Quest’anno, secondo alcune stime, oltre due miliardi di persone sul pianeta sono state o saranno chiamate a votare, in democrazie vere o presunte. Oltre cinquanta paesi – più l’Unione europea – hanno previsto elezioni nazionali, i cui risvolti saranno determinanti per gli anni a venire.
I risultati di alcune votazioni erano perfettamente pronosticabili (trattandosi di mera simulazione della democrazia), come quella che ha confermato per la quinta volta Vladimir Putin alla guida della Russia. In altri casi, nonostante il controllo di regime, non sono mancate le sorprese, come l’elezione di un leader moderato in Iran. Alcune elezioni programmate non si sono più tenute, come in Ucraina. Alcune sono state indette a sorpresa e hanno avuto risultati inaspettati, come in Francia. Per altre, come le elezioni parlamentari nel Regno Unito, l’esito era prevedibile da più di un anno, anche se non si poteva sapere con precisione di quanto avrebbero vinto i laburisti. Infine ci sono alcune, come quelle americane, di cui dobbiamo ancora conoscere il verdetto.
Il bisogno di guardare al futuro con un certo grado di certezza esiste da sempre, fin da quando i romani osservavano il volo degli uccelli prima di prendere decisioni importanti. Nonostante tutto, oggi disponiamo di metodi sempre più sofisticati per comprendere sistemi con alti gradi di complessità. Basti pensare al meteo: a noi sembra ovvio, ma in realtà ottenere previsioni precise richiede l’analisi di una quantità enorme di variabili, in un sistema in cui anche piccoli cambiamenti possono avere conseguenze enormi e impreviste. Fino a oltre metà del secolo scorso, i meteorologi potevano fare affidamento su pochi dati e dovevano basarsi sulla loro esperienza personale e sul proprio giudizio per fare previsioni, che di solito si estendevano poco oltre le ventiquattro ore.
Oggi, quasi novecento palloni meteorologici vengono lanciati ogni giorno da altrettanti punti sparsi in tutto il mondo e migliaia di boe vengono impiegate per raccogliere informazioni dalla superficie degli oceani. In aggiunta agli esperti, migliaia di osservatori amatoriali inviano quotidianamente i loro dati ai governi. Questa enorme quantità di dati, insieme a migliori modelli predittivi, ci permette di conoscere con precisione sempre maggiore l’andamento del meteo: un’arma di prevenzione potentissima in caso di eventi estremi, perché consente di prepararsi e preparare la popolazione per tempo.
Anche con progressi di questa portata, che non riguardano unicamente la meteorologia, è stato dimostrato che in molte aree, soprattutto collegate all’agire umano, il giudizio degli esperti non è molto più affidabile del tiro di un dado, o del pronostico casuale di una persona qualunque. Prevedere male è, ovviamente, peggio che non prevedere affatto: un giudizio frettoloso degli economisti può creare il panico e avere un effetto negativo sulla fiducia nei mercati, e ad alti livelli un’analisi sbagliata può avere esiti drammatici, come quella che aveva portato l’intelligence degli Stati Uniti a concludere che ci fossero armi nucleari in Iraq, scatenando una guerra sanguinosa ed evitabile. Dopo quell’errore, il desiderio di capire come migliorare le capacità di previsione ha fatto nascere una serie di esperimenti finanziati dal governo americano.
Tra il 2011 e il 2015 il professore di psicologia Philip Tetlock, insieme a Barbara Mellers, ha condotto una ricerca denominata Good Judgment Project, con l’obiettivo di verificare se alcune persone siano naturalmente più abili nel fare previsioni, e se queste abilità possano essere insegnate e migliorate. Sono stati reclutati 2.800 partecipanti tra persone comuni con un interesse per l’attualità: casalinghe, programmatori in pensione, ex ballerini, impiegati dei servizi sociali. A queste persone è stato richiesto di rispondere a oltre cinquecento domande di questo tipo: «Il presidente siriano sarà ancora al potere tra sei mesi? Il prezzo dell’oro crollerà? Ci sarà un’escalation militare tra le due Coree? Il numero di attacchi terroristici finanziati dall’Iran aumenterà ad un anno dalla revoca delle sanzioni?». I migliori previsori hanno battuto il gruppo di controllo del 60% nel primo anno e del 78% nel secondo, superando per accuratezza persino gli analisti dell’intelligence con accesso a dati classificati e segreti.
Cosa rende alcune persone molto più capaci di altre di prevedere con accuratezza eventi futuri? Come abbiamo visto, essere degli esperti non è una condizione necessaria. A volte si può anche rivelare controproducente, a causa di un eccesso di sicurezza nel proprio giudizio. Bisogna essere intelligenti, ma non dei geni. Serve una certa dimestichezza con i numeri e le probabilità, ma non un dottorato in matematica. Soprattutto, servono doti che possiamo – e dovremmo – coltivare tutti.
Quelli che Tetlock chiama “super-previsori” sanno che poche cose sono certe e non danno nulla per scontato, sono umili e coscienti dei propri limiti. Sono intellettualmente curiosi, aperti a punti di vista diversi dai loro e disponibili a considerare le proprie convinzioni e quelle degli altri come ipotesi da verificare. Soprattutto, ed è la dote più difficile da coltivare, cambiano idea quando incontrano prove che confutano le loro certezze.
Gianrico Carofiglio (Bari, 1961) ha scritto racconti, romanzi e saggi. I suoi libri, sempre in vetta alle classifiche dei best seller, sono tradotti in tutto il mondo. Il suo romanzo più recente è L’orizzonte della notte.
Giorgia Carofiglio (Monopoli, 1995) si è laureata in Teoria Politica presso la University College London. Ha lavorato in un’agenzia letteraria e collabora con case editrici.
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