Le vacanze più belle da ricordare? Quelle trascorse con la famiglia, con gli amici di sempre oppure con “il primo amore che non si scorda mai”. I volti noti della tv, della cultura e della scienza, si raccontano.
Nell’estate della fase due, le nostre vacanze saranno soprattutto italiane. Al mare, in campagna, in montagna o in città: le più gettonate sono mete nostrane. La pandemia da Covid, infatti, ha spinto molti a modificare progetti di viaggio all’estero, altri a rinunciare per via di una situazione economica particolarmente complessa, altri ancora a optare per splendide località lungo lo Stivale. E allora ci siamo chiesti che estate sarà per i volti noti che ci hanno accompagnato nei nostri numeri di 50&Più e abbiamo chiesto loro anche di ripercorrere assieme un’estate indimenticabile del loro passato.
•••
Io di solito trascorro le vacanze lontano perché mio marito è argentino e, una volta l’anno, raggiungiamo gli zii di Petra, nostra figlia, e i miei suoceri. Quest’anno, però, resteremo in Italia: l’America Latina è in piena pandemia e perciò non partiremo. Non è possibile trascorrere le vacanze con loro ed è un dolore perché mi spiace molto che mia figlia, che ha dieci anni, non possa abbracciare i nonni e stare con quella parte di famiglia cui è davvero molto legata.
Avete qualcosa in programma?
Se rinunciare a vedere i nonni e gli zii sarà il lato amaro di questa estate, quello positivo è che la passeremo con gli amici in campagna, condividendo le bellezze della Toscana. Staremo molto in casa e, quando si attenuerà il caldo, andremo a fare gite e belle passeggiate. Abbiamo affittato una casa tutti insieme. Per me l’estate è l’unico momento in cui riesco ad avere una vita sociale, di relazione con le persone care perché in vacanza si perdono completamente i ritmi frenetici e faticosi del lavoro, della vita quotidiana. Una condizione che ricerco ogni anno perché per me l’estate è sempre una ricarica dal punto di vista affettivo.
La più bella estate del passato?
La prima con mio marito: era il 2004. Lui viveva in Spagna, all’epoca. Siamo stati fuori stagione a Formentera – a giugno -. Poi abbiamo viaggiato per raggiungere Astypalea, un’isola bellissima nel Dodecanneso. Un luogo estremamente selvaggio e con un paesaggio profondamente aspro che mi è rimasto nel cuore proprio perché ricordo il contrasto tra la ruvidità dell’isola e la dolcezza che invece io stavo vivendo con mio marito.
•••
Come sarà l’estate di quest’anno?
Sarà sicuramente un’estate in tono minore. Con mia moglie, prevedevamo di andare a trovare nostro figlio che lavora negli Stati Uniti, ma invece faremo una vacanza molto locale: nel Lazio. Qualche giorno verso sud, in albergo, tra Sabaudia e Terracina. Preferiamo il mare alla montagna e mia moglie, in particolare, ama fare lunghe passeggiate mentre io preferisco nuotare. Per le vacanze all’estero, aspetteremo il prossimo anno.
Avevate mete particolari, oltre gli States, per raggiungere il figlio?
I nostri piani si sono spostati all’estate dell’anno prossimo, quando speriamo si potrà riprendere a viaggiare. Conteremmo di andare a San Pietroburgo.
Un’estate memorabile del passato?
Quella del 2001, quando sono tornato dal secondo volo nello spazio. Siamo atterrati il Primo maggio; al rientro dalle missioni c’è la consuetudine, per l’equipaggio, di fare un tour in vari Stati. Poiché, il mio, era un equipaggio internazionale – un canadese, un russo, io come europeo e vari altri americani – abbiamo fatto un lungo viaggio durato tutta l’estate.
Dove siete stati?
Oltre alle visite ai centri della Nasa, abbiamo visitato l’Europa e il Canada ed è stato bello perché abbiamo viaggiato tutti assieme con le famiglie. Ricordo con emozione il 2 giugno, quando il presidente Ciampi mi ha concesso un’onorificenza. Un’esperienza molto toccante anche perché hanno trattato me e la mia famiglia quasi come persone di casa: ricordo che la signora Ciampi prese mio figlio per mano e lo portò a visitare le sale del Quirinale.
•••
Io non sono abituata a fare vacanze. Per me, fare vacanze vuol dire non lavorare, non andare in giro. Quindi, la mia vacanza d’elezione è stare a casa. Siccome vivo in un posto meraviglioso, con mare da una parte, laguna dall’altra, Venezia di fronte, non ho bisogno di andare in vacanza. Perciò, malgrado tutto il disastro che abbiamo intorno per via del Covid, la mia estate sarà uguale a quella dell’anno scorso. E di tutti gli anni precedenti.
E che ritmo hanno le giornate estive?
Sono una che non ha grandi esigenze di andare fuori a cena: al massimo, ci vediamo con gli amici, ma tutto molto casalingo. D’estate, mi sveglio presto come d’inverno, esco col cane, passeggiata fino in spiaggia e poi si torna a casa, colazione e un caffè. Quindi, leggo e vedo le amiche. In più, farò la memoria, come diciamo in teatro: mi preparerò su un testo di Stefano Massini – Eichmann. Dove inizia la notte – che porterò in scena all’inizio dell’anno nuovo.
Un’estate del passato da ricordare?
