Il Comune con la popolazione più giovane in Italia è Orta di Atella, in provincia di Caserta. Qui ci sono quasi 28mila abitanti e l’età media è di 35,3 anni. È quello che più si avvicina all’età media nazionale del 1951, all’epoca di 32 anni. Il Comune più vecchio, invece, è quello di Fascia, in provincia di Genova, che conta appena 73 abitanti e dove l’età media supera i 66 anni.
Si tratta di due estremi anagrafici dove nel mezzo si colloca l’età media degli italiani, arrivata nel 2019 a 45 anni. Dal 1951, quindi, abbiamo guadagnato ben 13 anni. L’Italia invecchia e lo fa con pochi bambini da crescere, mentre la popolazione è in diminuzione. È questa una prima fotografia ottenuta dai dati al 2019 che ha diffuso l’Istat con il Censimento permanente della popolazione.
E il 2020? «Non è ancora finito il 2020, ma una valutazione ragionevole fa pensare che quest’anno supereremo il confine dei 700mila decessi complessivi, che è un valore preoccupante perché una cosa del genere l’ultima volta, in Italia, era successa nel 1944. Eravamo nel pieno della Seconda guerra mondiale». E quest’anno nel pieno del Covid. È quanto ha anticipato, durante la trasmissione Agorà su Rai Tre, il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo. «Nel 2019 – ha precisato – il dato era stato di 647.000 morti».
Diminuisce il peso delle generazioni più giovani e aumenta l’età media
L’invecchiamento demografico è sempre più marcato. Dal Censimento Istat emerge un’Italia in cui il peso demografico di tutte le classi di età sotto i 44 anni continua a diminuire rispetto al 2011. Al contrario aumentano molto le persone dai 45 anni in su che passano dal 48,2% del 2011 al 53,5% del 2019. La popolazione di 65 anni e più è passata dal 20,8% (12.384.972 persone) nel 2011 al 23,2% (13.859.090) nel 2019.
L’aumento è stato sensibile anche per le età più avanzate: gli ultrasettantacinquenni, passati dal 10,4% del 2011 (6.152.413) all’11,9% del 2019 (7.063.716), e i cosiddetti “grandi anziani”, gli ultra-85enni, che incrementano il loro peso relativo sul totale della popolazione residente (dal 2,8% al 3,7%). L’incremento maggiore si registra nelle classi 90-94 (+36,5%) e 95-99 anni (+30,2%) mentre diminuiscono gli ultracentenari (-1,9%) che nel 2019 sono pari a 14.804. A questa struttura per età sensibilmente più anziana del 2011 corrisponde un innalzamento di due anni dell’età media, che passa da 43 a 45 anni.
La Campania è la Regione più giovane, la Liguria la più anziana
La Campania, con 42 anni, è la Regione più giovane, seguita dal Trentino Alto-Adige (43 anni) e da Sicilia e Calabria (entrambe con 44 anni). Quattro sono le Regioni che si attestano sul valore medio nazionale (Puglia, Lazio, Lombardia e Veneto); nelle altre Regioni il dato varia dai 46 anni di Basilicata, Emilia-Romagna, Valle d’Aosta, Abruzzo e Marche, ai 49 anni della Liguria che si conferma come la Regione con l’età media più elevata.
Dal 1951 ad oggi: 5 anziani per ogni bambino
Il progressivo invecchiamento della popolazione italiana è ancora più evidente nel confronto con i censimenti passati. Il numero di anziani per bambino passa da meno di 1 nel 1951 a 5 nel 2019 (era 3,8 nel 2011) e l’indice di vecchiaia (dato dal rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e quella con meno di 15 anni) è notevolmente aumentato. Dal 33,5% del 1951 si è passati a quasi il 180% del 2019 (era del 148,7% nel 2001).
I tanti nati assicurano il livello di sostituzione della popolazione. La diversa struttura per età e genere della popolazione nel 1951 e nel 2019 emerge chiaramente se si sovrappongono le relative piramidi delle età. In occasione del primo censimento della Repubblica ad essere molto più numerosi rispetto a oggi erano i bambini da zero a 4 anni di età e i bambini e ragazzi dai 5 fino a oltre i 24 anni. Con questa struttura della popolazione il nostro Paese era in grado di assicurare i livelli di “sostituzione” della popolazione – ogni coppia poteva essere rimpiazzata dai propri figli – per effetto di una natalità ancora elevata.
Nel 2019 la piramide delle età mostra quanto siano più consistenti le classi di età adulte e anziane, già a partire dai 45-49 anni, soprattutto per la componente femminile.
Popolazione in diminuzione
Secondo lo studio, al 31 dicembre 2019 la popolazione censita in Italia ammonta a 59.641.488 residenti – circa 175mila persone in meno rispetto al 31 dicembre dell’anno precedente – ma è stabile in confronto al 2011.
Sempre sul 2011, i residenti diminuiscono nell’Italia meridionale e nelle Isole (-1,9% e -2,3%), e aumentano nell’Italia centrale e in tutto il Nord. Più del 50% dei residenti è concentrato in cinque Regioni, una per ogni ripartizione geografica: Lombardia (16,8%), Veneto (8,2%), Lazio (9,7%), Campania (9,6%) e Sicilia (8,2%).
La componente femminile e la partecipazione al lavoro
Le donne rappresentano il 51,3% della popolazione. Questo maggior peso è dovuto al progressivo invecchiamento della popolazione e alla maggiore speranza di vita delle donne. Infatti, ci sono 95 uomini ogni 100 donne.
Rispetto al lavoro, anche se di poco, aumenta la quota di donne occupate. Se nel 2011 la componente femminile rappresentava il 41,8% degli occupati (9.621.295), nel 2019 sale al 42,4%. Permane però lo squilibrio di genere, confermato anche dai livelli dei tassi di occupazione (37,4% contro 54,4% per gli uomini), disoccupazione (15,1% contro 11,6%) e inattività (56,0% contro 38,5%).
La presenza degli stranieri “ringiovanisce” soprattutto il Nord d’Italia
Il lievissimo incremento di popolazione residente in Italia rispetto al 2011 è da attribuire esclusivamente alla componente straniera. Nel periodo 2011-2019 la popolazione di cittadinanza italiana è diminuita di circa 800mila unità (-1,5%) mentre i cittadini stranieri sono aumentati di circa un milione (+25,1%).
A beneficiare della più giovane struttura per età degli stranieri è soprattutto il Nord Italia dove si registrano i più bassi valori dell’età media e degli indici di vecchiaia, nonché le percentuali più alte di bambini in età 0-4 anni (circa il 7%).
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