Se avete superato i 60 anni e mostrate qualche incertezza nell’uso del telefonino o di altri dispositivi digitali, potete scommetterci: qualcuno più giovane di voi vi farà sentire di un’altra epoca dandovi una rapida, e non richiesta, dimostrazione di quel che possono fare le tecnologie quando c’è chi, per ragioni anagrafiche, sa maneggiarle con disinvoltura.
È una delle più frequenti, ma anche più innocue, forme di discriminazione di cui i senior sono vittime. L’ageismo (dall’inglese ageism) può fare di peggio: gli stereotipi sull’invecchiamento possono diventare difficili da sopportare.
L’ageismo, un nemico della salute fisica e mentale
Secondo una recente indagine condotta negli Stai Uniti più dell’80% della popolazione over 50 ha dichiarato di sperimentare almeno una forma di “ageismo” al giorno. Come ci si gira ci si imbatte in qualche luogo comune legato all’età. Con estrema leggerezza, tanto per fare un esempio, si attribuiscono all’invecchiamento piccole sviste o banalissime dimenticanze, del tutto umane e naturali. Il dato anagrafico sembra legittimare atteggiamenti irrispettosi che alla lunga possono compromettere la salute fisica e mentale di chi li subisce.
Invecchiare non è poi così male
Eppure la maggior parte degli intervistati (l’88%) ha dichiarato di vivere bene gli anni che passano, meglio di quanto immaginassero. Insomma, i senior soffrono per gli stereotipi soprattutto perché non ci si riconoscono. È uno dei dati più interessanti emersi dall’indagine National Poll on Healthy Aging condotta dall’Università del Michigan su più di 2mila adulti tra i 50 e gli 80 anni. I due terzi delle persone coinvolte nello studio sostengono che la vita oltre i 50 anni è migliore del previsto.
Le tre forme di discriminazione
L’indagine ha riguardato le tre forme più diffuse di ageismo: i commenti stereotipati, il sentirsi esclusi dalle relazioni interpersonali, le convinzioni personali. Il 65% degli intervistati ha dichiarato di essere stato vittima o testimone di battute sui problemi attribuiti alla terza età: memoria, udito, movimenti rallentati, etc. Luoghi comuni che dipingono la vecchiaia come qualcosa di sgradevole e indesiderabile.
Quasi la metà del campione (il 45%) ha sperimentato forme di discriminazione nelle relazioni interpersonali. In molti hanno dichiarato di sentirsi esclusi per colpa dell’età. Una delle sensazioni più frequenti è quella di non essere considerati in grado di svolgere alcuni compiti solamente perché troppo in là con gli anni. Il 29% dei partecipanti ha poi ammesso di “auto discriminarsi”, convincendosi che alcune condizioni come la depressione o la tristezza, per esempio, siano manifestazioni normali dell’invecchiamento.
Gli effetti dell’ageismo sulla salute
Le persone che hanno dichiarato di aver sperimentato tre o più forme di ageismo nella loro vita quotidiana avevano una salute fisica e mentale peggiore rispetto a quelle che hanno riportato un minor numero di discriminazioni subite. Gli anziani più esposti agli stereotipi avevano maggiori probabilità di sviluppare una patologia cronica come il diabete o malattie cardiache rispetto a quelli che riportavano meno episodi discriminatori (71% vs 60%). I luoghi comuni incidono anche sulla salute mentale: le persone che dichiaravano di essere state vittime più frequentemente di discriminazioni sono più esposte al rischio di soffrire di depressione (49% contro 22%).
La correzione necessaria: valorizzare gli aspetti positivi
«Sottolineando i benefici dell’invecchiamento e i numerosi contributi degli anziani nelle famiglie e nelle comunità può promuovere giudizi più positivi sull’invecchiamento e aiutare a proteggere gli anziani dalle conseguenze negative dell’agesimo», scrivono in conclusione gli autori dell’indagine.
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