I medici italiani sono i più anziani d’Europa: il 55,2% è un over 55 (dati 2021), a fronte del 44,5% della Francia, del 44,1% della Germania, del 32,7% della Spagna.
Gli specialisti in attività nel sistema sanitario sia pubblico che privato in Italia hanno un’età media di 53,7 anni. La percentuale degli over 54 supera la metà del totale tra i cardiologi, i ginecologi, gli internisti, gli psichiatri e i chirurghi. A dirlo sono i dati Istat presentati in Commissione Cultura al Senato in occasione di un’audizione sui Ddl per la riforma dell’accesso ai corsi di laurea in Medicina.
Altre specializzazioni con una maggiore presenza di medici più giovani registrano comunque un innalzamento crescente dell’età media: negli ultimi dieci anni la quota di over 54 fra i medici di medicina d’urgenza è passata dal 26% al 41,8%, quella degli oncologi dal 23,7% al 32,8%, dei geriatri dal 32,8% al 45,2%.
Più medici over 55, più pensionamenti nel breve periodo
L’età media alta è un fattore che incide anche sulla carenza di medici: a causa della cosiddetta “gobba pensionistica”, entro il 2025 si stima che circa 40 mila professionisti andranno in pensione creando uno squilibrio nel turn over.
Già oggi l’Italia è al quattordicesimo posto in Europa per numero di medici ogni 100 mila abitanti con 410,4, contro i 540,9 dell’Austria, i 453 della Germania e i 448,7 della Spagna. La carenza è meno evidente fra gli specialisti, 328,3 ogni 100 mila abitanti, contro i 300,7 dell’Austria, i 277,6 della Spagna e i 180 della Francia.
Il numero di medici di medicina generale, invece, si è ridotto negli ultimi dieci anni di oltre 5.000 unità. Si è passati progressivamente dai 76 medici di base nel 2012 ai 68 nel 2021, e di conseguenza nel decennio è aumentato il carico di assistenza su ciascun medico in servizio, che in media si ritrova a gestire 1.500 pazienti rispetto ai 1.156 di tredici anni fa. Se la carenza di medici accomuna tutta l’Italia, la zona geograficamente più svantaggiata è il Nord, con una diminuzione più marcata rispetto al Mezzogiorno.
Gli abbandoni volontari
Un medico su tre abbandona volontariamente il Servizio Sanitario Nazionale: se nel 2012 le cessazioni del servizio sono state 6.731, nel 2021 sono state 10.596. Tra i motivi della cessazione, il 20,9% è dovuto a collocamento a riposo per raggiunti limiti di età, il 31,5% a dimissioni con diritto alla pensione, il 17,1% al passaggio ad altre amministrazioni pubbliche, vincita di concorsi o risoluzione del rapporto di lavoro; il restante 30,5% a dimissioni volontarie dovute alla scelta di passare al privato o trasferirsi all’estero.
Uniformare l’organizzazione dei servizi
Secondo il sindacato nazionale Fp Cgil Medici e Dirigenti sono diverse le cause che hanno impedito in questi anni il ricambio generazionale, prime fra tutte il numero chiuso per l’accesso alla facoltà di Medicina e Chirurgia e i posti esigui nelle scuole di specializzazione che creano un “imbuto formativo”. Per invertire la rotta sarebbe quindi necessario migliorare il sistema di formazione, oltre che uniformare l’organizzazione dei servizi a partire dall’assistenza territoriale.
Alzare l’età pensionabile?
Per sopperire alla carenza di medici sono allo studio diverse possibili strategie, e fra queste è arrivata in Parlamento la possibilità di alzare l’età pensionabile a 72 anni. Un emendamento al Decreto Milleproroghe prevede di poter restare in servizio su base volontaria fino a 72 anni con un ruolo formativo e di tutoraggio nei confronti dei colleghi più giovani, ma rinunciando a incarichi dirigenziali. Si attende ora la revisione del Governo e l’eventuale approvazione nei prossimi giorni dalle Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio della Camera.
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