Io non ho mai fatto vacanze perché da piccola le vacanze non ce le potevamo permettere. Non esisteva che ci si muovesse da Roma, d’estate. Al massimo la mattina si andava al mare a Ostia, col trenino o con il pullman, e si tornava il pomeriggio. Nel 1976, però, quando mio figlio aveva un anno, mio marito ed io abbiamo capito che era il caso di portarlo un po’ al mare. Avevamo qualche soldo che ci eravamo messi da parte e ci siamo regalati quindici giorni di pensione completa al mitico Hotel des Bains di Thomas Mann e Viscontiana memoria. La mia prima vera vacanza. Da allora è scoppiato l’amore per il Lido e ci abbiamo comprato casa. A lungo, ci venivamo d’estate ma, da sei anni a questa parte, abbiamo lasciato Milano e ci siamo trasferiti qui.
•••
Un’estate 2020 all’insegna del lavoro o del riposo?
La mia sarà un’estate scalpitante perché voglio lavorare. Non amo stare in ozio e, tanto più quest’anno che abbiamo fatto due mesi di vacanza forzata per via del lockdown, proprio non ci penso a fare le vacanze. Fortuna che aprono i festival estivi e quindi abbiamo pensato a una formula di spettacolo che possa essere fatta con pochi trasporti di scenografie: quindi, viaggiando su e giù per l’Italia. Porterò in giro Arturo racconta Brachetti, che è uno spettacolo-intervista in cui racconto la mia storia in un numero minimalista ma che abbiamo già fatto l’anno scorso.
Qual è il bello di lavorare d’estate?
A me il lavoro – che è poi un grande, faticosissimo gioco – piace molto. Lo spettacolo estivo, poi, è molto più amichevole, molto più informale perché si svolge nelle piazze, nei castelli, nei parchi e quindi è anche più intimo. E che bello tornare tra la gente! Il teatro è come l’amore: si fa dal vivo, non si fa su internet.
Un’estate del passato da ricordare?
Quella di Berlino, cinque mesi a lavorare al teatro Wintergarten. Era il 1992 e il Muro era caduto da poco. C’era questa euforia da libertà e quindi, in quelle notti d’estate, c’erano dei parchi pieni di gente che mangiava, dormiva lì. Ricordo un vecchio centro commerciale degli Anni ’30, il Tacheles, pieno di artisti e performer come anche le istallazioni artistiche nel bunker dove si suicidò Hitler. Era come vivere in futuri distopici che ora vediamo nelle serie Tv: tutti figli di Blade Runner.
•••
«Io ho impostato la mia vita per non avere vacanze perché faccio un lavoro che è la mia vacanza, oltre che il mio lavoro».
Perciò, come sarà l’estate di quest’anno?
Quando viene la bella stagione, io semplicemente sposto il mio lavoro in un posto di mare. Lo faccio da sempre. Da quindici anni, il posto di mare è l’isola di Stromboli. Cambio quinte per il mio teatro. La maggior parte della mia giornata la passo a scrivere. In più, la mia casa di Stromboli è poggiata sugli scogli. Ho tre sassi da scendere e posso nuotare. Poi tornerò sul mio terrazzo e mi metterò a scrivere, come ho sempre fatto.
Oggi l’estate è dunque scrittura. Ma un’estate memorabile del passato?
Quella della prima vacanza da sola con il mio ragazzo. Avevo 17 anni, era il 1968. Lui ne aveva 18. Partiamo noi due da soli da Torino con l’eccitazione al massimo. Carichiamo nella sua 500 Giardinetta, una tenda, i nostri zaini e un po’ di soldini regalati da mamma e papà. Puntiamo verso Napoli. Una volta arrivati, ci mettiamo il costumino e scendiamo a fare il bagno, lasciando la macchina coi soldi, la tenda e tutto il resto. Torniamo dopo esserci baciati sentendoci le due persone più felici del mondo e la macchina non c’è più. Noi, senza vestiti né auto, veniamo fermati dei carabinieri. Uno di loro si impietosisce, va a casa, e mi porta un abito della figlia per coprirmi e ci regala qualche soldo che poi gli ridaremo. Riesco a raggiungere uno zio al telefono che non vedo mai – i miei sono in Jugoslavia e non rispondono – che ci manda qualche altro soldino. Alla fine, l’auto viene ritrovata: svuotata di tutto tranne che della tenda. E noi, con l’entusiasmo di quegli anni, andiamo avanti fino alla fine della vacanza.
•••
«Lo vedo già il direttore di banca: mica mi ama più come prima».
Allude al fatto che col Covid il lavoro quest’estate diminuirà?
Mi piacerebbe che fosse un’estate di lavoro ma, col Coronavirus, già so che non sarà così.
E dunque che estate sarà?
Sono una persona fortunata. Posso dire di non aver lavorato un giorno in vita mia. Fino a trent’anni sono stato in mare – ho fatto lo skipper – e poi è iniziato il lavoro d’attore. Perciò, non bramo la vacanza. Il sole e i tropici, sì: me li porto dentro. Sono un tipo tropicale. Con Paola, mia moglie, abbiamo la fortuna di avere due case: la sua, di famiglia, a Forte dei Marmi, e la mia, antica, nella campagna delle Marche. Faremo un po’ qua e un po’ là. Lei preferisce il mare, e io pure non lo disdegno – anzi, sono cresciuto in acqua -, ma il problema è che in spiaggia incontri sempre qualcuno che ti tira la sabbia, quello che lancia la pallonata. Bisognerebbe prendere una barchetta e andarsene in mezzo al mare.
Guardando al passato, c’è un’estate che è rimasta nel cuore?
Tutte, nessuna in particolare. La bella stagione è la mia stagione, solo che inizio ad avere una certa età e non mi ricordo di una in particolare. Potrei dire quella del 1622, quando andai in vacanza con la mia prima fidanzatina, o l’altra – nel 1743 -, quando ho messo piede per la prima volta su una barca e ho afferrato un timone. Di tutte però, sì, qualcosa mi resta: quell’odore inconfondibilmente salmastro che si mescola col profumo delle piante selvatiche.
© Riproduzione riservata