«Quanti anni mi dai?»… «E tu? Quanti te ne senti?»… Sono domande che sentiamo spesso e che altrettanto spesso finiamo per rivolgere agli altri. Ma, soprattutto, sono domande che potrebbero ricevere risposte diverse a seconda del momento che si sta attraversando e – ovviamente – dell’età che si ha.
Alla fine ognuno vive dentro di sé un conflitto tra l’età percepita e quella reale. Perché ci si può sentire più d’antan, ma essere ancora giovani. Oppure si può aver ormai varcato da tempo il confine degli “anta”, ma sentirsi pieni di gioventù. Difficile mettere pace tra mente e biologia a volte. Per questo c’è chi ha tentato la strada dell’Intelligenza Artificiale per aprire un varco verso la comprensione.
Gli anni che abbiamo e gli anni che ci sentiamo: un dilemma sottoposto alla scienza
Stabilire l’età “psicologica” (chiamiamola così), non quella biologica, può risultare quindi difficile. La risposta sull’età “percepita” può infatti variare a seconda dell’umore e delle circostanze. Come sa bene anche il ricercatore americano Aleksej Zhavoronkov, che si è avvalso dell’Intelligenza Artificiale per fare chiarezza.
In sintesi, la domanda che si è rivolto da subito Zhavoronkov è stata: esistono fattori chiave che possono alterare, nel bene o nel male, la nostra percezione dell’età anagrafica? Il quesito è stato alla base del Midlife in the United States, progetto condotto per 20 anni su circa 10.000 persone dal National Institute of Aging. Durante questo periodo i soggetti sono stati seguiti e intervistati più volte per capire come i fattori psicologici, comportamentali e sociali influenzino la salute e il benessere mentre si invecchia.
I dati raccolti sono stati poi analizzati da un programma basato sull’Intelligenza Artificiale. Quello che è emerso non si allontana molto da quanto sapevamo già, ma lo rafforza ulteriormente. La salute fisica, ad esempio, è un fattore chiave nella percezione soggettiva dell’età. Lo dimostra il fatto che i soggetti che sono stati maggiormente attivi, sin dall’inizio dello studio, presentavano un 30-50% di probabilità in più di sentirsi più giovani rispetto agli anni che avevano.
Dopotutto movimento ed esercizio fisico sono fattori critici nell’invecchiamento. Come conferma anche Francesco Landi, presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG): «Sentirsi più giovani significa essere più attivi, fare movimento a sua volta porta a sentire meno il peso degli anni». Ma precisa anche: «L’età psicologica e quella biologica non si cambiano a ottant’anni, ma si costruiscono fin da bambini con uno stile di vita sano». Pensare quindi di invertire la percezione di sé e dei propri anni è un processo lungo, che parte da lontano. Non può essere improvvisato, ma va coltivato.
Sessualità e ottimismo ci “tolgono” gli anni dalla testa
Ma c’è anche un altro elemento che è sicuramente in grado di influenzare la percezione dell’età secondo Zhavoronkov: l’attività sessuale. Se è soddisfacente gli anni che sentiamo “nella testa” calano in modo automatico. Così come una visione ottimista della vita può risultare fondamentale, visto che – secondo le osservazioni del ricercatore – è emerso che sentirsi più anziani della propria età non fa altro che raddoppiare la probabilità di morire anzitempo.
Anche un’altra ricerca, questa volta condotta da Antonio Terracciano, geriatra della Florida State University, su oltre 17.000 persone per 20 anni, confermerebbe che mantenere bassa la soglia dell’età psicologica allontani malanni e renda longevi. L’età “soggettiva” non è solamente una mera sensazione, ma è persino un predittore di salute: «Chi si sente giovane – spiega Terracciano – vive di più, chi si sente anziano ha una vita più breve: un’età soggettiva più alta, per esempio, si associa a una probabilità del 10-25% più elevata di essere obeso ed è correlata anche alla percezione di una salute più precaria e a un’età biologica maggiore, come dimostrano le modifiche epigenetiche riscontrabili sul Dna e un profilo infiammatorio peggiore».
Sentirsi giovani riduce gli effetti dello stress
Quindi, l’età a volte può essere solo un numero, perché la mente può influenzare la biologia del nostro invecchiamento e viceversa. E a dimostrazione di quanto detto sin qui c’è anche uno studio tedesco condotto dal German Aging Survey su oltre 5.000 over 40 secondo cui sentirsi più giovani è uno scudo contro lo stress e può rallentare l’invecchiamento reale.
Anche ai volontari di questa ricerca è stato chiesto quanti anni si sentissero. Allo stesso tempo, però, sono stati valutati anche molti altri elementi, come il carico di stress. È emerso che quella sensazione di maggiore giovinezza di cui parlavano alcuni si poteva associare a un maggior senso di benessere, ad una migliore funzionalità cognitiva, a un grado inferiore di infiammazione generale e ad un rischio più basso di ricoveri e mortalità. Il motivo sembra essere la capacità di tollerare e gestire meglio lo stress.
Secondo il coordinatore della ricerca, Markus Wettstein dell’Università di Heidelberg, con il tempo la salute funzionale, intesa come assenza di limitazioni, si riduce in modo variabile da individuo a individuo. Questo declino accelera a mano a mano che si invecchia quando c’è un maggiore stress. Tuttavia, sentirsi più giovani riesce a ridurre questi effetti negativi e rende meno inevitabile il declino funzionale anche davanti ad uno stress consistente.
Ma non illudiamoci di essere dei “ragazzini”
Chi “si sente” un’età inferiore contrasta meglio i danni da stress e resta in salute più a lungo. Motivo per cui, secondo Wettstein, sarebbe opportuno far in modo che le persone possano sentirsi giovani il più a lungo possibile. Ad esempio contrastando gli stereotipi negativi sulla vecchiaia e combattendo l’ageismo.
«Dobbiamo anche capire – specifica però il ricercatore – quale sia il giusto “scarto” fra l’età cronologica reale e quella che percepiamo soggettivamente, perché sentirsi più giovani è positivo ma sentirsi troppo giovani può essere controproducente e aumentare il malessere, peggiorando la salute».
Insomma, il rischio è una mancanza di senso della realtà. Questo renderebbe incapaci di fare i conti con i limiti inevitabili connessi all’età spingendo persino a comportamenti rischiosi. Sentirsi dei ragazzini, ad esempio, ma avere le articolazioni di un sessantenne può spingere ad esagerare con alcuni sport. Risultato: ci si può procurare pericolosi traumi. Meglio di no, meglio avere rispetto – comunque – della propria età.
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