Padre Guido Trezzani vive in Kazakhstan da quasi 27 anni e da allora si occupa di bambini orfani, con disagi familiari, disabilità o che vivono situazioni di rischio. Svolge anche il ruolo di referente per Caritas in tutto il paese.
Il suo è stato un percorso lungo, nato in un luogo dove negli anni Novanta, dopo la fine dell’Unione Sovietica, non c’erano alternative agli orfanotrofi statali. Un luogo in cui un handicap o una famiglia con problemi si portavano dietro lo stigma sociale di una diversità incolmabile.
Padre Guido Trezzani e il Villaggio Arca
Dopo tanti anni di lavoro in quello che oggi è il Villaggio Arca di Talgar, a circa trenta km da Almaty, la situazione è cambiata. Si può parlare di inclusione, di affido, di adozioni e di futuro per tutti questi ragazzi che vivono nelle case famiglia. Strutture all’interno di uno spazio di oltre venti ettari dove, oltre agli alloggi, ci sono una palestra, un centro polifunzionale per attività creative e di formazione al lavoro, un centro medico dentistico, uno spazio attrezzato per la fisioterapia. Ma soprattutto l’amore e la dedizione di padre Guido, delle educatrici e di tutti gli amici, le famiglie del paese, i volontari che hanno deciso di dedicare un po’ del loro tempo al futuro di questi bambini. Ognuno a seconda delle sue possibilità. Ci sono medici che periodicamente visitano il villaggio, c’è chi si offre di tagliare la legna, di fare piccole riparazioni, chi dona attrezzature sportive, chi si mette a disposizione come insegnante per organizzare dei corsi.
Nuova vita al villaggio di Talgar
Il Villaggio è una ex colonia estiva dei tempi dell’Unione Sovietica, dove tutti gli edifici sono stati ricostruiti grazie a donatori privati che hanno creduto nel progetto. “Dal 1997, quando abbiamo aperto ad Almaty sono cambiate tante cose”, ricorda padre Guido. “E non appena abbiamo avuto la possibilità di avere più spazio, nel 2000, ci siamo spostati qui, a Talgar. All’inizio le persone del posto ci guardavano come se fossimo alieni, ma negli anni siamo diventati un punto di riferimento.”
L’attenzione ai bambini con la sindrome di Down
Nel frattempo ad Almaty è nato anche un altro luogo dal lavoro di padre Guido, dove dare una possibilità in più ai bambini e ragazzi con la sindrome di Down. “Qui le famiglie sono lasciate sole e le scuole molto spesso non sono preparate a ricevere studenti con disabilità”, spiega padre Guido. “I pochi interventi messi in campo si fermano alla rimozione di alcune barriere architettoniche, come le scale, con le rampe di accesso; ma mancano insegnanti di sostegno e a volte sono gli stessi medici che sin dalla prima infanzia scoraggiano i genitori a intraprendere qualsiasi percorso riabilitativo e migliorativo per i propri bimbi, sminuendone le potenzialità. È lì che dobbiamo lavorare, per ristabilire la fiducia, e far sentire queste famiglie meno sole.”
© Riproduzione riservata