I dati, non incoraggianti, arrivano dal XX Rapporto sulle politiche della cronicità. Le Regioni non seguono adeguatamente i pazienti nei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali, spingendoli a rivolgersi sempre più spesso a strutture private
Lo stato di salute della popolazione in Italia è oggi molto diverso dal periodo precedente alla pandemia. Il Covid-19 ha interrotto controlli medici e screening periodici, e ha ulteriormente intensificato le disparità regionali in materia di servizi sanitari, già presenti nel 2019, e di presa in carico dei pazienti, soprattutto se affetti da patologie croniche o rare.
Secondo i dati Istat relativi al 2022, quattro italiani su dieci soffrono di un problema di salute cronico, e il 45,3% di questi sono over 65.
La prima malattia cronica per numero di pazienti è l’ipertensione, e ne soffre il 18,3% della popolazione (quasi 11 milioni di persone), in prevalenza donne e anziani. Al secondo posto c’è l’artrosi, con 8,8 milioni di persone, delle quali il 66,4% sono donne. Seguono poi le malattie allergiche, che toccano anche fasce più giovani per il 32,9%, e solo il 18,5% degli over 65. Sono considerate croniche anche l’osteoporosi, il diabete, la bronchite cronica, i disturbi nervosi, le cardiopatie e i problemi gastrici e duodenali.
Secondo i dati del XX Rapporto sulle politiche della cronicità, realizzato dal Coordinamento nazionale delle associazioni di malati cronici e rari insieme a Cittadinanzattiva, più di un cittadino su tre con patologia cronica ha atteso oltre dieci anni per arrivare a una diagnosi, e uno su quattro fra chi soffre di una malattia rara deve spostarsi dal proprio luogo di residenza per curarsi; e le liste d’attesa si sono ulteriormente allungate con la pandemia.
Il Rapporto si intitola Fermi al Piano, in riferimento al Piano nazionale della cronicità e alla sua mancata attuazione in molti territori, e nasce dalle interviste a 871 pazienti e 86 presidenti di associazioni di patologia cronica o rara.
Le regioni che prevedono una presa in carico del paziente – secondo il 56% degli intervistati – sono Lombardia e Veneto, Emilia Romagna per il 50%, Piemonte e Toscana per il 47%, Lazio per il 43%, Puglia per il 31%, Liguria per il 25%, Marche per il 22%, Campania per il 19%, Abruzzo, Sardegna, Sicilia e Umbria per il 9%, Basilicata, Calabria e Molise solo nel 3% dei casi.
La mancata attuazione del Piano si riflette soprattutto sull’assenza dei Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali, che dovrebbero definire l’iter di cure più adeguato sulla base delle esigenze del paziente.
Le criticità principali riscontrate dal 35,7% dei pazienti riguardano l’accesso ai farmaci e alle terapie, che non sono equamente garantite su tutto il territorio nazionale. In alcuni casi il problema è il budget regionale, in altri i criteri di accesso, gli iter autorizzativi o la carenza di alcuni medicinali.
Un altro elemento che si evidenzia dalle interviste è la ridotta aderenza terapeutica, ossia la difficoltà nel seguire le indicazioni terapeutiche del medico, che si manifesta soprattutto fra gli anziani ed è risultata in crescita durante la pandemia. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nei Paesi sviluppati, non più del 50% dei pazienti cronici rispetta le terapie assegnate, per dosaggio e tempi di assunzione, e il trattamento viene seguito alla lettera solo fra il 43 e il 78%. Per un presidente di associazione su due, i fattori che condizionano di più la mancanza di aderenza alle terapie sono la durata lunga e continuativa delle cure, le difficoltà a interagire con il medico, le complicazioni burocratiche, gli effetti collaterali, i costi delle terapie non coperte dal Servizio Sanitario Nazionale.
Per l’80% dei presidenti delle associazioni ci sono forti disuguaglianze fra regioni nella modalità di gestione delle prenotazioni e dei tempi di attesa; per il 78,6% manca la garanzia di un sostegno psicologico e del riconoscimento di invalidità, accompagnamento e handicap, mentre per il 73% siamo ancora indietro nella diffusione dei servizi di telemedicina, teleconsulto e monitoraggio online.
Tra i cittadini intervistati, oltre il 26% è in cura per una patologia cronica o rara diagnosticata da più di 20 anni, il 19% da 6 a 20 anni, il 18,5% da 3 a 5 anni. Più di un paziente su tre ha aspettato un decennio dalla comparsa dei primi sintomi per arrivare a una diagnosi, e quasi uno su cinque ha atteso da 2 a 10 anni. I motivi del ritardo sono indicati come la scarsa conoscenza della parte del medico di famiglia o del pediatra, la sottovalutazione dei sintomi, la mancanza di personale specializzato sul territorio e i tempi delle liste d’attesa.
La necessità di fare esami e visite nei giusti tempi spinge i cittadini a rivolgersi ai servizi a pagamento: si spende di tasca propria per la prevenzione, per l’adattamento dell’abitazione alle esigenze di cura, per l’acquisto di farmaci necessari e non rimborsati, per protesi e ausili non riconosciuti, per la retta di strutture residenziali e semiresidenziali.
Fra i malati rari, più del 60% non riceve cure standardizzate sul territorio, si rivolge a strutture private o è costretto a spostarsi in un’altra regione (Lombardia in testa, seguita da Lazio, Liguria e Toscana).
Il quadro che emerge dal Rapporto mostra un’inadeguatezza nella gestione dei servizi e dei bisogni di salute dei cittadini, che può essere colmata implementando le cure di prossimità e rafforzando il personale sanitario, puntando a eliminare le disuguaglianze e le distanze socioeconomiche fra un territorio e l’altro.
Le Malattie rare…
Viene considerata rara ogni malattia che colpisce non più di 5 persone su 10mila. Si tratta di forme croniche, spesso degenerative, disabilitanti e condizionanti, per l’80% di origine genetica. In Europa si stima che le persone affette da queste patologie siano 20-30 milioni, delle quali due milioni solo in Italia, molti in età pediatrica. Per la maggior parte di queste malattie non si dispone di una cura efficace, e si arriva tardivamente alla diagnosi.
… e croniche
Si tratta di patologie che presentano sintomi che non si risolvono nel tempo né migliorano, caratterizzate da un lento e progressivo declino delle normali funzioni fisiologiche. Alla base possono esserci fattori di rischio comuni come un’alimentazione poco sana, tabagismo, abuso di alcol, mancanza di attività fisica. Queste cause possono generare i cosiddetti fattori di rischio intermedi, come ipertensione, glicemia elevata, eccesso di colesterolo e obesità. Ci sono poi i fattori di rischio non modificabili, come l’età e la predisposizione genetica.
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