Il 23 maggio 1992 moriva Giovanni Falcone. Ancora oggi i suoi messaggi di speranza e coraggio continuano a ispirare progetti educativi. La società civile fa sentire la sua voce contro la mafia
Sono le 17.56 di sabato 23 maggio 1992. Cinque quintali di tritolo uccidono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, nei pressi dello svincolo autostradale per Capaci. Cinquantasette giorni dopo, il 19 luglio, Paolo Borsellino viene ammazzato insieme a cinque poliziotti, in via D’Amelio: alle 16.58 scoppiano 90 chili di esplosivo Semtex, stipati in una Fiat 126 rubata, parcheggiata a poca distanza dal giudice.
Cosa Nostra – con questi attentati – vuole mettere a tacere i due magistrati che avevano indagato sulla mafia, svelandone gerarchie e intrecci, arrestando i capi delle cosche e gli affiliati. Ma l’eco delle parole di Falcone e Borsellino non svanisce, anzi, da allora risuona con più vigore e abbatte il muro di omertà. La loro morte risveglia la società civile e sono tanti i gesti con cui dimostra di non arrendersi alla violenza della mafia.
Nello stesso anno delle stragi, il 10 dicembre, nasce la Fondazione Falcone, con la missione di promuovere la cultura della legalità, soprattutto tra i giovani. In collaborazione con il MIUR (Ministero dell’Istruzione e del Merito), ha dato vita a “L’università della Legalità”, un progetto in cui i ragazzi interpretano la legalità attraverso varie forme d’arte: opere teatrali, mostre fotografiche e concerti. Ha realizzato, inoltre, “Il viaggio della Legalità” per 1.500 studenti delle scuole superiori giunti a Palermo a bordo di una nave SNAV da Civitavecchia.
Intanto, il 23 maggio 2002 viene istituita la ‘Giornata per la legalità e il contrasto alla criminalità mafiosa’. Un’occasione per cercare nell’arte e nella cultura un linguaggio comune, fatto di parole e immagini, a disposizione di tutti. Quest’anno gli studenti incontrano i giudici amministrativi a Palazzo Spada a Roma: a loro presentano fumetti, video e spettacoli teatrali realizzati nell’ambito di un progetto promosso dal MIUR e dal Segretariato generale della Giustizia amministrativa. Il tema dell’iniziativa è “La legalità come strumento di realizzazione personale”.
La Sicilia, più di ogni altra regione, resiste con tenacia. L’esplosione del ’92 – a Capaci – ha scagliato l’auto della scorta di Falcone ad alcuni chilometri di distanza: oggi, in quel luogo c’è il giardino della memoria. È curato dall’Associazione Quarto Savona 15 – sigla radio dell’auto – e c’è un olivo per ogni vittima istituzionale di mafia. Anche Palermo ha cambiato volto: enormi murales decorano le vie della città e lo storico Palazzo Jung presto diventerà un museo per artisti internazionali e un luogo di incontro per la società civile. Così la lotta alla mafia assume i contorni di un movimento culturale improntato all’arte e alla bellezza del confronto quali strumenti favoriti per liberarsi dalla paura e dalla violenza.
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