Frenesia e superficialità. Due parole apparentemente lontane tra loro ma più vicine di quanto si possa immaginare. Se per un attimo ci fermassimo, catturando un istante, cosa vedremmo? La nostra quotidianità oscillare tra frenesia e superficialità, appunto. Non sono atteggiamenti volontari, più riflessi incondizionati del ritmo che – con sempre maggiore insistenza – prende la nostra vita. Il lavoro, la famiglia, i diritti, i doveri ci portano spesso in un contesto in cui la libertà di scegliere e di essere si riduce al minimo. E al minimo si riducono anche le occasioni – o se vogliamo le opportunità – di lasciare cadere il nostro sguardo sulla bellezza. Il ‘bello’ diventa un concetto sempre più astratto, quasi un lusso. Quanto è bello fermarsi ad ammirare un quadro? Sedersi su una comoda poltrona di velluto rosso e aspettare che il sipario si apra su un balletto di danza classica? Accomodarsi per assistere a un concerto? Non è assurdo: la bellezza sta anche in queste cose. Intanto, nella possibilità di decidere di sganciarsi dalla routine e concedersi del tempo per sé stessi, e poi nella meraviglia di guardare oltre, oltre le nostre capacità. La bellezza è anche nella realtà che ci circonda e Caravaggio, il genio sregolato a cui dedichiamo ad aprile alcune delle pagine della rivista, lo insegna a tutti. Uscire dai canoni prestabiliti per raccontare la realtà, dunque, anche attraverso le brutture che poi – passate dal pennello di un artista come lui – diventano bellezza. E allora è dalla realtà che dobbiamo partire: è dai bambini che ancora giocano a pallone nel grigio dei palazzoni di periferia che traspare bellezza. È – ancora – dall’aiuto che diamo a chi ne ha bisogno che si evince il bello; è nei sorrisi di chi non ha motivo di ridere che si incontrano lo stupore e la meraviglia. Se tutti noi facessimo uno sforzo in più per andare oltre, potremmo provare a rendere la bellezza una cura. Certo, prima di queste righe, altri – molto più esperti e saggi – si sono riferiti alla bellezza come a una cura ma non è mai tempo di smettere. In un mondo spesso dominato dalla frenesia e dalla superficialità, riscoprire la bellezza significa rallentare il passo, affinare i sensi e aprire il cuore alla contemplazione. La bellezza ci ricorda la nostra umanità, la nostra capacità di emozionarci, di stupirci, di amare. L’educazione al bello non è un lusso, ma una necessità. In un’epoca in cui la bruttezza e la violenza sembrano dilagare, la bellezza può essere un antidoto potente, un’arma di resistenza. ‘La bellezza salverà il mondo’ disse il principe Lev Nikolaevič Myškin nel romanzo L’idiota di Dostoevskij.
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