Scrittore e saggista spagnolo tradotto in oltre trenta lingue, la sua narrativa si caratterizza per l’uso del romanzo non-fiction, genere in cui trovano spazio realtà e finzione. Il suo ultimo libro, Terra Alta, ha vinto il Premio Planeta e il Premio Internazionale Flaiano
Dice Javier Cercas: «Il mio ideale sono quei romanzi che sono facili da leggere e difficili da capire. Quei romanzi che leggi senza riuscire a smettere, perché ti prendono fin dall’inizio, e quando arrivi alla fine pensi che devi rileggerlo perché hai la sensazione che dica molte più cose di quelle che hai afferrato alla prima lettura. Tutto il contrario di quei romanzi difficili da leggere, perché ci vuole la gru per girare le pagine, e facili da capire, perché in realtà non dicono assolutamente nulla o dicono soltanto banalità».
L’ultimo suo romanzo, Terra Alta, pubblicato in Italia da Guanda e vincitore, nel luglio scorso, del Premio Internazionale Flaiano, appartiene senz’altro al genere che lui preferisce: una trama gialla, un crimine inspiegabilmente crudele, l’assassinio di ricchi proprietari in una azienda sul quale indaga il giovane poliziotto Melchor Marín, eroe di Cambrils in cui furono uccisi i terroristi islamici dell’attentato di Barcellona del 2017, ma con un passato oscuro di trafficante di droga, detenuto. Lo scrittore spagnolo utilizza per la prima volta in modo esplicito il meccanismo dell’indagine di polizia che rende assai fluida la lettura, davvero difficile da interrompere. E nello stesso tempo resta fedele al suo modo di narrare, applicato con piena fungibilità a “fatti reali” e “fatti fittizi”, nel solco della stessa verità, quella letteraria. Una prima domanda viene spontanea: si può raccontare la Storia come se fosse un thriller? «Ci ho provato in Anatomia di un istante. A condizione di dire “la verità”. Di solito nei miei libri mescolo realtà e finzione. In Anatomia di un istante non l’ho fatto perché, dopo due anni, mi sono accorto che il tentativo di colpo di Stato spagnolo era esso stesso una finzione. Aggiungere finzione a finzione sarebbe stato ridondante, oltre che letterariamente irrilevante. Ma Storia e Letteratura hanno obiettivi diversi. Cercano la verità, ma verità opposte. La verità della Storia cerca di fissare quanto è avvenuto a determinate persone in un determinato momento e luogo. La verità della Letteratura cerca di fissare ciò che avviene a tutti gli uomini in qualsiasi luogo e momento».
Fin dalle prime battute, Terra Alta non sembra un suo romanzo, ma quello in cui si muove il poliziotto di un altro autore. Il riferimento all’attacco di Cambrils fa pensare che volesse intrecciare l’intrigo poliziesco con la recente e scottante attualità.
Non è qualcosa di voluto. Ad un certo momento, durante la stesura del romanzo, mi sono reso conto che il suo protagonista, Melchor Marín, poteva benissimo essere l’agente di polizia che il 17 agosto 2017, poco dopo la morte di un terrorista islamico sulla Rambla di Barcellona, uccise in pochi secondi quattro membri della stessa cellula jihadista, quattro giovani che, indossando giubbotti esplosivi che si rivelarono falsi, uccisero una persona, ne accoltellarono diverse e diffusero terrore sul lungomare. Non conosciamo la vera identità di quell’ufficiale di polizia, le autorità lo tengono segreto per motivi di sicurezza. L’ignoranza era l’ideale per me, perché l’oscurità.
Che cos’è un eroe oggi? Lei ne racconta molti nei suoi libri.
Un uomo che sa dire di no al momento giusto. Per tutti arriva il momento del sì e del no. “Colui che fece per viltade il gran rifiuto”, dice Dante a proposito di Celestino V. Chi riesce a dirlo, può subirne le conseguenze, ma moralmente si salva.
Negli ultimi anni la mescolanza tra finzione e reportage ha rivelato molti scrittori. Il ricorso alla finzione è un vantaggio per la letteratura, uno svantaggio per la realtà?
Tutto dipende da come si fa, dal talento personale. Non esiste fiction pura. Nella fiction posso mescolare fiction e non fiction. Nel giornalismo no, non è possibile la menzogna in forma di fiction. Almeno in teoria, perché poi la menzogna dilaga eccome! La realtà è molto più complessa: come conoscerla? La verità ci sfugge: è Don Chisciotte, un personaggio insieme tragico e ironico, l’essenza della modernità.
Ma in fondo lei si è chiesto cosa voglia dire scrivere un romanzo oggi e perché si deve leggere.
I miei libri sono una lotta contro la dittatura del presente, contro l’idea che è il potere dei media a definire il tempo. Non condanno i mezzi di comunicazione, ma tra gli effetti collaterali c’è l’idea che tutto quanto è avvenuto ieri appartenga ad un passato sul quale non ritornare. Il passato che non passa mai, che fa parte del presente. Il passato è qui, è ora: il presente ci costringe a reinterpretare continuamente il passato, a fare esplodere nell’immaginazione un dilemma morale che ogni buona storia quasi sempre solleva.
Il romanzo così non è solo intrattenimento, ma uno strumento di indagine esistenziale, un utensile per la conoscenza?
Sono nato alla vita intellettuale in un momento in cui la letteratura impegnata era qualcosa di orribile. Letteratura populista, di propaganda. Poi, col tempo, ho visto le cose diversamente. La letteratura non è soltanto intrattenimento, non è soltanto un gioco intellettuale. Può essere anche altro. Cambia il mondo, ma non direttamente, cambia il mondo cambiando la percezione del mondo del lettore.
Il primo libro: Soldati di Salamina
La memoria, la necessità di non dimenticare, il silenzio, quel “gran patto di silenzio che impedisce di conoscere e non permette di guardare indietro”. Sono i temi al centro del romanzo Soldati di Salamina, esordio di Javier Cercas, nel 2002.
Una sorta di azzeccata combine tra romanzo storico e storia indiziaria di tipo poliziesco che mescola passato e presente, un folgorante bestseller non solo nel suo Paese, con al centro la guerra civile spagnola, nell’ultima sua cruentissima fase.
Anzi, al centro c’è uno sguardo: quello di “fraterna intesa” con cui un combattente repubblicano salva la vita ad un falangista di grande presenza, Sanchez Mazas, uno dei fondatori della Falange, poeta narratore, polemista politico. Perché quella assoluzione, perché chi doveva uccidere non uccise? «Si tratta di capire, non di giudicare – dice Cercas – si tratta di muoversi dentro la realtà “opaca e rimossa” dietro le nostre spalle».
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