero sempre maggiore di senior guiderà la propria auto. Lo vorrà fare in sicurezza, ma soprattutto – grazie alle nuove tecnologie, più inclusive – potrà farlo coadiuvato da una rete di strumenti pensati per tutti. Così, accanto alla loro esperienza, ad abbassare – si spera – sino a livello zero il rischio in auto troveremo strade e auto intelligenti. Forse, a volte, più di tanti automobilisti.
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