Secondo l’Istat nel 2024 si è registrato un nuovo picco di emigrazione: quasi 191.000 italiani hanno lasciato il Belpaese, spinti da ricerca di indipendenza, lavoro e qualità della vita. In calo i rimpatri, cresce il saldo migratorio straniero.
Un esodo senza precedenti
L’Italia continua a perdere cittadini. Sempre più persone decidono emigrare all’estero in cerca di un lavoro soddisfacente, un welfare più solido e la possibilità di costruire la propria indipendenza senza dover contare – come spesso accade – sul patrimonio familiare delle generazioni precedenti. A questo si aggiunge la ricerca di una migliore qualità della vita, spesso trovata in paesi con sistemi più dinamici e inclusivi.
Secondo i dati Istat più recenti, le emigrazioni per l’estero nel 2024 hanno subito un incremento del 20,5%, passando da 158.000 del 2023 a quasi 191.000. Un aumento dovuto interamente all’impennata di espatri di cittadini italiani: 156.000 persone hanno lasciato il paese (+36,5% in un solo anno). Le mete principali sono Germania (12,8%), Spagna (12,1%) e Regno Unito (11,9%).
Il dato rappresenta il valore più elevato mai registrato negli anni Duemila, superando anche i picchi della Grande Recessione.
Spagna, una nuova “terra promessa”
Tra le destinazioni più ambite dagli italiani spicca la Spagna, che ha visto quadruplicare il numero di nuovi arrivi rispetto al 2015. Oltre alla lingua accessibile e al clima favorevole, il paese iberico offre oggi migliori prospettive lavorative, un ambiente più meritocratico e una percezione di maggiore apertura sociale.
Elementi che rendono sempre più attrattiva l’idea di una nuova vita in città come Barcellona, Valencia o Madrid.
Emigrazione non più legata alla disoccupazione
Se un tempo la fuga all’estero era strettamente connessa alla mancanza di lavoro, oggi le cose sono cambiate. Molti emigranti provengono da regioni con tassi occupazionali elevati: nel 2023, ad esempio, il Veneto ha perso quasi un residente ogni duecento, più del doppio rispetto alla Campania. Questo evidenzia che a spingere verso l’estero non è tanto la disoccupazione, quanto la ricerca di un contesto più dinamico, moderno e soddisfacente.
Sempre meno italiani decidono di tornare
Nel 2024 le immigrazioni dall’estero in Italia si sono attestate a 435.000 unità, in lieve calo rispetto al 2023 (-1,2%), ma su livelli superiori rispetto al decennio 2012-2021, durante il quale non si era mai superata la soglia dei 400.000 ingressi. Questa flessione è principalmente dovuta alla riduzione dei rimpatri dei cittadini italiani, che sono scesi del 14,3%. I rimpatri provengono soprattutto dalla Germania (15,4%) e dal Regno Unito (11,5%).
Al contrario, le immigrazioni degli stranieri mostrano una lieve crescita (+1,0%). I principali paesi d’origine sono Bangladesh (7,8%), Albania (7,1%) e Ucraina (6,5%), quest’ultima legata agli arrivi per motivi umanitari legati al conflitto ancora in corso.
Il saldo migratorio: aumentano gli stranieri, calano gli italiani
Il saldo migratorio complessivo con l’estero nel 2024 è pari a +244.000 unità, frutto di due dinamiche contrapposte.
Da un lato, l’immigrazione straniera ha registrato un incremento netto (+347.000), con un numero esiguo di partenze. Dall’altro, gli italiani che lasciano il paese (156.000) superano di gran lunga coloro che vi fanno ritorno (53.000), con una perdita netta di 103.000 cittadini italiani.
Il tasso migratorio netto con l’estero è pari al 4,1 per mille abitanti. Le aree più colpite sono il Nord (4,7%) e il Centro (4,5%), mentre nel Mezzogiorno il dato si ferma al 3,1%.
In controtendenza rispetto alla mobilità interna – che penalizza il Sud – l’emigrazione verso l’estero è più accentuata proprio nel Settentrione, dove il tasso di emigrazione è pari al 3,7% contro una media nazionale del 3,2%. Nel Sud, il tasso è più contenuto (2,9%).
Conseguenze economiche e demografiche dell’emigrazione
Il fenomeno migratorio ha effetti importanti sulla struttura demografica ed economica del paese. Secondo la Banca d’Italia, se non si incrementerà significativamente l’occupazione di giovani e donne, il PIL potrebbe ridursi del 9% entro il 2050. L’invecchiamento della popolazione e la riduzione della forza lavoro sono le principali minacce alla sostenibilità economica italiana.
Attualmente, gli stranieri rappresentano il 10,5% dell’occupazione totale, con punte del 16,9% nelle costruzioni e del 20% in agricoltura. Anche se l’immigrazione può tamponare in parte il declino demografico, l’Italia resta poco attrattiva per i talenti stranieri ad alta qualificazione.
Trattenere e attrarre talenti
Per invertire la rotta, servono politiche lungimiranti che incentivino i giovani italiani a restare e attraggano nuovi lavoratori qualificati dall’estero. È necessario investire in innovazione, istruzione, ricerca e qualità della vita lavorativa, oltre a semplificare la burocrazia e offrire incentivi al rientro. In questa maniera, forse, sarà possibile fermare l’emorragia di capitale umano e rilanciare la competitività del nostro paese.
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