Quali sono i vantaggi di invecchiare in Italia? E quali le debolezze? A fornirci il quadro della situazione con un occhio al futuro è il Rapporto Invecchiare in Europa: dal Nord Al Sud, realizzato dall’European Liberal Forum (ELF) di cui fanno parte 47 organizzazioni europee. Lo studio, in particolare, analizza tre Paesi dell’Ue: Finlandia, Austria e Italia. Ed è sul nostro Paese, il più longevo d’Europa, che ci concentreremo.
I punti di forza: pensioni, reddito, relazioni famigliari e cucina
In generale, dal punto di vista del reddito, vivere in Italia da pensionati non è niente male. La pensione è garantita e, inoltre, i pensionati possono contare sul proprio risparmio. Tanto che, grazie alla pensione e ai risparmi fatti nell’arco di una vita, i senior italiani rappresentano un sostegno molto importante per figli e nipoti. Specie in questo periodo di profonda crisi economica e lavorativa causata dalla pandemia. A loro volta i senior italiani possono contare sul supporto dei propri figli dal punto di vista affettivo con rapporti famigliari consolidati e frequenti.
In Italia, tra le caratteristiche più rilevanti relative all’invecchiamento spicca proprio lo stretto legame delle persone anziane a figli e nipoti. Un legame con visite mensili oltre che ai contatti telefonici. Insomma, l’importanza di mantenere relazioni in famiglia, o sociali in generale, è qualcosa di ben radicato nella nostra cultura.
C’è poi anche il fattore alimentazione. La buona cucina è fondamentale per invecchiare bene, specie se ricca di antiossidanti, come quella nostrana. Al riguardo, secondo il Global Health Index 2020 di Bloomberg l’Italia, con il punteggio di 91,59, è al 2° posto tra le Nazioni più “sane” del mondo dopo la Spagna.
Ma nello studio, del prestigioso colosso internazionale dell’informazione, venivano considerati anche i fattori ambientali e gli stili di vita in generale. Nell’alimentazione, in particolare, risalta l’abitudine a consumare verdure e olio extravergine di oliva. Una dieta, quindi, ricca di grassi buoni che favoriscono un colesterolo migliore e riducono malattie croniche come quelle cardiache, ictus, diabete di tipo2 e demenza.
Tra gli stili di vita considerati c’è anche quello di camminare, stare all’aria aperta, bere un bicchiere di vino con gli amici. Insomma, vivere l’età che avanza in maniera positiva. Un atteggiamento che, purtroppo, si inverte a causa dello shock emotivo dovuto alla vedovanza. Ed è qui che avere una vita ricca di relazioni e hobby diventa fondamentale.
I punti deboli: le RSA, la tenuta delle pensioni, il divario digitale, la denatalità
Sarà forse per questioni organizzative, sta di fatto però che, nella maggior parte dei casi, chi per qualsiasi motivo vive nelle residenze per anziani rischia di sentirsi solo e depresso. Nel Nord Europa, dove c’è una grande e duratura esperienza con le case di riposo, gli ospiti conducono una vita più attiva. Infatti, possono svolgere diverse attività: ballare con i loro coetanei, coltivare hobby e relazioni sociali. Un modello che potrebbe servire da esempio, com’è scritto nel Rapporto.
Poi ci sono le disuguaglianze sociali tra gli anziani. Queste hanno un forte peso sulle condizioni di salute e sull’equo accesso alle cure. Le azioni necessarie indicate sono: aumentare gli sforzi per il miglioramento dello stile di vita quotidiano e un’efficace distribuzione delle risorse per ridurre le disparità.
Altro grande problema è l’accesso a Internet e l’alfabetizzazione digitale specie nelle zone rurali. Il progresso tecnologico potrebbe causare un divario tra coloro che sono “istruiti” all’uso delle tecnologie e coloro che non lo sono, soprattutto anziani. Questo significherebbe un grande fattore di esclusione sociale.
Eppure, l’alfabetizzazione digitale può incrementare del 50% la possibilità per gli anziani di svolgere attività quotidiane, riducendo di conseguenza i sintomi della depressione. Insomma, il digitale rappresenta una importante “leva di inclusione sociale”. Detto questo, nonostante i crescenti sforzi compiuti per un’educazione alle tecnologie inclusiva degli anziani, i dati mostrano come in Italia solo il 34% (rispetto al 52% della media Ue) delle persone di età superiore ai 65 anni utilizza Internet.
Infine, andrebbe fatta un’analisi sull’invecchiamento dei giovani e degli adulti di oggi, soprattutto alla luce della tenuta del sistema previdenziale e pensionistico. In Italia il tasso di disoccupazione giovanile è al 28,9% nella fascia 15/24 anni e al 14,7% in quella 25/34 anni, con in più il 26,1% che non studia e non lavora. Visto così, il futuro degli anziani di domani è molto preoccupante. Senza contare gli effetti della pandemia sulla perdita dei posti di lavoro.
Con queste statistiche, a meno che non avvenga presto un’inversione di tendenza, è difficile immaginare un sistema pensionistico efficiente, in grado di salvaguardare gli anziani di domani.
Infine, sul progressivo invecchiamento della popolazione pesano le nascite in cronico declino. E la denatalità rischia di acuirsi, anche qui a causa delle ripercussioni della pandemia.
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