La “rivoluzione” della terza ondata dei media, predetta dal futurologo Alvin Toffler nel 1980, è in atto da oltre due decenni. Per esserne partecipi al meglio si sta consolidando un indispensabile scambio simbiotico fra le generazioni dei nativi digitali e quelle degli over.
La “filosofia” di Yoda, il Gran Maestro Jedi di Guerre stellari, non è esattamente profonda come quella di uno Schopenhauer o di un Kant, però spesso ci azzecca. Prendete questa massima come esempio. “Non di rado dobbiamo disimparare quello che abbiamo imparato, perché forse lo abbiamo imparato quando andava bene, mentre oggi il contesto è cambiato”. Come dargli torto in un mondo in cui tutti i riferimenti, gli approcci sociali e culturali, la tecnologia imperante mutano alla velocità della luce?
Tutto cambia in nome del progresso
Proprio la digitalizzazione progressiva del nostro universo di attività e conoscenza è un esempio di come sia indispensabile cambiare modo di pensare. E quanto lo sia anche essere attivi nei confronti del progresso, che oggi è scandito in primis dai cambiamenti che la Rete mette in atto. Infatti Internet è luogo in cui cercare le informazioni o consultare i dati di cui abbiamo bisogno quotidianamente, in cui pubblicare notizie e scambiare idee ed esperienze, in cui creare collaborazioni o cooperazioni per sviluppare la propria attività individuale oppure di gruppo. È luogo imprescindibile e in continua evoluzione, sia tecnica che di linguaggio.
L’evoluzione digitale e il patto intergenerazionale
Le ultime ricerche indicano che più del 53% degli italiani si è collegato ogni giorno a Internet. Però per i ragazzi dai 15 ai 24 anni la percentuale sale a oltre il 90% e per gli over tra i 65 e i 74 anni scende al 42% circa. Questi dati sembrano dimostrare che l’utilizzo disomogeneo della Rete e degli strumenti tecnologici rischia di aumentare il divario tra le diverse generazioni e di creare un divario comunicativo tra loro. In realtà, dobbiamo pensare a quanta diffidenza e scetticismo ci fossero ancora a inizio secolo verso questo nuovo medium che reinventava il reale nel virtuale. Così ci accorgiamo come oggi sia completa e totale l’accoglienza nei confronti del digitale sia da parte delle generazioni cosiddette native digitali sia da quelle degli immigrati digitali sia dagli stessi non utilizzatori, che comunque hanno abbandonato ogni residuo sospetto.
Non solo, i dati statistici mostrano anche come tra le diverse generazioni ci sia una crescita di attenzione al digitale dovuta a una simbiosi che si può definire “operativa”. In poche parole, una sorta di patto intergenerazionale. I più giovani forniscono le loro abilità specifiche sul mezzo, di utilizzazione dei software e di assemblamento degli hardware, la loro efficienza da “smanettoni”. Gli over si pongono come dispensatori di quel “senso critico” di cui ha bisogno chiunque esplori Internet. Necessari per sapere cosa e come cercare, imparando a distinguere la pertinenza e la qualità dei contenuti.
Digital Citizenship in School di Mike Ribble
Inoltre, tutti, durante la loro vita online, e più in generale durante l’utilizzo delle tecnologie più avanzate, stanno progressivamente, grazie alla solidità e all’adeguatezza e utilità di questa connection, acquisendo i nove elementi che l’educatore Mike Ribble ha elencato nel suo Digital Citizenship in School, finalizzati a rendere sicuri, responsabili e giuridicamente consapevoli gli internauti. Si tratta dell’accesso, della comunicazione, della alfabetizzazione, del galateo, del diritto, della responsabilità, del commercio, della salute e della sicurezza. Tutti con l’aggettivo digitale posposto.
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